In questa settimana per l’ennesima volta, la cronaca si è fatta carico di mostrarci il cortocircuito mai cessato nel mondo politico-giudiziario – mediatico. Il caso del sottosegretario alla giustizia DELMASTRO, che il GUP di Roma ha rinviato a giudizio per rivelazione del segreto d’ufficio, in opposizione di valutazione del GIP e del PM, impone la necessità di dover analizzare e valutare le ragioni che hanno determinato lo scontro tra i poteri. Ora al di là del merito, che è sempre un aspetto indispensabile da considerare, e che proverò nel seguito ad esplicitare, resta da valutare la condizione del mancato equilibrio tra i poteri che si è venuta a determinare. La democrazia esiste e vive quando i poteri che in essa agiscono sono in perfetto equilibrio. Questa condizione “virtuosa” di equilibrio, può però generare conflitti fra i poteri quando questi poteri rispondono alla logica della preminenza. Concettualmente parlando, qualsiasi sistema per essere perfettamente funzionante, necessita che al proprio interno le forze interagenti siano perfettamente definite nei propri valori e nella condizione di preminenza nel sistema, tanto da concorrere a generare un sistema funzionalmente armonioso. Anche nei sistemi democratici, quindi, questa regola deve trovare la sua applicazione perché una nazione governata democraticamente sia armoniosa nella sua funzionalità. Purtroppo in Italia questo non avviene, infatti, il potere legislativo e quello esecutivo che rappresentano delle forze interagenti del sistema, sono in conflitto da lungo tempo generando di conseguenza un cattivo funzionamento dell’intero sistema. Ora andando nel merito dei fatti, quello che emerge è che entrambi i protagonisti dell’evento hanno dimostrato assenza di sensibilità e opportunità nel loro agire. La politica, e nello specifico la sinistra, andando a visitare un detenuto al 41 bis, mentre erano in corso accesi dibattiti sul personaggio e sulle implicazioni della legge a cui era sottoposto, ha ignorato il significato e la valenza che di essa si poteva dare, in quel preciso momento, e cioè quella della solidarietà. La destra di conseguenza non ha mancato di sfruttare l’evento, condannando la visita, di cui ha avuto notizia, la sinistra di rimando ha denunciato il presunto modo improprio attraverso il quale, la destra ha avuto la notizia. La magistratura interessata dall’evento, ha dichiarato attraverso IL PM e il GIP che il modo di conoscenza non ha prodotto lesione di legalità. Il tutto quindi si sarebbe potuto chiudere qui senza ulteriori strascici. Invece il CUP, in ragione delle sue prerogative ha deciso, in opposizione di valutazione con le altre figure giudiziarie presenti nel processo, di rinviare a giudizio il sottosegretario DELMASTRO, per il reato di rivelazione del segreto d’ufficio. Questo passaggio benché previsto dalle procedure legali, non esclude le sempre possibili considerazioni che ognuno può fare della decisione assunta. Sono queste considerazioni che se non valutate con sensibilità e opportunità pure nella obbligata condizione dell’applicazione della legge, finiscono poi per collocarsi in un contesto di scontro fra la parti.
IL CASO DELMASTRO E LA TEORIA DELL’EQUILIBRIO
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