La fantascientifica trovata nella straordinaria scrittura di Paolo Piccirillo
L’invasione di Paolo Piccirillo è un libro avvincente tanto da togliere il fiato e a tratti sorprendente dai risvolti inaspettati fino a diventare sconvolgente. La sua impostazione narrativa è originale perché è quella di un racconto scenico che conferma la propensione da parte del talentuoso autore ad una scrittura “visiva” in uno stile essenziale ma allo stesso tempo elegante. Non è dunque un caso Paolo Piccirillo sia uno dei più promettenti scrittori, autore di numerosi romanzi e sceneggiatore tra i più affermati nel panorama nazionale dal momento che ha scritto per la Rai, Prime Video e Netflix diverse e famose serie Tv tra cui Mare Fuori, Vostro onore – Doc, No Activity. Il libro è stato presentato alla libreria Ubik di Potenza, evento promosso ed organizzato dalla medesima libreria e dal Circolo Culturale Gocce d’Autore di Potenza. Come ha ben sottolineato Eva Bonitatibus che con la sottoscritta ha dialogato con l’autore non c’è redenzione in questa storia, che affoga nell’afa del cambiamento climatico, condizione reale che accende gli allarmi. È un libro che parla di potere malato, di umanità rovesciata, di faide contrapposte, di violenze e di odi, di fiumi che separano, di donne che parlano come uomini, di uomini che agiscono come animali e di animali che sembrano umani e di un’invasione che potrebbe distruggere o risollevare. Il testo come genere letterario potrebbe identificarsi a primo impatto con un giallo perché lo snodo della vicenda è l’omicidio di una ragazza, ma la descrizione degli eventi è talmente accurata e precisa nei dettagli da sembrare una cronaca che denuncia una faida ancestrale che purtroppo si concretizza in un finale sconvolgente da horror. Il contesto ambientale è realistico è il casertano, la terra di Gomorra, ma l’ambiente è romanzato si parla di una terra di confine divisa da un limite, quasi a porre alla violenza un limite e confine. L’aspetto che più di tutti lo definisce è lo straordinario gusto a una rappresentazione realistica. Altro aspetto interessante è la caratterizzazione dei personaggi che sono privi di humanitas nel senso più antico del termine, di terenziana memoria, ossia come capacità di compartecipazione alle sofferenze dell’altro, elemento identificativo dell’essere umano. Dai personaggi del romanzo emerge la parte peggiore dell’uomo e sembra che ci sia una confusione di ruoli tra gli animali e le persone proprio perché in questi ultimi emerge il lato bestiale, la violenza come lotta di sopravvivenza. E questo si evince anche dai nomignoli a partire dal protagonista Nicola Fortore definito il Barracuda chiamato così perché dicono che avesse i molari così appuntiti da poter spezzare i nervi della carne, è il capo di Ferrazzano, capo riconosciuto ma non legalizzato. Poi c’è Tiziano Bianco, capo di Sant’Elpidio e suo datore di lavoro, e un enigmatico Ernesto Foglia, amico d’infanzia del Barracuda che torna dal Sudafrica a bussare alla sua porta dopo averlo tradito. Sono personaggi abituati alla violenza disumana ma che mostrano un senso di paternità che sembra contrastare con gli atti che commettono al di fuori del proprio contesto familiare, Quindi il concetto di umano, è concepibile solo all’interno del proprio contesto familiare. Il tono è di un cupo e rassegnato pessimismo, manca la speranza, manca la fede in Dio, questa rassegnazione di fondo scaturisce dalla consapevolezza che alcune leggi non possono essere cambiate e che in quei contesti le cose dovevano necessariamente andare in quel modo, seguire determinate regole e questo lo capiscono già i bambini che quando scoprono il cadavere sanno che devono rivolgersi prima al capo perché così’ andava fatto, un senso dell’illegalità impresso da subito, come il concetto della vendetta e del tradimento. Eppure è un libro che non sconvolge ma porta a riflettere perché la cattiveria non è un aspetto del romanzo ma parte integrante della nostra realtà. Grazie Paolo per questo libro dalla scrittura visiva, dove il linguaggio è essenziale, senza fronzoli ma comunque elegante, grazie perché arriva dritto come una freccia