
FEDERICO MUSSUTO
Alle 7:35 del 21 aprile del 2025 si è spento Jorge Mario Bergoglio, il primo Papa gesuita, il primo arcivescovo gesuita di Buenos Aires, il primo sudamericano arrivato al soglio di San Pietro.
Gli ultimi tre Papi si sono contraddistinti nel lasciare la loro carica spirituale ed elevarsi al cielo, in prossimità o nel culmine delle festività cristiane. Come accaduto il 2 aprile 2005, a distanza di una settimana dalla Settimana Santa, con San Giovanni Paolo II, il 31 dicembre 2022 con la dipartita di Papa Benedetto XVI e oggi nel “dies natalis” di Roma, per di più nel Lunedì dell’Angelo, nell’anno giubilare.
Proprio Papa Francesco, a partire dall’omelia del 29 novembre 2019, ritiene che Dio parli attraverso i segni. Questi segni possono essere eventi, esperienze o momenti che manifestano la presenza e l’amore di Dio nella vita delle persone. Secondo il Papa, cercare e riconoscere questi segni può rafforzare la fede e aiutare a comprendere meglio la volontà di Dio.
Non è la prima volta in cui un Papa lascia vacante la sede di Pietro nell’anno giubilare, un noto precedente si ha con il papa lucano, uno degli ultimi meridionali, Papa Innocenzo XII, che morì nel settembre del 1700.
Il pontificato di Papa Francesco si è contraddistinto in questi dodici anni per aver fatto emergere tutte le spaccature presenti nel mondo della Chiesa, vedendo un’ala conservatrice in crisi e un’ascesa di quella progressista, proprio a partire dalla sua nomina. Quando il 13 marzo 2013 si affacciò dalla balconata di Piazza San Pietro, annunciò per la prima volta l’inizio di un nuovo pontificato con il nome di Francesco, un nome nuovo e mai usato prima, dal tempo di Papa Lando, nel 913.
Anche se si autodefinì “venuto dalla fine del mondo”, le sue origini italiane hanno accompagnato dal principio la vicinanza tra l’Argentina e l’Italia, e tutte quelle persone costrette a migrare per trovare fortuna, un tema caro al Pontefice. Proprio nel novembre del 2022, quando andò per la prima volta ad Asti per i 90 anni del compleanno della cugina, il Papa citò a più riprese la Profezia di Gioele, tante volte evocata come “la profezia dei nostri tempi”: “I vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni e profetizzeranno”. In fondo, e lo vediamo anche in questo drammatico cambio d’epoca, il progresso di una società si può “pesare” dal modo in cui esso si prende cura dei suoi giovani e dei suoi anziani. La visita alla cugina e alla sua terra d’origine ha un significato universale, perché ci parla di dialogo tra generazioni, di nonni e di nipoti. Proprio la nonna aveva trasmesso al Santo Padre le prime preghiere e culti cristiani in dialetto, avvicinando il giovane Jorge Mario Bergoglio verso il cammino ecclesiastico.
Alla festa di San Matteo Apostolo, Papa Francesco ha scoperto la sua vocazione al sacerdozio dopo una confessione quando aveva 16 anni. È successo il 21 settembre 1953. Era il giorno dello studente in Argentina, che coincide con l’inizio della primavera nell’emisfero sud e viene celebrato con una grande festa.
“Prima di andare alla festa, sono passato dalla parrocchia che frequentavo e ho trovato un sacerdote che non conoscevo e ho sentito il bisogno di confessarmi. Questa è stata per me un’esperienza di incontro: ho trovato qualcuno che mi aspettava. Non so cosa sia successo, non lo ricordo, non so perché quel sacerdote fosse lì, perché avessi sentito quel desiderio di confessarmi, ma la verità è che Qualcuno mi aspettava. Mi aspettava da tempo. Dopo la confessione ho sentito che qualcosa era cambiato”, ha condiviso il Santo Padre.
Sin dai primi anni del suo pontificato, Papa Francesco è stato oggetto di dure critiche riguardo il suo passato, favorendo molteplici letture del suo vissuto ed operato.
È stato criticato per non essersi opposto apertamente alla dittatura militare argentina tra il 1976 e il 1983 ed è stato accusato di complicità nel rapimento di due sacerdoti gesuiti, secondo un’inchiesta del 2006. L’inchiesta condotta dal giornalista argentino Horacio Verbitsky si basa sulle dichiarazioni di uno dei due gesuiti rapiti, rese poco prima della sua morte, avvenuta per cause naturali nel 2000. Secondo altre fonti, però, Bergoglio è stato invece fondamentale per la liberazione dei due religiosi. E in generale, secondo i suoi difensori, durante il governo dei militari, Bergoglio avrebbe aiutato molti dissidenti a fuggire. Nell’anno santo del 2000 fece “indossare” all’intera Chiesa argentina le vesti della pubblica penitenza, per le colpe commesse negli anni della dittatura.
Nel 2001 ha voluto visitare un ospedale di malati di Aids per potergli parlare e – nella celebrazione del Venerdì Santo – com’è tradizione, lavargli e baciargli i piedi.
Ha criticato il riconoscimento dei matrimoni gay in Argentina, definendoli “un attacco distruttivo ai piani di Dio”.
Durante il conclave del 2005 aveva rischiato di essere eletto, grazie anche al supporto del Cardinal Martini. Pare però che si mostrò così atterrito dall’idea del peso che gli sarebbe caduto addosso da convincere i più a lasciar perdere.
Nel 2012, durate un discorso è stato molto duro con una parte del clero ritenuto ipocrita per aver dimenticato che Gesù battezzava i lebbrosi e mangiava con le prostitute. Proprio a seguito di queste sue forti e sentite dichiarazioni, venne punzecchiato 8 anni dopo, durante la pandemia, per la chiusura dei luoghi di culto, che sarebbero potuti essere centri di ristoro per l’anima, in un momento di disperazione e di chiusura sociale, offrendo l’opportunità di cogliere il vero senso di fede nel momento dello smarrimento dell’umanità.
Questa duplice lettura del suo pontificato è altamente tangibile a partire da ciò che è emerso dall’intervista alla televisione italiana nel gennaio 2024, quando ha affermato che in oltre 50 anni di sacerdozio ha negato il perdono solo una volta, “per l’ipocrisia della persona”.
Durante il suo papato, Bergoglio ha compiuto in totale 47 viaggi apostolici in 66 diverse nazioni e 40 visite pastorali in 49 differenti città d’Italia, divenendo il primo Papa a visitare gli Emirati Arabi Uniti.
Questi viaggi e i dialoghi interreligiosi intrapresi erano basati su dei capisaldi come l’ambiente, il rispetto per gli umili e i poveri e la condanna per i conflitti.
A Gerusalemme, il 26 maggio del 2014, in uno dei suoi primi viaggi internazionali, voluto dall’allora neo papa eloquentemente in Terra Santa, dopo essersi raccolto in preghiera davanti al Muro del pianto, Francesco cinge in un abbraccio fraterno carico di significati, il rabbino Abraham Skorka e il dottor Omar Abboud, ex segretario del Centro islamico di Argentina. L’obiettivo per Francesco di avvicinarsi sempre di più nel dialogo alle altre religioni del “Libro”, è stato infatti tutto teso a liberare le fedi abramitiche da ogni dissacrazione e distorsione nel nome della violenza, del fanatismo, della minaccia fondamentalista. “Una delle più grandi bestemmie – ha ammonito ad esempio nel corso della conferenza “Tackling violence committed in the name of religion”, il 2 febbraio 2018 – è usare Dio per giustificare la violenza”.
Sul versante dell’Islam, il Papa ha impresso un’accelerazione e posto una pietra miliare nel dialogo con il documento sulla Fratellanza umana firmato dallo stesso Francesco e dal Gran Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb, il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi, documento firmato “in nome di Dio che ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro, per popolare la terra e diffondere in essa i valori del bene, della carità e della pace”. Un testo che Francesco ha offerto anche al mondo sciita, in particolare al leader Al-Sistani a Najaf nel 2021.
L’8 marzo 2021, a bordo dell’aereo papale di ritorno da Baghdad, lo stesso Francesco spiegava: il dialogo con le religioni è nel solco della “fratellanza umana”.
Prima di tutti i leader mondiali e di diversi analisti politici e militari, Papa Francesco ha perfettamente delineato lo scenario del mondo contemporaneo, parlando di “Guerra mondiale a pezzi”. Questa espressione venne coniata nell’agosto del 2014, quando il mondo ancora non aveva la lucidità di accorgersi di quanto si sarebbe verificato a distanza di una decade, tra pandemia e aumento considerevole dei conflitti armati. Il Vaticano sotto Francesco ha avuto un ruolo attivo nei negoziati, come per esempio tra Cuba e gli Stati Uniti. Un cambiamento al vertice potrebbe influenzare la politica estera della Santa Sede: un nuovo Papa meno impegnato diplomaticamente o più schierato potrebbe cambiare l’equilibrio delle alleanze “morbide” tra Stati, influenzando indirettamente la sicurezza internazionale.
Poche settimane dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina, a maggio 2022, ancora nel primo anno di guerra, Francesco definisce il patriarca ortodosso Kirill “chierichetto di Putin”.Sempre in quei giorni, però, il Papa parla anche della Nato che “abbaia alle porte della Russia”, ricostruendo in una frase l’agire della NATO dalla caduta dell’URSS, con l’ingresso di Paesi Baltici, Romania, Polonia e in ultimo Finlandia e Svezia.
A ottobre 2024, però, il Papa ha ricevuto per la terza volta in Vaticano Zelensky, mentre con Putin non ci sono state interlocuzioni dirette. Quelle diplomatiche con la Russia, affidate al cardinale Matteo Maria Zuppi presidente della Cei, non hanno portato a molto.
L’azione geopolitica del Papa è segnata da una certa imprevedibilità e forse dall’assenza di una strategia. Anche se in un libro recente per Marsilio, “L’Atlante di Francesco”, il gesuita Antonio Spadaro ha suggerito un quadro più coerente di quello che di solito viene percepito. Secondo Spadaro, “per Francesco il compito della Chiesa non è quello di adattarsi alle dinamiche del mondo, della politica, della società, per puntellarle e farle sopravvivere alla meno peggio, questo è da lui giudicato mondanità”.
La Chiesa è comunque una potenza mondiale, chiunque la diriga. È una potenza mondiale perché ha un’esperienza accumulata che è incomparabile con qualunque altro tipo di istituzioni, di organizzazione.
La Chiesa di Bergoglio è sicuramente meno potente di quella di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI per due ragioni, prima perché i tempi sono cambiati e poi perché il Papa è cambiato.
L’idea che tra l’altro Benedetto XVI ha anche spiegato molto in dettaglio è che la Chiesa deve essere controversa, deve scandalizzare, mentre a Bergoglio da quello che ho capito piace piacere, molte prese di posizione sono che vanno col tempo, mentre la Chiesa deve andare contro il tempo.
Nel 2018, Papa Francesco ha cercato di cucire un rapporto con Pechino, favorendo l’accordo con cui la Cina riconosce l’ultima parola del Papa sulla nomina dei vescovi, scelti in passato dal Partito Comunista Cinese. Il 23 gennaio 2025, con una solenne cerimonia a cui hanno partecipato circa 500 persone, è avvenuto l’insediamento del nuovo vescovo di Fuzhou, Giuseppe Cai Bingrui, consacrato nel 2010 e da allora vescovo di Xiamen.
Nomi e confini delle circoscrizioni ecclesiastiche cinesi sono stati tutti definiti da Pio XII nella costituzione apostolica “Quotidie Nos” del 1946 e, tra le questioni più rilevanti per il dialogo tra la Santa Sede e Pechino, vi è senz’altro proprio quella dei nomi e dei confini delle diocesi, in passato e ancora oggi motivo di contrasti. È infatti evidente che, dal 1946, la Cina è molto cambiata economicamente, socialmente, amministrativamente: le diocesi di allora, in molti casi, corrispondono oggi a città meno importanti oppure a quartieri o parti di quelle che sono diventate grandi metropoli. Da tempo, dunque, da parte cinese si chiede di creare nuovi vescovi in nuove diocesi al posto delle vecchie. In linea di principio, la Santa Sede non è contraria a cambiare nomi e confini delle diocesi, come avviene ovunque nel mondo, in spirito di collaborazione con le autorità civili.
Papa Francesco, al termine del viaggio apostolico nel Sud-Est asiatico a settembre 2024, ha descritto la Cina come “una promessa e una speranza per la Chiesa”, affermando che l’atteggiamento del governo cinese lascia ben sperare.
Uno degli aspetti più inquietanti di questo accordo è il riconoscimento di fatto dell’Associazione Patriottica dei Cattolici Cinesi. Questo organismo, creato e controllato dal Partito Comunista, è diventato un veicolo per la propaganda del regime all’interno della Chiesa stessa, e fin oltre i confini cinesi. È preoccupante sapere che i vescovi cinesi partecipanti al Sinodo sulla sinodalità, in corso in Vaticano, sono membri di questa associazione.
Nell’ultimo biennio, il Santo Padre è stato impegnato nel dialogo per la pace in Terra Santa, subendo svariate critiche da parte del mondo ebraico, a partire dal rabbino Di Segni che il 17 gennaio ha affermato:”La condanna della guerra quando è monolaterale e monotematica è sospetta. Un Pontefice non può dividere il mondo in figli e figliastri. E dunque deve denunciare le sofferenze di tutti”. Nonostante Papa Francesco il 3 febbraio 2024 si espresse nella lettera ai fratelli e alle sorelle ebrei in Israele dicendo che “l’odio verso ebrei e ebraismo, è peccato contro Dio”.
Ma la guerra più intensa Papa Francesco l’ha dovuta affrontare proprio all’interno della Chiesa con figure come quella di George Pell, cardinale australiano morto nel gennaio 2023; il cardinale americano Raymond Burke, di lui si cita una frase perentoria, enunciata nel novembre del 2023, prima del sinodo voluto dal Papa che “rischia di far perdere l’identità della Chiesa”. E in fine Monsignor Viganò che, nell’agosto 2018, ha pubblicato una lettera in cui chiedeva le dimissioni di papa Francesco, accusandolo di aver coperto il cardinale Theodore McCarrick, colpevole di aver abusato sessualmente di alcuni seminaristi.
La medesima accusa è stata mossa contro Viganò stesso, sulla base di un rapporto pubblicato dalla Segreteria di Stato della Santa Sede nel 2020. Ha inoltre fondato l’associazione Exsurge Domine per fornire sostegno al clero, ai laici e ai religiosi sanzionati dalla gerarchia cattolica a causa delle loro posizioni tradizionaliste; ha poi fondato a Viterbo il Collegium Traditionis, un seminario cattolico tradizionalista avente lo scopo di formare seminaristi non disposti ad accettare «gli errori del Concilio Vaticano II o le deviazioni di Bergoglio».
Il rigetto dell’autorità del Papa e del Concilio Vaticano II ha portato alla scomunica latae sententiae di Viganò, formalmente proclamata dal Dicastero per la dottrina della fede nel luglio 2024.
Papa Francesco “non potrà più nuocere” ma “rimangono i suoi eredi”. Monsignor Carlo Maria Viganò, l’arcivescovo condannato per scisma dal Vaticano per i suoi attacchi a Jorge Mario Bergoglio definito un “non-Papa” e un “anti-Papa”, continua la sua guerra anche dopo la morte del Pontefice argentino. In un post pubblicato su X, il prelato ribelle e conservatore – che continua a celebrare messa e a ordinare sacerdoti nel suo eremo di Viterbo nonostante sia stato messo fuori dalla Chiesa – ha ricordato le parole di Francesco riportate da Eugenio Scalfari in un lungo colloquio pubblicato nel 2018: “Le anime peccatrici non vengono punite: quelle che si pentono ottengono il perdono di Dio e vanno tra le fila delle anime che lo contemplano, ma quelle che non si pentono e non possono quindi essere perdonate scompaiono. Non esiste un inferno, esiste la scomparsa delle anime peccatrici”, sono le frasi attribuite al Papa.
Nonostante la durezza dei tempi, in diverse occasioni, Papa Francesco ha lodato il buon senso dell’umorismo e ha sottolineato che la tristezza non è un atteggiamento cristiano.
Ha persino affermato che il “sigillo del cristiano” è la gioia e non la faccia “di peperone inacidito”.
Per questo, ogni giorno recita una preghiera di San Tommaso Moro per mantenere il senso dell’umorismo, una preghiera a cui ha fatto riferimento in numerose apparizioni pubbliche.
“Dammi, Signore, il senso dell’umorismo. Concedimi la grazia di comprendere le battute, affinché possa conoscere un po’ di gioia nella vita e possa comunicarla agli altri”, recita il Santo Padre ogni giorno.
Un Papa che è stato a passo con i tempi, parlando anche della quast della salute mentale nel libro-intervista “Politica e società” del francese Dominique Wolton, raccontando che, quando era provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina, è andato per sei mesi in terapia con una psicologa ebrea. “È stata molto brava, molto professionale”, ha espresso il Santo Padre.
Nel 2023, durante la Giornata Mondiale della Gioventù, Papa Francesco ha parlato di solitudine ai giovani, una condizione che accompagna tanti in questa società e con diverse sfumature, sottolineando come Gesù Cristo voglia colmare questa solitudine.
“Gesù vuole colmare la nostra paura, la tua paura, la mia paura, quelle paure oscure vuole colmarle con la sua consolazione. E Lui spera di spingerci ad abbracciare il rischio di amare. Perché, voi lo sapete, lo sapete meglio di me: AMARE È RISCHIOSO. Bisogna correre il rischio di amare. È un rischio, ma vale la pena correrlo, e Lui ci accompagna in questo” ha affermato Bergoglio.
E proprio per essere coerente al suo operato, le sue ultime uscite da Papa sono state proprio quelle per evitare la solitudine dei carcerati di Regina Coeli e del Giubileo degli Ammalati, ricordando come
«La malattia può arrivare a farci sentire come il popolo in esilio, o come la donna del Vangelo: privi di speranza per il futuro. Ma non è così. Anche in questi momenti, Dio non ci lascia soli e, se ci abbandoniamo a Lui, proprio là dove le nostre forze vengono meno, possiamo sperimentare la consolazione della sua presenza».