Spostandoci più ad est rispetto all’area vulturina troviamo, ad Oppido lucano, diversi esempi di pittura ad affresco e su tela: dagli affreschi della chiesa rupestre di Sant’Antuono al ciclo affrescato nel convento di Sant’Antonio alle diverse tele dei fratelli Antonio (Chiesa del Convento) e Costantino Stabile (Chiesa dell’Annunziata). Gli affreschi della chiesa rupestre di Sant’Antuono Gli affreschi della chiesetta di Sant’Antuono, situata fuori dall’abitato urbano, per la loro originalità e la forte impronta popolaresca, rappresentano il prodotto autoctono di un frescante che, prendendo le mosse dagli affreschi delle non lontane chiese rupestre melfitane, si emancipa dagli stilemi bizantini a favore di una pittura più corsiva ed espressiva, a tratti ingenua a tratti graffiante, che rappresenta, nel Trecento, uno dei pochi tentativi dell’arte pittorica lucana di affrancarsi dallo sterile schematismo orientale. Esternamente la chiesa di Sant’Antuono si presenta con un tetto di tegole ad un unico spiovente, poggiante sulla primitiva struttura in pietra viva, e una facciata contrassegnata da un portale rettangolare e una finestrella rotonda. La parte sinistra della chiesa s’innalza a ridosso di una collina di tufo entro la quale si apre una grotta contenente affreschi, alla quale si accede dall’interno della chiesa, mediante due arcate. Due cicli di affreschi adornano la chiesa: uno, dedicato alla Passione, si dispone sulle pareti dell’ampia navata, l’altro, dedicato alla Sacra Infanzia, occupa le pareti del cunicolo laterale di sinistra. Il ciclo cristologico della passione comincia, a partire da sinistra, con l’Ultima Cena. I commensali sono qui tutti disposti in posizione frontale, dietro una tavola imbandita, appiattita sul fondo, che non ha nessuna intenzione prospettica. Nella scena seguente è raffigurata la Cattura di Cristo ad opera di Giuda che, sullo sfondo di soldati armati, mette un cappio attorno al collo di Gesù, mentre Pietro taglia l’orecchio a Malco. Il riquadro successivo occupa l’intera parete e raffigura un enorme Cristo alla colonna. Segue il ritratto del buon ladrone, Disma, come ci conferma la scritta. Sulla parete di fondo campeggia, entro un arco, la Crocifissione. Alla destra del Cristo si dispone un gruppo di soldati con lance, scudi ed armature; alla sinistra San Giovanni, Maria ed un’altra figura femminile aureolata. Il cielo, ben delimitato da una zona netta di colore scuro, accoglie, in perfetta simmetria, due angeli, il sole, la luna e quattro stelle inscritte in cerchi bianchi, a mò di dischi. Segue la raffigurazione del cattivo ladrone, Gestas. Gli affreschi successivi, rovinatissimi a causa dell’umidità, non consentono una corretta lettura iconografica. Tralasciando una Madonna con Bambino dipinta, nel vano a destra, in perfetto stile bizantino, passiamo agli affreschi, ben più interessanti, del cunicolo di sinistra, dedicati all’Infanzia di Gesù. A partire da sinistra, una Natività è interrotta dalla costruzione dell’arco. Si scorgono le figure della Madonna al centro, del Bambino raffigurato nella parte alta del dipinto, quasi in sospensione, affiancato da un pastorello che suona il flauto, di due donne che lavano il Bambino (di cui oggi non resta traccia) nella parte inferiore, mentre a destra, condotto da un angelo ora mutilo, avanza un vecchio pastore. Da notare il realismo della scena: una donna immerge la mano nell’acqua per assicurarsi della temperatura, l’altra versa l’acqua con un catino, mentre Maria porge un panno per asciugare il piccolo. Molto meglio conservata è la scena seguente, in alto, della Fuga in Egitto cui fa da contraltare, in basso, il rovinato riquadro della Strage degli innocenti. Segue, sempre in alto, la scena del Battesimo di Gesù ad opera di Giovanni Battista. Linee ondulate, raffiguranti le onde, si sovrappongono sui corpi dei due e, ai lati del corpo di Gesù, trovano posto i pesci, disegnati con linee nere veloci e sintetiche e disposti in verticale sulla parete, senza alcun abbozzo di profondità prospettica. Ancora, in basso, un riquadro illeggibile, forse raffigurante l’Entrata a Gerusalemme e a seguire una Presentazione al Tempio, piuttosto rovinata. I cicli cristologici della chiesa rupestre di Sant’Antuono parlano sicuramente un linguaggio schietto e immediato le cui deformazioni formali e stilistiche sono funzionali ad una comunicazione più realistica e significativa. Essi si concentrano sulla caratterizzazione dell’ambiente e sull’espressività delle figure che sconfina, talvolta, nel grottesco. Così nella scena della Crocifissione, ad esempio, le donne ai piedi del Crocifisso sono ritratte, con i capelli sciolti e il viso rigato da lacrime, nell’atto di dare sfogo alla loro disperazione, mentre il volto di Cristo è contratto in una smorfia di dolore. L’ambiente di cultura sembra essere, come nelle chiese rupestri vulturine, quello pirenaico-catalano, come mostrano i commensali dell’Ultima Cena, le figure dei due ladroni, irrigidite in una sorta di statica “legnosità” e il Cristo e il San Giovanni Battista, nella scena del Battesimo, per i chiari rimandi ad affreschi d’ambito catalano della seconda metà del XIII secolo 1
Bibliografia
MEDEA, Resti di un ciclo evangelico, affreschi della cripta di Sant’Antuono a Oppido Lucano, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania”, 1962, pp. 301-311.
P. BORRARO, Brevi considerazioni sulla pittura medievale in Lucania, in Atti del Convegno “Dante e la cultura sveva”, Melfi, 1969.
A. GRELLE IUSCO, Catalogo della mostra. Arte in Basilicata, Roma, 1981, p. 42.
R. VILLANI, Pittura murale in Basilicata, Consiglio Regionale di Basilicata, 2000, pp. 77-83. 2
1 P. Borraro paragona i commensali dell’Ultima Cena all’affresco spagnolo della seconda metà del XIII secolo attribuito al Maestro della Seu d’Urgell (Museo di Vich) e il Cristo e il San Giovanni Battista, nel Battesimo, all’affresco sulla parete nord della navata di San Julian de Bagués (Museo de Jaca).
Condividi