C’è chi prova a mettere insieme i cocci di un centrosinistra rotto da tutte le parti ed è riuscito almeno a riunire i responsabili delle varie sigle in una stanza del Motel Park e a strappare loro la promessa che si rivedranno per discutere prioritariamente degli  argomenti per una piattaforma politica delle prossime regionali.   Il minimo insomma per stare assieme e per incominciarsi a parlare. Ma nessuno si fa molte illusioni circa la possibilità di trasformare questo esercito di sconfitti, sia pure rinnovato nei comandi, e rimotivato dall’evidente insuccesso  degli avversari, in una formazione d’assalto determinata a rioccupare le posizioni di un tempo.  Pesa in questo tentativo di riconquista delle postazioni di governo, il ruolo futuro di molti generali, nessuno di quali appare disposto a passare la mano e anzi ognuno determinato a giocare in proprio quella che potrebbe essere l’ultima partita per rientrare nell’agone politico.. Manca il Colombo dei tempi della Dc, colui che alla fine poteva rassicurare tutti e dire l’ultima parola, convincere qualcuno a fare un passo indietro, ben sapendo che poi ci sarebbe stata altra occasione per ricompensarlo dei sacrifici. Speranza, tornato al Pd, ci prova a trovare una quadra, ma deve fare i conti con la nuova situazione che si sta verificando nel Pd, dove è ormai forte la volontà della Schlein di rompere con la vecchia nomenklatura in tutte le regioni e di incominciare daccapo, incurante dei cadaveri che lascia per strada e ben sapendo che le Europee, giocate su temi prettamente politici, possono rappresentare quel salto generazionale che è la premessa del rinnovamento e rilancio del partito. E questo fatto di fare piazza pulita della nomenclatura sta prendendo piede anche in basilicata con un radicalismo di sinistra che già incomincia a mettere le mani avanti su eventuali alleanze ” indistinte e contraddittorie” che segnerebbero un ritorno al passato. Come dire: meglio perdere che riportare in auge certi personaggi. E’ stato fatto già nel passato, lo si può rifare adesso il giochetto. Questo ragionamento di rompere con il passato è peraltro sponsorizzato dall’alto ed è il vero filo rosso che lega la Schlein a Conte: entrambi guardano oltre le regionali,  puntanto all’orizzonte europeo, ed entrambi alzano il tiro contro la destra sulle grandi questioni : dal precariato, alla giustizia, alle Autonomie differenziate, all’attacco ai diritti dei lavoratori.  Da qui la difficoltà a livello locale  a tessere una tela abbastanza robusta da tenere, per necessità, tutti assieme, ben sapendo che c’è già chi gioca a sfilacciarla nei punti di maggiore debolezza. La tela dovrebbe confezionarsi sui problemi della Basilicata, sulla specificità di una regione che sta perdendo quota paurosamente, sulla responsabilità dei gruppi dirigenti alternativi a non giocare al tanto peggio tanto meglio, sulla esigenza di ripristinare un governo di persone capaci e portatori di una visione di sviluppo territoriale: in una parola di un governo di emergenza regionale che metta fuori gioco i dilettanti allo sbaraglio che oggi ci governano e ridia le coordinate di un percorso di crescita  socioecomica della Basilicata, La capacità di dare forza e tono a questo messaggio, di chiamare in gioco l’identità regionale e di riconquistare la fiducia dei lucani intorno ad un grande obietivo di cambiamento,  è anche il test per verificare se la Basilicata può contare su un leader vero oppure deve accontentarsi dei soliti professionisti della politica. Rocco Rosa