di Teri Volini
Compare il 25 maggio sul quotidiano Repubblica un articolo dal titolo “calano i contagi, vaccino a rischio”. Si tratta delle dichiarazioni dello scienziato di Oxford, quello che sta lavorando per il vaccino contro il virus. Asserisce che: “Se il corona virus scompare, non riusciremo a testare il vaccino”. “Al momento (riguardo al vaccino) esiste un 50 % di possibilità che non lo otteniamo affatto”
Sono sicura che, a chiunque ne abbia sulla testa, si rizzerebbero di colpo i capelli, di fronte a una simile affermazione: sconcertante, se non fosse scioccante, come vedere un povero folle che gira su se stesso per strada, dando i numeri: ma in questo caso si tratta di Adrian Hill, uno scienziato accreditato, che, persa ogni decenza – grazie all’ impunità che sa di avere per aver ricevuto un simile tale incarico – e aderendo in pieno all’impostazione dei suoi autorevoli committenti, si spoglia d’ogni senso del pudore e della realtà, e se n’esce con questa affermazione drammaticamente farsesca, che suona come l’augurarsi che il cancro non scompaia prima che ne scopriamo la cura!
Sul giornale Repubblica, un top del mainstream italiano, lo “scienziato” spiega di seguito che – sempre riguardo al vaccino – invece di 2 mesi, ne potrebbero occorre 6, e, paventando il rischio di non riuscire a scoprirlo, né tantomeno a produrlo, continua impavido, senza accorgersi di essere ormai in mutande – o forse senza – di fronte al mondo che ne legge le deliranti parole: “è una corsa contro il tempo e contro il rischio che il virus scompaia”. “ Siamo arrivati a sperare che il virus resti almeno ancora un po’
(at least for a little while)”.
SI tratta de “Il paradosso dei paradossi”, afferma il filosofo Diego Fusaro in un suo video, citando le parole di Hill e commentandole amaramente: “la realtà supera la peggiore fantasia orwelliana”.
Non è più il vaccino ad essere funzionale alla malattia, ma la malattia funzionale al vaccino: “ Quindi la pandemia esiste perché dobbiamo trovare il vaccino!”
“Non è un bene che il virus scompaia”, perché “serve” al simpatico scienziato e ai suoi committenti che ci siano ancora per un po’, almeno dei malati da usare come cavie.
Repubblica – che secondo la pubblicità martellante post task force dovrebbe essere tra i media qualificati e seri, a cui dovremmo “affidarci” per conoscere notizie veritiere, diffidando di tutti coloro che propagano opinioni alternative, che , “com’è noto”, sono tutte menzogne – si offre a questa significativa figuraccia.
D’altra parte il giornale non è nuovo a questo genere di cose, avendo addirittura provveduto, qualche tempo fa, alla pubblicazione di un falso confezionato ad hoc, poi sbugiardato a suo discredito: è il caso Cunial, in cui con un’aggiustatina riposizionante delle parole pronunciate in parlamento nell’intervento del 14 maggio, si faceva intendere che la parlamentare avesse attribuito parole offensive al presidente Mattarella (mentre la stessa si riferiva al precedente “pluripresidente” Napolitano), e, allo stesso, la pandemia come suo requisito, mentre per Cunial era la pandemia a rappresentare la conseguenza del dogmatismo scientifico.
Com’è facile cambiare le carte in tavola! Solo che non è corretto e nel caso della stampa, è sicuramente immorale: ma specie in questi ultimi tempi non ci si fa scrupolo di aderire a tale modalità, e non solo nei siti o nei video dei Debunkers, gli smantellatori, detti anche, a piacere, Fake Hunters.
Ma questo è un discorso a venire, che merita uno spazio tutto suo.