
FEDERICO MUSSUTO
Dai primi giorni di aprile non si fa altro se non parlare e osservare quotidianamente la risposta dei mercati e dei Paesi, con annesse aziende, alla nuova situazione economica globale. Nella giornata di lunedì 7 aprile, in poche ore, le Borse europee hanno bruciato circa 890 miliardi di euro, praticamente una cifra simile al ReArm EU, mentre il mercato azionario cinese ha registrato il peggior crollo in un solo giorno dal 2008. La volatilità del mercato è alle stelle come se ci fosse una crisi finanziaria. L’indice di volatilità, VIX, è salito a 59 punti, il 4° livello più alto di sempre.
Ci sono state solo tre volte in cui il VIX è stato scambiato in rialzo:
– Grande crisi finanziaria
– Crisi del 2020
– Arresto anomalo improvviso dell’agosto 2024
In concomitanza di questi eventi globali, il Paese che ha messo in piedi la svolta economica, vede l’aliquota tariffaria media degli Stati Uniti raggiungere il livello più alto da oltre un secolo, toccando il 22,5%, quando entrò in vigore lo Smoot-Hawley Tarriff Act del 1930, a distanza di qualche mese dalla grande crisi del 1929.
Goldman Sachs avverte: con i dazi, gli Stati Uniti saranno in recessione entro il quarto trimestre del 2025.
A distanza di qualche ora dai primi effetti, si sono susseguite due dichiarazioni importanti, quelle più spettacolari e comunicative di Trump e quelle della JP Morgan. Il Presidente americano ha affermato:”I prezzi del petrolio sono scesi, i tassi di interesse sono scesi (la lenta Fed dovrebbe tagliare i tassi!), i prezzi del cibo sono scesi, non c’è inflazione, e gli Stati Uniti stanno portando miliardi di dollari a settimana dai paesi che abusano di tariffe già in vigore. Questo nonostante il fatto che il più grande abusatore di tutti, la Cina, i cui mercati stanno crollando, abbia appena aumentato le sue tariffe del 34%, in aggiunta alle sue tariffe stupidamente alte a lungo termine (in più!), ignorando il mio avvertimento ai paesi abusatori di non vendicarsi. Hanno fatto abbastanza, per decenni, approfittando dei buoni vecchi USA! La responsabilità è dei nostri “leader” del passato, quella di aver permesso che tutto questo, e molto altro, accadesse al nostro Paese. RENDIAMO DI NUOVO GRANDE L’AMERICA!”.
Mentre il CEO di JP Morgan, Jamie Dimon, ha affermato:
“Ci sono molte incertezze che circondano la nuova politica tariffaria: le potenziali azioni di ritorsione, anche sui servizi, da parte di altri paesi, l’effetto sulla fiducia, l’impatto sugli investimenti e sui flussi di capitale, l’effetto sui profitti aziendali e il possibile effetto sul dollaro statunitense. Prima si risolve questo problema, meglio è, perché alcuni degli effetti negativi aumentano cumulativamente nel tempo e sarebbero difficili da invertire.
Nel breve periodo, vedo questo come una grossa goccia che fa traboccare il vaso. Spero che dopo i negoziati, l’effetto a lungo termine avrà qualche beneficio positivo per gli Stati Uniti. La mia preoccupazione più seria è come questo influenzerà le alleanze economiche a lungo termine dell’America”.
Ma il primo affondo da parte di Trump ha visto tornare sui propri passi le dichiarazioni accese della Von Der Leyen che ha dichiarato lunedì 7 aprile:”Pronti a negoziare con gli USA sulle tariffe. L’obiettivo è evitare una guerra commerciale su larga scala e contenere le ripercussioni sull’economia del blocco europeo.” A distanza di due giorni, invece, con l’aumento dei dazi nei confronti della Cina, arrivati al 104%, Pechino risponde il 9 aprile con dazi sui prodotti americani che passeranno dal 34% all’84%.
Ma da Oriente non arriva solo una controrisposta meramente economica. Il Ministero degli Affari Esteri cinese cerca di instaurare una via di diplomazia economica che vada a rompere il già precario contesto sociale statunitense, usando le parole del repubblicano Reagan, che il 25 aprile 1987, tenne un discorso anti dazi e per un commercio libero ed equo:
“Imporre tali tariffe o barriere commerciali e restrizioni di qualsiasi tipo sono passi che sono riluttante a compiere. E tra un momento menzionerò le solide ragioni economiche per questo: che a lungo termine tali barriere commerciali danneggiano ogni lavoratore e consumatore americano.”
“Vedete, all’inizio, quando qualcuno dice: ‘Imponiamo tariffe sulle importazioni straniere’, sembra che stiano facendo la cosa patriottica proteggendo i prodotti e i posti di lavoro americani. E a volte per un breve periodo funziona, ma solo per un breve periodo. Quello che alla fine accade è: primo, le industrie nazionali iniziano a fare affidamento sulla protezione governativa sotto forma di tariffe elevate. Smettono di competere e smettono di apportare quei cambiamenti gestionali e tecnologici innovativi di cui hanno bisogno per avere successo nei mercati mondiali.”
“Le tariffe elevate portano inevitabilmente a ritorsioni da parte dei paesi stranieri e all’innesco di feroci guerre commerciali. Il risultato è più e più tariffe, barriere commerciali sempre più alte e sempre meno concorrenza. Quindi, presto, a causa dei prezzi resi artificialmente alti dalle tariffe che sovvenzionano l’inefficienza e la cattiva gestione, le persone smettono di comprare. Poi accade il peggio: i mercati si restringono e crollano; le imprese e le industrie chiudono; e milioni di persone perdono il lavoro.”
Sulla scia asiatica, anche l’UE, anziché voler trattare, risponderà con dei contro-dazi che, a partire dal 15 aprile, per un valore di 21 miliardi di dollari su alcuni prodotti statunitensi.
Nel mentre, funzionari spagnoli hanno chiesto all’UE di avvicinarsi alla Cina nel contesto della guerra commerciale che gli Stati Uniti portano avanti contro tutti. Dalla penisola iberica si cerca di guardare nuovamente all’osteggiata Via della Seta. Il Segretario al Tesoro statunitense Bessent risponde alle mosse “velleitarie” della Spagna rivolgendosi a Bruxelles: “L’Europa si taglierebbe la gola alleandosi con la Cina. La Cina è l’unico Paese in escalation”.
Nel frattempo, la volontà di Trump di creare caos, ha favorito uno dei suoi intenti: dimostrare al mondo intero che l’UE non può essere unita, avendo tutti, a partire dalle economie più importanti, degli interessi nazionali da proteggere. Se Madrid guarda al Pacifico, Roma, nel frattempo, presa dalla visita dei reali inglesi, ritarda di qualche giorno il possibile viaggio della Meloni verso Washington, per cercare di equipararsi alla “Perfida Albione” in termini di dazi, giocando un ruolo nuovo all’interno del contesto europeo. Le manovre romane non sono andate giù ai francesi, che attraverso il Ministro dell’Industria Ferracci e degli Affari Europei Haddad, entrambi fedelissimi di Emmanuel Macron, esprimono ferma contrarietà al viaggio di Giorgia Meloni negli Usa previsto per il 17 aprile e sollecitano la Von Der Leyen a premere per impedire la partenza.
In tutto ciò, la principale potenza economica europea, alle prese col formare ancora il Governo post elezioni di febbraio, vede il futuro Cancelliere Merz che, con un passato da presidente del consiglio di sorveglianza di BlackRock Germany, si guarda bene dal tutelare la CDU, favorendo l’ascesa del SPD al ministero dell’economia e delle finanze.
Alle ore 20 italiane del 9 aprile, il presidente Trump, attraverso il suo account, annuncia una sospensione di 90 giorni dei dazi per tutti i Paesi, tranne la Cina, i cui dazi saliranno al 125%. A seguito di questa notizia, il presidente del WTO avverte che la guerra tariffaria tra Stati Uniti e Cina potrebbe ridurre gli scambi commerciali tra i due Paesi dell’80%.
Goldman Sachs revoca la richiesta di recessione dopo la sospensione dei dazi da parte della Casa Bianca.
Nel frattempo, le mosse da poker del presidente americano favoriscono sorrisi e portafogli degli azionisti e miliardari con la seguente crescita dei titoli in borsa:
Nvdia +15%
Tesla+17%
Apple +11%
META +11,6%
Palantir +17,3%
Amazon +9,8%
Microstrategy +8,4%
Il Tycoon sta dimostrando all’alta finanza, alle borse mondiali e ai semplici cittadini cos’è stata la finanza mondiale nell’ultimo secolo. Se si vogliono cambiare le regole del gioco, si può in pochissimo tempo, ma puoi farlo solo se sei una superpotenza.