IL CULTO MICAELICO IN BASILICATA: L’ABBAZIA DI SANT’ANGELO AL MONTE RAPARO

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IL CULTO MICAELICO In Basilicata – Le Abbazie:

 

ANGELA MARIA GUMA

 

Il monumento a dedicazione micaelica tra i più significativi in Basilicata è la Badia di Sant’Angelo al Monte Raparo che, posta su di un luogo impervio alle falde delle “Murge”, sorge a 783 m s.l.m., a pochi chilometri di distanza da San Chirico Raparo. La nascita del complesso è legata all’espansione dei monaci oranti aderenti all’Ordine Basiliano che, sospinti, dalle lotte iconoclaste cercarono un rifugio in anfratti naturali di luoghi appartati e solitari. 

La Comunità monastica di S. Angelo al Monte Raparo è ascrivibile al carisma di S. Vitale da Castronovo di Sicilia, che ne condusse le orme risalendo la punta dello stivale sino a raggiungere i luoghi prescelti in Calabria e Basilicata, fondandovi i rispettivi Cenobi. I monaci costituirono il loro primo cenobio proprio nella grotta carsica sottostante sono infatti presenti numerose stalattiti e stalagmiti di notevoli dimensioni, sifoni e vasche alimentate dallo scioglimento primaverile delle nevi del Monte Raparo. Sono inoltre presenti i resti della cappella di San Vitale, di cui la grotta sotterranea è stata la dimora e la sede del suo primo cenobio.

 La grotta è inoltre “abitata” da una delle più grandi colonie di pipistrelli d’Europa. Sulle pareti interne si conservano anche affreschi con pitture di santi dell’inizio dell’XI secolo e la raffigurazione di un Arcangelo;                              

L’abbazia fu eretta al di sopra di questa grotta, proprio ad opera di San Vitale, che pose le basi di una prima chiesa più piccola, poi ampliata nel corso del X secolo. Tra XI e XII secolo, grazie alla conquista normanna l’’abbazia conobbe un periodo di splendore e vide crescere il suo prestigio nell’area compresa tra la Media Valle del Sinni, l’Alta Valle dell’Agri e la regione monastica del Mercurion.

Tra XIII e XIV secolo, l’abbazia passò dall’ordine greco-bizantino all’ordine benedettino. Agli inizi del XV secolo il monastero fu dato in commenda ai Sanseverino che contribuirono a far crescere il prestigio e la bellezza del monastero. Dal XVIII secolo l’abbazia è stata abbandonata ed inevitabilmente la struttura ha subìto danni dovuti all’incuria e parziali crolli, anche a causa di diversi terremoti (dicembre 1857 e luglio 1930).

 Particolari – Grotta di Sant’Angelo, sottostante l’abbazia

La Badia mostra una complessa stratificazione archeologica rappresentata dalla preesistenza di tre edifici appartenenti a differenti fasi costruttive. Una prima fase di edificazione, relativa ad una struttura absidale di piccole dimensioni, ad una navata, con doppio ingresso è sostituita nel corso del XI sec. o agli inizi del seguente, da una costruzione planimetricamente identica alla precedente anche se di maggiori dimensioni che ebbe, in seguito, diverse trasformazioni. La chiesa sovrastante è ad una navata absidata; sulla fronte si apre il portale ad ogiva, decorato con una semplice arcata in ritiro, poggiata su due mensole piatte. All’interno i lati lunghi sono rinforzati da pilastri molto avanzati che, collegati tra loro per mezzo di archi, formano quattro cappelle per ogni lato; purtroppo, dell’altare si conservano solo pochi resti antistanti l’abside. La copertura è costituita da volta a botte e tetto a due spioventi; su di esso si erge un grande tamburo cilindrico, decorato con arcate cieche ed in cui si aprono quattro finestre; al di sopra era impostata la cupola, con tetto a calotta all’interno e struttura esterna a gradoni, realizzati con successive riseghe ricoperte di tegole. Il tamburo si lega al quadrato di imposta mediante trombe d’angolo, secondo un sistema utilizzato nella architettura sassanide, anatolica, siriaca ed egiziana, in luogo dei pennacchi sferici più diffusi nell’ambiente costantinopolitano; la particolare decorazione architettonica ad archeggiature cieche richiama invece alcuni esempi bizantini della seconda età aurea (867-1204)

La struttura iniziale, sulla base delle conoscenze acquisite nello studio architettonico del monumento, ha una derivazione iconografica da tipologie provenienti dal mondo greco, cretese in particolare. Tra essi, come recenti studi hanno indicato anche sulla base di analogie con affreschi interni, si possono individuare i confronti più vicini nella Panaghia di Limiotissa nei pressi di Iraklion della fine del XI sec. e nella chiesa di Aghios Nikolaios a Kiriakoselia Apokoronas della fine del XI inizio XII sec.

       

Gli esigui frammenti della decorazione pittorica rinvenuta a san Chirico Raparo rappresentano, infatti, una delle più significative rappresentazioni iconografiche che si sono ritrovate di San Michele Arcangelo in Basilicata. I pochi frammenti pittorici possono essere divisi in due principali strati raffigurativi di cui il primo rappresenta una “Diesis” accompagnata da due tipiche scene dei santuari bizantini ossia la comunione del pane (medadosis) e la comunione del vino (metaleipsis). Le pitture del secondo strato, visibili soltanto nella parte inferiore dell’abside, raffigurano due file di Santi Vescovi, ciascuna composta di quattro personaggi in homophorion che recano cartelli con versetti di Salmi. Questi dipinti sono riferibili al cosiddetto “Stile dell’Athos”, e risalgono al XIV-XV secolo.Per le citate composizioni il Berteaux trova il confronto più immediato nelle rappresentazioni della cena presenti nelle Chiese del XI sec., quali quelle di S. Sofia e San Michele a Kiev. Le pitture del secondo strato, individuate nella parte inferiore dell’abside, rappresentano due file di Santi Vescovi composta da quattro personaggi in homophorion che recano cartelli con versetti di Santi. Questi ultimi che il Berteaux sulla base di confronti iconografici colloca tra il XIV e XV sec., sono stati datati da un’accurata analisi stilistica, alla fine del XII o agli inizi del XIII sec.

L’Abbazia è stata dichiarata Monumento Nazionale nel 1927. E’ stata oggetto di lunghi e complessi lavori di restauro, che hanno interessato sia il corpo di fabbrica che la grotta sottostante. Il complesso monumentale rientra, inoltre, tra i siti di interesse ambientale del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese.

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