MICHELE PARRELLA, IL RAPSODO CHE CANTAVA LA STORIA AL SUONO DEL CUPO CUPO

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parrellaRicorre quest’anno il 20°della morte di Michele Parrella, grande per tutti, fuorchè per  le Istituzioni locali. MI voglio sbagliare e voglio credere che stiano facendo qualcosa da qualche parte. Sarebbe gravissimo se così non fosse, sarebbe la dimostrazione che pure i politici nostrani pensano che con la cultura non si mangia…elettoralmente. Mi scuso con il prof.Caserta per questo preambolo inserito senza la sua autorizzazione.Ma, quando ci vuole….(rr)

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di

Giovanni Caserta

Michele Parrella aveva solo quattordici anni quando, il 25 luglio 1943, cadde il fascismo. Era nato a Laurenzana, in provincia di Potenza, il 17 ottobre 1929. Era di sei anni più giovane di Scotellaro. Figlio di medico, apparteneva alla borghesia lucana, o, se si preferisce, al galantomismo meridionale, ancorché, nel caso specifico, illuminato. Parrella, infatti, ricorda suo padre come  medico dei poveri. Frequentò il Ginnasio-Liceo di Potenza in tutta facilità, a differenza di Scotellaro, che, figlio di calzolaio, per studiare, dovette passare attraverso l’esperienza del convento. Lo stesso accadde a Leonardo Sinisgalli. Scarano, figlio di ferroviere, casellante, vissuto senza madre, si contentò di fare il maestro. Sinisgalli e Scotellaro, peraltro, ebbero il padre emigrante. Nel 1945-47, mentre Scotellaro guidava i contadini all’occupazione delle terre, Parrella affrontava la maturità classica. A questo punto avvenne la svolta tragica. Morta la madre, di malattia, il padre si uccise. Per Parrella gli studi universitari diventarono difficilissimi. Dopo una breve esperienza universitaria, studente in medicina a Siena, si trasferì a Roma, presso il fratello, che provvide al suo sostentamento. Senza laurea, entrò nel monto intellettuale, artistico e cinematografico di Roma. Per intenderci, era la  Roma di Fellini e di Via Veneto. Fece parte della “intellighentsia” di sinistra, amico di Guttuso, Antonello Trombadori, Paolo Bufalini, Pier Paolo Pasolini, Mario Alicata, Giuliano Ferrara, Anna Magnani… Condusse vita da dandy, avendo avventure sentimentali con donne del gran mondo, fra le quali Irene Papas. Quando, però, quel mondo si sfaldò, per Parrella rimase una vecchiaia povera e malatissima.

9788898200061Appartenente, come si è detto, a famiglia borghese, di professionista, non era parte del popolo come Scotellaro. Verso il popolo si piegò, cercando di adottarne moduli di pensiero, di comportamenti, di costume. Si fece cantastorie e rapsodo. Nella sua poesia entravano motti, canti, cantilene, filastrocche che aveva orecchiato da ragazzo, nel suo paese. Assume, perciò, gli atteggiamenti e le movenze che furono degli organetti di Barberia e delle pianole. Al loro posto, però, al fondo, c’è il cupo cupo. La Lucania che Parrella conosce, e che vede da Roma, è la “Lucania persa”, segnata dalla emigrazione e dallo spopolamento. Di qui l’ammirazione per l’epico Scotellaro, ma anche la distanza da lui, di cui si considerava fratello Dioscuro. A Scotellaro, per l’appunto, dedicava Lucania persa, che qui si riporta:

Respirano i nostri morti
nelle pietre dei conventi.

Oh le ginestre umiliate,
terra mia gettata sopra il letto delle serve,
la serva battuta e persa.
Oh la chitarra spezzata alla ringhiera,
i poeti non ti possono alzare,
sono semenze gettate nella ruota
che macina i pezzenti.

Lucania teatro perso
le marionette si aggrappano a noi,
non ce la facciamo più
a cucire gli arlecchini
appesi alle monete.

Solo i fanciulli restano a te,
i tuoi figli carcerati e persi,
madre mia coi capezzoli rotti
la tua voce è dilaniata e persa.

Agli emigrati lucani dedicava, fra l’altro, la lirica Nord e Sud, che, rivolta a Giovanni Russo, ricorda il ritmo della lirica ispanica, tra Garcia Lorca e Rafael Alberti

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Nel mio villaggio,

nel popolo decimato

della Basilicata,

sopravvive la pietà.

Senza clamore,

lasciarono le case

i miei fratelli sperduti.

Ad uno ad uno,

come passeri intirizziti

si posarono sui gelidi

tralicci a nord, in Europa,

intorno alle stufe delle baracche,

nei cantieri.

[…]

Qui non si plaude

ai morti.

Né i vivi temono

l’impronta della calce.

La porte sono tempestate

di croci.

Non s’innalzano

forche ove il dolore

ha il sapore del cibo.

Una delle ultime liriche  – Un angelo di Marrachech a Matera – è dedicata alla nuova folla di migranti che arrivano dall’Africa, relitti umani come i lucani degli anni precedenti:

Passa con la carrozzina

in via Ridola

accanto al portoncino

di Guerricchio.

Si ferma accanto al Caffè

Hemingway, parcheggia

chiede un bicchiere  d’acqua.

E’ un ragazzo arabo

di sedici anni appena.

Come si chiese una volta

Hemingway in un celebre

racconto: “Cosa ci faceva

un leopardo alle pendici

del Kilimangiaro?”.

Io mi sono chiesto:

“Come è arrivato

a Matera questo angelo

senz’ali dalla lontana Marrachech?”

Allora ho sorriso con dolcezza.

“Signore, può comprarmi,

se vuole, qualcosa…”

Parrella si spense a Roma, in una corsia dell’ospedale San Giovanni, l’8 marzo 1996, all’età di 67 anni. Poco attento alla pubblicazione delle sue poesie, spesso improvvisate e distribuite al momento, così come soleva fare anche Alda Merini, e come sogliono fare i “poeti nella strada” alla Alberti, molte sue poesie sono state raccolte, a cura di Giuseppe Lupo, in Michele Parrella, Poesie (1947-1996), Roma, Avagliano, 2007. Si suppone che molte altre sono ancora in giro, disperse tra le carte e nei cassetti di parenti e amici.

 

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Sull' Autore

Quotidiano Online Iscrizione al Tribunale di Potenza N. 7/2011 dir.resp.: Rocco Rosa Online dal 22 Gennaio 2016 Con alcuni miei amici, tutti rigorosamente distanti dall'agone politico, ho deciso di far rivivere il giornale on line " talenti lucani", una iniziativa che a me sta a molto a cuore perchè ha tre scopi : rafforzare il peso dell'opinione pubblica, dare una vetrina ai giovani lucani che non riescono a veicolare la propria creatività e , terzo,fare un laboratorio di giornalismo on line.

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