C’era una volta a Castelmezzano la Madonna dell’Ascensione

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di Teri Volini 

 

L’Assunzione di Maria al cielo è un dogma di fede della Chiesa cattolica romana, proclamato il 1º novembre 1950  da papa Pio XII,  avvalendosi dell’infallibilità papale, e secondo il quale Maria, madre di Gesù Cristo-Dio, al termine della sua vita terrena, andò in Paradiso “in anima e corpo”.
Nel mondo cattolico, l’Assunta si festeggia il 15 di Agosto e molte  sono le donne  che ne portano il nome.
Risulta perciò un caso più unico che raro che,  in un paese incastonato tra le piccole Dolomiti Lucane, Castelmezzano, Basilicata,  si festeggi  La Madonna “dell’Ascensione” , 40 giorni dopo la Pasqua…

Ho dedicato  un’ampia  ricerca  alla  storia  di questa icona,  pubblicata pure in diversi articoli e presentata in conferenza  più volte a Milano:  non si può neppure immaginare quanto  essa possa essere   particolare, e dalle  infinite  possibilità esplorative,  ma ciò che qui m’interessa è porre l’attenzione sulla sua denominazione:   Madonna dell’Ascensione, forse l’unico caso al mondo di una Madonna che,  tramite  questo  nome, si discosta nettamente dall’immagine  ufficiale  che il  l'”Assunta”  costringe  strettamente alla definizione  ecclesiastica.

La Madonna dell’Ascensione

Mi tocca qui scrivere al passato, a causa dei cambiamenti intervenuti dal tempo della prima stesura della ricerca (fine degli anni ’90).  L’Icona lignea si trovava in una chiesetta collocata in mezzo alle rocce. Subito dopo essere usciti dalla galleria scavata nelle Arm, le rocce dolomitiche che caratterizzano il luogo e che dava accesso a Castelmezzano, vi si arrivava salendo per un sentiero lastricato. Anticamente questa chiesa veniva usata per seppellire i defunti nella parte sottostante, prima che venisse costruito fuori dal paese l’attuale cimitero. Per entrarvi, bisogna chiedere la chiave in paese ad una famiglia che ne aveva  da tempo “la cura”, cioè la responsabilità e la devozione, ed era la famiglia Santoro.

La Madonna dell’Ascensione era in verità una Madonnina, piccola in altezza, quasi totalmente ricoperta da un mantello di raso azzurro chiaro, ricamato in oro. Nonostante la bellezza e le ottime intenzioni devozionali e affettive di chi lo aveva cucito e ricamato,  tra cui mia madre Rosaria  e la zia Marietta,  il mantello copriva la nascosta bellezza dell’immagine, celandola quasi del tutto.

La Madonna non ne avrebbe avuto alcun bisogno, perché aveva già dipinto direttamente sul suo corpo un abito di colore rosso scuro con schematici punti o fiori color crema. Lo stesso valeva per il Bambino che aveva in braccio e per l’orante al loro fianco.

 

La Madre di Dio  non può ascendere

Per i teologi della Chiesa, la Madonna, Madre di Dio  non può ascendere,  ma deve essere “assunta” in cielo:  ciò non fa che confermare  l’abituale  atteggiamento di  profondo maschilismo   della gerarchia ecclesiastica,  che fin dagli inizi non ha dato alcun ruolo rilevante alla donna e al femminile, se non quello ancillare e di servizio.
Di conseguenza non poteva concedere a una donna, fosse pure la   Madre di Gesù-Dio,  di ascendere al cielo, ma doveva essere “assunta” …

L’incredibile è che nessuno, e soprattutto nessuna, si  sia  mai resa conto della gravità di una simile distopia, aggravata dal fatto che, per mantenere il target, sia stato appositamente creato un dogma sull’argomento, e  non qualche secolo fa, ma  nel 1950, cosi da mantenere  le cose al loro posto!

Un tesoro inesplorato

Nella mia ricerca, che risale alla fine degli anni ’90,   osservando da vicino la sacra icona, ne avevo sottolineato  la connessione visiva con  le donne cretesi, a cominciare dall’abito, dai colori  e dell’acconciatura.

 “Le donne dello stupendo affresco cretese, comunemente definite le Signore in blu,  sono immerse in un intenso  sfondo azzurro, mentre gli abiti, o meglio i corpetti con bolerino, maniche gonfie e corte, decorate con un gallone a piccole onde blu, sono rossi, finemente ricamati”…*

Sarà un caso, ma anche il vestito della madonnina è rosso con piccoli decori, mentre il mantello é di un blu profondo…

Ai due lati del capo delle eleganti signore cretesi  abbiamo potuto ammirare, in primo piano,  dei lunghi, scuri, densi riccioli serpentini: ebbene, anche i capelli della Madonnina dell’Ascensione, scuri e densi, sono  modellati con grande cura, dividendosi lateralmente  in due pesanti riccioli a tire-bouchon, inanellati, serpentini...”*

*Tratto da Madonne e Streghe a Castelmezzano, Dee, 2000.

Sorprendente anche la connessione con un’altra celebre icona cretese,  la   Signora dei serpenti di Cnossos, soprattutto nel portamento autorevole, proprio delle antiche divinità; la fierezza  dello sguardo,  i grandi “occhi bovini”, la assimilano anche  ad altre antichissime divinità, come Iside e Hathor, venerate  in Egitto.

In tutti i casi, ciò l’apparenta  a quel   potente archetipo  che simboleggia  il  principio universale, ed è, nella totalità delle sue manifestazioni, nel cosmo, sulla terra e presso ogni essere vivente, l’Energia luminosa, Fonte e Sostegno dell’Esistente.

La Divinità Madre

La ricerca mette in evidenza molto altro, ma già solo da questi pochi, sbalorditivi  cenni, percepiamo la correlazione della madonnina  originaria con  l’Antica Divinità Madre, archetipo fondamentale delle le ancestrali popolazioni che per millenni la onorarono, prima che le nuove forme religiose si sostituissero  con violenza alle precedenti,  cercando per tutti i secoli seguenti  di cancellarne persino le tracce, mentre controllavano, perseguitavano o sterminavano  – percependole come “minaccia” per il loro sistema –  quanti ne conservavano il ricordo e  in particolare le donne, osteggiate, depauperate, perseguitate e uccise, arrivando, specie nel XV secolo e seguenti, allo spaventoso delirio della caccia alle “streghe”.

 il contrappasso

Riguardo alla originaria Madonnina dell’Ascensione –  quasi  a contrappasso della sua singolare ed eloquente denominazione –  ed a prosecuzione perversa  dell’azione distruttiva, sistematica, dei feroci antagonisti che si erano sostituiti alle antiche religioni, e  che avevano operato per secoli in tal senso,
è stata compiuta
 – consciamente o meno  –  nel secolo nel XXI,   un’ azione distruttiva similare,  seppure camuffata dalla necessità si  una “destrutturazione” dell’icona, a causa  della scoperta, all’interno della madonnina,  di un’altra    figura precedente.

 

Peccato che si trovasse al di dentro di  quella in cui per secoli si erano rispecchiati i fedeli – uomini donne e bambini, di generazione in  generazione…

In una “cultura” schematizzata e ostinatamente funzionale, i rigidi dettami del restauro hanno surclassato i comandamenti  del cuore e quelli della pietas popolare, non esitando a eseguire quanto dettava il protocollo, e non ciò che era importante per il culto secolare degli abitanti e che il rispetto per l’icona in sé esigeva.

Dopo essere stata completamente snaturata dall’invasivo restauro,   la Madonnina dell’Ascensione originaria  è stata sostituita da una sua imitazione, fra l’altro malfatta: basti osservare l’asimmetria tra i due riccioli;  ed è quella che adesso viene portata in processione nel paese nel giorno a lei dedicato,  il 16 agosto,  mentre l’icona “recuperata” dal restauro si trova in una nicchia protetta della chiesa Madre, in attesa dei visitatori che nulla sanno della  vicenda e della dissacrazione operata.

Un mandato nefasto ripetuto nel tempo

Cancellare persino il ricordo  di una divinità femminile portatrice e ordinatrice delle società in senso pacifico e creativo era stato il compito nefasto  del nuovo ordine patriarcale  nelle varie religioni monoteiste succedutesi nel tempo;  ciò veniva fatto  distruggendo qualsiasi indizio di quelle ancestrali, millenarie  forme di culto, come  le innumerevoli piccole  icone attinenti il divino femminile, ovunque le trovassero.
Si salvarono solo quelle nascoste o seppellite nel terreno…

 “Poiché i simboli facevano riferimento alla cultura/religione  precedente, fondata sulla sapienza del principio materno ed alla sua immensa energia creatrice, ed erano attinenti ad una divinità femminile che in seguito il patriarcato avrebbe in tutti i modi svalutato, violentato e distrutto, è stato sicuramente un bene che rimanessero ignoti, mimetizzati, salvandosi così da distruzione certa. Ciò purtroppo non avvenne per molti altri reperti, come le statuette votive, in cui il divino femminile era troppo esplicito, e ciò ne determinò la furibonda distruzione come “idoli”…
Pur ignorando il significato stesso di quel termine (éidõla), “immagini”, o forse proprio perché intuivano il valore di cui erano portatrici, i distruttori si accanirono contro di esse con brutalità. È stata dunque una vera fortuna che in tante siano rimaste a lungo sepolte, quasi aspettando tempi migliori per essere ritrovate”.

(Tratto da Glifi, una ricerca mitoarcheologica in Basilicata, 2022).

Riferimenti e bibliografia:
Madonne e Streghe a Castelmezzano https://www.terivolini.it/html/pubblicazioni.htm
Madonne e Streghe a Castelmezzano, Dee edizioni, 2000
Il Lucano magazine,  n 131-  2017  – Madonne a Streghe a Castelmezzano
parte 1a – Madonne lignee – pagg. 62- 65

Il Lucano magazine,  n. 132    Madonne e streghe a Castelmezzano,  parte 2°,  Streghe
– Pagg. 64 -67

Madonne Lignee – da Madonne e Streghe a Castelmezzano  https://terivolini.blogspot.com/2018/01/madonne-lignee-da-madonne-e-streghe.html
Glifi, una ricerca mitoarcheologica in Basilicata, 2022.
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Sull' Autore

Pittora, incisora, performer land artista, designer, ricercatrice, poeta, portatrice di memoria, linguista, conferenziera... ha esposto dagli anni '80 le magiche suggestioni de La Montagna Stregata – ispirata alle piccole dolomiti lucane di cui è originaria – seguita da diversi cicli di Opere pittoriche, presenti in oltre 90 mostre personali in sedi regionali, nazionali ed estere, come Potenza, Milano, Zurigo, Winterthur, Nizza, New York, Arles en Provence, Canterbury... con notevoli riscontri di critica e pubblico, ed in numerose collettive, con pubblicazioni, premi e riconoscimenti. Tramite i diversi linguaggi espressivi - pittura, scultura, poesia, installazioni, performances, azioni simboliche, video, manifesti d’artista, ricerche, conferenze, articoli, incontri mirati con le giovani generazioni e la società civile - l'Artista biofila si fa promotrice di un nuovo rispetto per il pianeta, percepito non come un oggetto da dominare e sfruttare, ma come Terra Madre, generatrice e nutrice di tutti i viventi. Presidente del Centro d’Arte e Cultura Delta di Potenza, ha al suo attivo un sito web e un blog, due raccolte poetiche, una trentina di ebook, pubblicazioni su diverse testate a livello regionale e nazionale, la collaborazione in free lance con La Grande Lucania, Il Lucano, Il Capricorno, Talenti Lucani, Valori... Canta nella donna il valore femminile originario, sottolineandone sacralità, bellezza e magia nell’esuberante creatività e nella corrispondente ciclicità con la Natura: l'una e l'altra essendo portatrici e nutrici di vita. Preconizza un tempo in cui l'arte e la vita siano coincidenti ed in cui sia possibile riconquistare l'incanto gioioso di fronte alla bellezza e al mistero della vita sulla terra.

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