ABITARE I PAESI. RESILIENZA O RESISTENZA?

0

 

di Piero Ragone

 

Restare o andare via? I paesi possono sopravvivere se continuano a perdere residenti e abitanti? I giovani che ruolo possono avere? Su queste domande si sono interrogati a Salandra, tra gli appuntamenti del programma del Festival Storie Parallele un gruppo di amici ed esperti che hanno detto la loro su: “Abitare i paesi- resilienza o resistenza?”. Luigi Vitelli, designer e project manager europeo ha rotto il ghiaccio e guidato i partecipanti ad esprimersi su una questione molto sentita e non solo nel Meridione. I paesi italiani, infatti, costituiscono il 60% del patrimonio abitativo nazionale, che fa registrare 2 milioni di case disabitate; a fronte del disgregarsi delle comunità che vi abitano e dell’età media che si impenna. Ci sono però il 50% dei giovani disposti a restare e un ulteriore 15% che vorrebbe poter rientrare. Il 70% è istruito e ha frequentato l’università. Con queste premesse ha riferito Giulia Sonzogno dottoranda di ricerca in Urban Studies and Regional Science al Gran Sasso Institute dell’Aquila si sta provando a progettare una serie di proposte, volte a recuperare l’assenza proprio dei giovani nei processi decisionali e politici destinati al territorio. Le energie da liberare andrebbero canalizzate in settori strategici come l’agricoltura, l’ambiente, il mondo delle imprese, dei servizi, creando reti, nuove connessioni, network culturali. L’obiettivo è far nascere spazi di socialità che rispondano ad una programmazione strutturata che investa nell’integrazione e nel radicamento.

Raffaele La Regina, assistente speciale del ministero per il Mezzogiorno, membro dell’assemblea nazionale PD, ha sostenuto che la cultura la sente come un argomento di sinistra. Tuttavia si deve partire dall’esistente e ragionare su ricchezza e giustizia sociale, attraverso il Piano per il Sud e la sua programmazione. E’ difficile pensare di mantenere in vita comuni che perdono pezzi e non hanno il minimo di copertura degli organici per assicurare la propria funzione. E’ una questione di responsabilità civile e politica, che negli ultimi tempi ha privilegiato più i profitti che i diritti. L’innovazione viaggia sempre con le competenze e la formazione. Oggi è necessario ricostruire le condizioni per cooperare anche su scala di bacini intercomunali, salvaguardando l’ambiente, non accontentandosi delle royalties del petrolio, abbandonando le logiche del profitto, a tutela di una residenzialità ripensata e possibile. Anche considerando fenomeni nuovi come il rientro di 15.000 persone che hanno deciso di tornare a Sud dal nord, mantenendo il rapporto di lavoro in smartworking. A ricordarci che il futuro ci appartiene.

Secondo Vitelli torna l’interrogativo se la politica e la cultura saranno capaci di rifondare immaginazione e significati nelle “terre dell’osso” come le definiva Manlio Rossi Doria.

Per l’antropologo Giuseppe Melillo, rimanere a vivere nei paesi può essere una scelta oppure una costrizione. Dipende dalle possibilità che uno ha e dalla sua emotività. Se c’è consapevolezza oppure non si hanno alternative. Le radici sono dove uno si sente a casa, dove si sente bene psicologicamente e riesce ad avere scambi sociali. Se invece la battaglia è contrastare l’isolamento, affrontare conflitti, rinunciare ai rapporti, non riuscire a relazionarsi, diventa difficile inventarsi una resistenza. E’ più facile cadere nei ricordi, nella nostalgia, rifugiarsi nel passato e smettere di rivendicare i propri spazi, i propri diritti ad esistere. I fattori identitari, oggi, sono molto minacciati. Si parla di borghi anonimi, scordando che un tempo, i paesi erano crocevia di itinerari mariani, mercati, fiere di vaste aree rurali. Se adesso vengono meno le energie sociali, spariscono le scuole (anche queste erano rurali, pur con pochi alunni), gli uffici postali, le edicole, i bar non si può impedire che i comuni si svuotino o scompaiano del tutto. Non si può tenerli in vita con l’accanimento terapeutico se prevalgono l’esodo e l’emigrazione. Certo sono anche le conseguenze dei flussi finanziari insufficienti o deviati. Se non reggono l’economia, la politica e la socialità, purtroppo il destino dei tempi si compie. A meno che energie nuove e giovani di rientro decidono di impegnarsi nella rivitalizzazione di ciò che sembra votato all’oblio.

Rocco Calandriello direttore artistico del centro per la creatività TILT di Pisticci-Marconia e promotore del Lucania Film Festival non crede ai miracoli. Conosce le difficoltà di accesso e iniziativa, parla con i ragazzi, li ascolta e si dispiace quando non può corrispondere alle loro aspettative. Intercetta il loro dolore e sa   quanto è demoralizzante rimanere pesi morti. Ma secondo lui bisogna reagire, “arare la paura”, seminando bellezza, riflettere e credere nella capacità di fare cose straordinarie. A lui è successo con Matera 2019 e con l’intensa attività progettuale, che ha innescato confronti e scambi anche internazionali. Se la politica, non quella vetusta, riesce a creare opportunità e finanziare idee, il capitale umano può produrre scintille ed entusiasmo, per salvare se stessi e proporsi al mondo con una nuova grammatica, quella dei talenti.

Nicola Saponara fa il pendolare ogni giorno perché lavora a Matera con una Start up di progettazione informatica. Dopo gli anni vissuti a Roma all’università ha scelto di tornare. Non ha resistito al richiamo degli affetti, della famiglia e degli amici. Ama la piazza di Salandra, passeggiare e parlare con gli altri. Coltiva i ricordi degli antenati, conosce i vicoli e chi ci abita o ci abitava. Ha fatto anche l’amministratore comunale. Vedere i luoghi e i ruderi abbandonati gli provocano angoscia e sofferenza. Ma è pieno di speranze. Quelle ricevute come insegnamento e come sfida a smentire quanti lo scoraggiavano a tornare, convinti che non c’era futuro.

Il sindaco Giuseppe Soranno si ritiene fortunato. Accoglie con orgoglio le iniziative che ruotano attorno al Festival del cinema documentario che portano attenzione e nuove frequentazioni nella piccola comunità. Portare gente nei calanchi o nel centro storico è un obiettivo utile. Crea interesse e contamina chi resta. Ultimamente la macchina amministrativa risponde a criteri esclusivamente ragionieristici che non consentono di garantire i servizi necessari. Si creano così fratture e discriminazioni e i cittadini si sentono delusi e abbandonati. I comuni si svuotano e i capoluoghi Matera e Potenza si espandono. Ma le periferie devono avere uguali diritti, avere una sanità fruibile, senza sacrificare istruzione e cultura. Nessuno deve subire l’isolamento o essere illuso da un turismo che consuma e depreda l’ambiente. Servono scelte responsabili attorno alle quali aggregare le forze che restano sul campo.

A conclusione del dibattito, Nicola Ragone, direttore del Festival Storie Parallele, si è detto soddisfatto del successo della manifestazione e ha confermato il suo impegno e quello di tutto lo staff per i successivi appuntamenti che metteranno in circolo opportunità e nuovi strumenti, collegati alla progettualità esistente e ai campi di intervento pubblico, come quelle di Visioni Urbane o dei Gruppi di Azione Locale.

In previsione, il coinvolgimento degli abitanti di Salandra con appositi laboratori finalizzati alla partecipazione e alla consapevolezza.

 

Condividi

Sull' Autore

Piero Ragone pubblicista dal 1993, tecnico, coordinatore, regista e responsabile di Produzione presso la sede RAI per la Basilicata fino ad aprile 2021, ora in pensione.

Rispondi