Giustizia per Pluto

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Ciao Pluto,

come stai? Com’è il mondo dall’altra parte? Hai incontrato i tuoi amici? Si vive meglio oltre il ponte dell’arcobaleno vero? Non ci sta la cattiveria e la crudeltà che c’è su questo fazzoletto stropicciato che chiamiamo terra vero? Le tue ferite sono guarite, sia quelle fisiche che quelle dell’animo, lo so, ti vedo amico mio correre sereno finalmente!

Pluto sei un segugio, un cacciatore per pista da sangue, uno di quelli che fanno il lavoro sporco per i cacciatori, uno di quelli che darebbero la vita per il proprio compagno, e sei stato ripagato nel modo peggiore: l’abbandono e la morte poi, per mano di un essere che ha deciso di trascinarti per le vie di Fardella, legato al furgone.

La tua colpa? Essere entrato nel campo di questo individuo, probabilmente  alla ricerca di qualcosa da mangiare.

La rabbia è tanta e mettere ordine tra le emozioni che si susseguono è davvero impresa ardua.

Ammetto di non avere avuto il coraggio di vedere tutte le foto che ti sono state scattate, mi viene da piangere perché penso a cosa hai sofferto, al dolore, a quanto dolore il tuo corpo ha dovuto sopportare, bruciando sull’asfalto: quel corpicino magro, denutrito, Dio solo sa  quanto devi aver sperato che tutto finisse rapidamente, quanto devi esserti chiesto perché, che cosa avessi fatto!

Guardare i tuoi occhi nella foto che ti è stata scattata appena i cittadini di Fardella sono riusciti a fermare il furgoncino, è lacerante, nonostante tutto si può leggere paura (tanta), dolore, sofferenza…ma non cattiveria, non rabbia, no piccolo Pluto i tuoi occhi sono rimasti buoni, spauriti, ma buoni; la cattiveria e la rabbia sono sentimenti che non appartengono a voi,  voi siete anime nobili!

I tuoi guaiti silenziosi Pluto sono assordanti, io e tanti come me, li sentiamo forti  rimbombare nelle nostre orecchie e nei nostri cuori!

Tu lo sai, purtroppo hai trovato sul tuo cammino individui crudeli, meschini, violenti e subdoli, ma ci sta chi sta combattendo per te, perché tu abbia GIUSTIZIA, perché chi  ti ha osato violenza paghi.

Giustizia per Pluto, questa la pagina Facebook che è stata aperta da Fabiana Belmonte, Agnese Castelluccio e Monica Spataro, per far conoscere la tua storia, perché i riflettori non si spengano, perché tutti uniti si possa agire contro il mostro di Fardella; inoltre tante sono le associazioni interpellate che hanno dato il loro appoggio per intraprendere azioni legali : Legambiente Basilicata, ed a livello nazionale OIPA, ENPA, LAV, FAL, Verdi, Partito Animalista Italiano, Verdi Puglia, Lega Nazionale per la Difesa del Cane.

È difficile sai Plutino (uso un vezzeggiativo, spero non ti dispiaccia, ti avrei chiamato così se avessi saputo di te in altre circostanze) riuscire a frenare il desiderio di vendetta, ma è un sentiment che non possono e non devono prendere il sopravvento.

Conosco Fabiana, le altre guerriere non ho il piacere, ma sono “cazzute” ed incazzate   e stanno combattendo come leonesse per te, so per certo che  si fermeranno solo quando tu avrai avuto giustizia; in tanti stiamo appoggiando la loro causa e sono certa che tante voci compatte la spunteranno, l’eco della tua storia vibra nell’aria piccolo Pluto.

Quanto ti è accaduto, amico mio, porta alla luce, per l’ennesima volta, il problema del randagismo e dell’abbandono, nel tuo caso da parte di cacciatori (prassi comune se il cane è fatto vecchio o non è bravissimo durante le battute di caccia) e tu, ma purtroppo tanti cuccioli come te, non hanno la fortuna di essere salvati; io, ma non solo io, sono testimone di questo fenomeno e sono diventata, per mia immensa fortuna, la “mamma umana” di uno “scarto”.

Poche volte ho incontrato cacciatori con il cuore, perle rare per la mia esperienza, ma ci sono, solo che non era destino tu le incontrassi sul tuo percorso.

Ehi piccolo guerriero stai accanto alle ragazze e a quanti combattono per te, abbiamo tutti bisogno della tua forza e della tua dolcezza per ricordarci che dobbiamo ESSERE UMANI!

“Si può conoscere il cuore di un uomo già dal modo in cui egli tratta gli animali” I. Kant

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