
PATRIZIA BARRESE
L’esame di maturità si avvicina per molti studenti, una tappa fondamentale della vita perché l’esame di stato è la fine di un percorso ma rappresenta l’apertura di una nuova porta, fragile e determinante da attraversare: decidere della scelta universitaria e del futuro lavorativo ad essa associato, scelte ardue di cui non è possibile sottovalutare l’importanza. La strada da intraprendere per costruire il proprio futuro rappresenta un limbo fatto di smarrimento e complessità.
I dati confermano che sono pochi gli studenti con le idee chiare, per svariati motivi, vedi la complessità di informazioni spesso di ardua comprensione, l’incertezza del futuro, il timore di sbagliare. Ad aggravare scelta e indecisione si unisce l’esito di test che evidenziano una preparazione non sempre adeguata e si dirottano i propri interessi su facoltà di ripiego che durano lustri che risulteranno fallimentari. Spesso la scelta è il risultato di un condizionamento non commisurato alle proprie attitudini per seguire i compagni e condividere i primi esami o seguire il parere non sempre ponderato della famiglia con risultati e problemi psicologici devastanti che segnano l’intera vita, magari optando in seguito su un lavoro mai desiderato.
La scuola, dunque, rappresenta un ponte da attraversare per iniziare a costruire il futuro in sede e spesso fuori sede. L’espressione studente fuori sede evoca immagini bucoliche e apocalittiche in tutte le matricole universitarie che devono superare lo scoglio della convivenza e ancor più lo scoglio del feeling mancato tra coinquilini sconosciuti, con il dramma di trovare una stanza a prezzi modici, in sedi universitarie per antonomasia rinomate ma con un caro vita superiore alla norma. Addentrarsi nei salassi degli appartamenti mette in luce il divario sempre esistente tra settentrione e meridione d’Italia, e partendo dall’assunto che al nord il costo della vita sia più caro rispetto che al sud, un dato di fatto è certo…se per uno studente di Potenza condividere con 4 studenti o lavoratori una stanza in appartamento in condominio rappresenta una spesa di circa 400 euro mensili, a Milano una stanza in zona strategica dal centro e dalle sedi universitarie in appartamento “finemente arredato” e con ben 9 coinquilini raggiunge i 940 euro, utenze escluse.
Un gap eclatante per uno studente privo di stipendio che forse cerca di barcamenarsi con lavori part-time per contribuire alle spese familiari, inverosimile poi pensare ad un docente che, sebbene con stipendio troppo basso, rapportato agli impegni da assolvere, persino lo stesso ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha proposto di adattare i salari dei professori al costo della vita nelle diverse regioni italiane. Il contratto nazionale collettivo non si tocca, ma sebbene i prezzi di alcuni singoli beni sono più alti nel Mezzogiorno, una tazzina di caffè ad esempio, il caso affitti impatta in modo rilevante sui bilanci familiari. Dopo i diciottanni dunque maggiore età, maggiore libertà, ma anche maggiori responsabilità e consapevolezza oltre alle spese della vita da affrontare. Nascono blog dedicati alla figura dello studente fuori sede che fa incrementare gli incassi del mercato dei salassi legato allo studio: privati, collegi, studentati e agenzie navigano in acque serene con annunci su Internet e contratti che partono ancor prima dell’inizio delle lezioni e che attirano valanghe di richieste. Negli ultimi anni della pandemia, che ha costretto in casa a seguire in DAD le lezioni, il tracollo maggiore è stato quello vissuto in termini di socialità, obbligatoriamente sacrificata, con l’impatto psicologico negativo che ancora dilaga e con il malcontento economico vissuto dai locatari.
Oggi il caro affitti sta inducendo a riflettere sulle agevolazioni, in termini di spese da fuorisede, che possono essere dimezzate anche scegliendo corsi di laurea a distanza che pullulano e allettano con proposte personalizzate, corsi pensati per andare incontro alle esigenze del lavoro e in base alle professioni più ricercate dalle aziende ed esami per così dire…comperati a proprie spese. Ora più che mai, alla luce di quanto sta accadendo in numerose città, il moltiplicarsi delle tende impiantate dagli studenti davanti alle sedi universitarie è diventato il simbolo della protesta non solo contro il mantenimento e le tasse esose in città diverse dalla propria, ma è ciò che causa il deperimento di legami e la lontananza dalla propria famiglia, contatti sempre più virtuali vissuti attraverso Whatsapp o Skype. Forse bisogna leggere il reale significato degli studenti accampati, l’immagine della fragilità, e pensare alla protesta con la precarietà delle loro certezze – l’università garantisce il lavoro sperato? – unite all’incertezza di un futuro economico in un contesto sociale spesso privo di valori che non può esaudire i desideri sperati e neppure ha tempo di ascoltare le altrui domande: ciò che conta è l’esperienza o l’inesperienza alla mano, i miraggi illusori sono effetti nel deserto, non della società “del tempo determinato” che ci circonda.
Tuttavia, malgrado prezzi o accampamenti di emergenza, laddove la famiglia riesce a sostenere le spese, la stragrande maggioranza dei giovani universitari non rinuncia all’appellativo di studente fuori sede per sperimentare una cucina stentata e valigie da fare e disfare, e assistere da anni all’esodo dei giovani “migranti” dal Sud a favore del Nord non è una novità. La fuga di cervelli e di competenze contribuiscono allo spopolamento del Meridione sempre più spogliato non solo demograficamente ma anche delle sue risorse umane più qualificate che si aprono a livello lavorativo. Coloro che rimangono, per necessità o per scelta, fortunatamente possono godere altrettanto della didattica presso gli atenei meridionali, quali quello di Basilicata, che possiede ottimi docenti, più che qualificati.
Per contrastare lo spopolamento in atto? Ripetere quanto già consolidato – repetita iuvant – “incentivare le risorse del territorio” auspicando che sappiano garantire un futuro ai giovani che dalle “tende” allestite contro il caro affitti, protestano per poter realizzare il proprio domani, perché l’università non è un parcheggio per accampati privi di futuro. Forse nel ventaglio delle facoltà più innovative si assisterà al nascere di corsi quinquennali di disoccupazione, di lavoro precario e corsi di sopravvivenza per il mancato rinnovo del contratto di lavoro, ma è bene non dimenticare che fra il valore di una laurea e quello di un bene immobiliare la differenza è considerevole: la laurea genera un reddito per il futuro e il rendimento di quello che si investe sull’educazione non è paragonabile.