FOLKSTORY

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LUCIO TUFANO

 

Dalle fucine degli antichi fabbri, dal tempo dei briganti scuri e degli asceti bianchi, dai castelli ammantati di tempesta e di mistero, delle ballate cadute dai veroni, dal tempo delle bare custodite nelle sale, delle saghe pagane, delle nenie lontane, le ginestre si violentano nel sole. Alle filande rumorose calano le compagnie dei tosatori e le ghinee riempono i forzieri degli allevatori, le jaccare degli sterpi e delle canne affogano le case nei bagliori. Il ministero del vescovo Gerardo sui teneri cespugli dello spiganardo. Alle finestre le ragazze, i seni trafitti dagli aghi delle streghe, le labbra cucite dalla bava dei calabroni, attendono il passaggio dei satiri cafoni venuti dai torrenti.

Nella processione lenta del milleottocentotrenta si vestono di piume, si adornano di pietre verdi e gialle, di tutti gli indumenti della festa i folletti fatti scendere dai letti nel fragore della cartapesta. Lo squadrone delle sciabole nude scorta la livrea del Duca della Verdura. Al fragore dei mortaletti l’aerostato si spacca in frantumi di palloni rossi.

Il rauco e discorde suono della banda di Avellino integra la vecchia fiaba di tamburi e di pifferi del potentino. I timidi tepori di primavera dissolvono i fuochi artificiali della sera.

Nel milleottocentonovantadue la tristezza coinvolge i santi per mancata ricchezza. I turchi sfilano miseri e stremati. Tra i gigli il granturco ostenta i suoi crini di rame.

Milleootocentonovantasette, nella sera che precede da ogni porta muovono i muli bardati verso la cattedrale di pietre e di giacinti, di trine e coperte decorate, di gualdrappe, o, guidati da mulattieri camuffati. Le torce nel vento riempono l’aria di fumo e di luce rossastra. Li cavalcano con le carrozze, gli elmi dorati e le ali infreddolite, gli assonnati bambini dei contadini. Le corse dei cavalli per via Napoli. La valle del Basento rintrona nei fuochi i concerti delle piazze.

Milleottocentonovantanove, un’ora di sole contro la nuvolaglia, le acquerugiole sulla paglia, tra i fiori le musiche di Puglia. A passo di marcia sale sulla guglia la Banda Rossa di Muro Lucano. Per san Gerardo nero si fregano le mani gli ambulanti, gettate nella morra dei numeri imprecanti. Sulle ringhiere gli zingari cianciano di ferie, i trainieri barcollando sotto il carico dei ceri.

Millenovecentodue, flauti di piccole mani anticipano le bande di San Severo, di Francavilla Fontana. Via Pretoria è ancora un incontro – l’antico e silenzioso amore dei potentini – la fuga di via Mazzini. Le vesti sgargianti, gli abiti pontificali, lillipuziane armature scintillanti di guerrieri alati, di mori in fez e turbanti, i cavalli infestonati sulla groppa con cinghie zeppe di campanelli e sonagli, i palafrenieri sulla rocca. Nel baccano il Gran Turco sornione si fuma la barba di stoppa.

Millenovecentocinque, dalla semplice botanica delle siepi il profumo tenue: le contadine recano i canestri di ginestre. Piovono i coralli con la polvere di sole, tentennano le statue col paliotto. Oltre i vicoli s’apre una campagna di girasole.

Millenovecentosette. Dischi di ottone degradanti, sonagli, grancassa, tamburo e piattini, bandisti fiacchi, e gonfia tori di corni da caccia, di tromboni, pettorute uniformi a coda di rondine. La sera si illumina con cento, mille lampioncini di carte e di vetro colorato … lumi, colori nella notte, centinaia di “fanòi”, ammassi di sarmenti, cannucce e scroppi in fiamme, il fumo denso e amaro dei fuochi crepitanti.

Millenovecentoventi, ritti sulle tolde dei traini, in camicia e panciotto, le lunghe boccate delle pipe bruciano gli origani. Tornano i mulattieri alle inzuppate verdure di monte. Sulla navicella dalle grandi ruote scrutano gli incendi alle boscaglie. Lenze scaraventate nel fiume d’aria, gli “scuriazzi” schioccano serenate. Ruotano i traini sulle rotabili alla fine del giorno per il rientro nei fiochi porti di città.

Millenovecentotrenta, dai vicoli strapieni di carte colorate nei timidi tepori delle zaffate d’aria, affollate di sole le vesti fiorate, per un antico principio esce dal Municipio il Capitano delle Guardie. “San Gerardo è protettore di Potenza generale” dondola nel sole con la fascia tricolore, e luccicano i rubini delle tiare.

Il fiore di ginestra spira dai colli di Giarrossa. Nel calpestio polveroso, subissato dall’antritaro, e dal vociare del gazzosaio, trionfale e ateo, vicino al cirriglio, si erge nodoso il palo della cuccagna. L’imbambolato fustagno porta la cantata nasale, la pazzia del divaricato gilet, la taranta dell’organetto, giallo, marrone e bleu, un malinconico velluto alla ventitré. È verde la montagna con le voglie di vino, trafelata di gioia, tra i tronchi della gloria, l’erbosa scarpate della guerra di brigata. Segnaletica degli incontri, le siepi sono intricati giochi d’amore. Sotto le pance dei balconi si consuma il sogno andaluso di Potenza.

Millenovecentotrentasei, i quattro angeli a cavallo sovrastano decine di uomini in bluse di seta rossa e calzini bianchi; hanno un panno annodato sulla nuca. La barca è affollata dai balilla che inneggiano al “Fascio” di spighe. Assente è il Gran Turco. Una carrozza da rimessa è trainata da una pariglia di cavalli. Il cocchiere e lo staffiere in nero, tuba, cravatta e guanti bianchi. Quattro giovinetti impalati sui cuscini agitano garofani a stelo lungo come torce.

Millenovecentoe … I pirotecnici magistrali disegnatori del fuoco, riempiono la nera notte con scenari di colori e detonazioni: le carcasse, le castagnole, le corone di luci folgoranti, le scritte e le comete esplodenti, gli sprazzi di scintille. La folla assorta con la testa in aria, in attesa: “passato lu sant passata la festa”.

Ma i fuochi sono la tradizionale baldoria del paese e del rione. Si stabiliscono gare tra i fuochisti di Tolve e di Laurenzana. L’uno vince l’altro per il finale assordante e per gli strappi di cielo che rintronano di paese in paese come le rivoluzioni che si consumano tracannando i bicchieri e il vento delle bestemmie spegne le candele dei santi.

Varcano il confine ad ogni esplosione, la corsa dei boati che si propagano nel cielo, fino a giungere lì dove c’è la fortuna, il pianeta invisibile della ricchezza. E dopo molte serate di fiaschi e fuochi partono per andare lì dove certamente l’amore si fa.

Ora le maschere sono un modo di esorcizzare le invasioni, le umiliazioni. Sono metafore dell’assedio il rovescio del potere, l’angustia delle leggi: perciò l’ebbrezza dei mulattieri e dei contadini; una serata di dominio. La città è in preda alle torce, al vino, al naso e agli zigomi paonazzi. I clown in divisa povera, nell’ira, hanno occupato la città.

Una rappresaglia per gioco …

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Sull' Autore

Quotidiano Online Iscrizione al Tribunale di Potenza N. 7/2011 dir.resp.: Rocco Rosa Online dal 22 Gennaio 2016 Con alcuni miei amici, tutti rigorosamente distanti dall'agone politico, ho deciso di far rivivere il giornale on line " talenti lucani", una iniziativa che a me sta a molto a cuore perchè ha tre scopi : rafforzare il peso dell'opinione pubblica, dare una vetrina ai giovani lucani che non riescono a veicolare la propria creatività e , terzo,fare un laboratorio di giornalismo on line.

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