Il PD tenta di riavviare la partecipazione di iscritti e cittadini, attraverso il ricorso alle agorà, il simbolo universale di democrazia che la storia ci ha tramandato. l’idea del nuovo segretario Letta è una ripartenza nel segno di un ritorno all’antico, le riunioni, le discussioni, il polso della gente. Come si fa dire che è sbagliato un tentativo del genere? Si può però dubitare che abbia successo perchè la voglia di partecipare del popolo si scontra con la diffidenza verso un partito che si ripresenta al suo elettorato senza segni reali nè di pentimento nè di cambiamento, come chi voglia limitarsi a dare un nome nuovo ad una vecchia ditta, oppure a trasformare quella che era una Spa in una società in nome collettivo che salvi il patrimonio rimasto. La verità è che i giovani di questo partito non si fanno sentire e accettano passivamente un correntismo nazionale che è solamente funzionale al mantenimento del vertice. Si può capire l’entusiasmo e la buona volontà di Roberto Cifarelli nel salutare questa iniziativa in basilicata come il primo segnale di un rinnovamento, ma come primo segnale è un pò debole, perchè si parla della transizione ecologica mentre si dovrebbe anteporre la discussione sulla transizione generazionale nel partito, senza della quale non si va da nessuna parte.. Riaccendere l’entusiasmo senza un minimo di feeling che derivi da fatti e atti veri di rinnovamento, è come pensare di accendere una lampadina “fulminata”. E dunque c’è il pericolo reale che , persistendo questa strategia di faticosa mediazione tra i capicorrente, senza un congresso vero e feroce che porti alla identificazione di chi comanda e in nome di che cosa , alla fine non si riesca nemmeno a mantenere quel poco di patrimonio umano che è rimasto, che rischia seriamente di essere intaccato dalla competizione con la nuova guida dei 5 stelle che già sta dimostrando di saper portare i giovani in piazza. E dunque c’è bisogno di un segnale preciso da parte dei giovani, che non sia quello di andarsi ad accucciare dietro i notabili di turno, ma di avviare un sincero, doloroso scontro generazionale, come è sempre avvenuto nei partiti che hanno finito col fondersi nel pd , in una ammucchiata senza identità e con l’obbligo di sudditanza verso chi provvisoriamente è al comando. Nella Dc, tanto per parlare della storia, ogni dieci anni c ‘era una profonda lotta generazionale, con i quarantenni/ cinquantenni che venivano avanti travolgendo ogni espressione di conservazione. Qui si vorrebbe vincere senza sparare un colpo, ma con accordi sottobanco. Un vizio proprio di chi dirige una impresa societaria e non un partito. E dunque se proprio l’agorà che si apre in Basilicata deve essere salutata come un fatto nuovo, allora è necessario che non sia l’ennesima passerella dei vertici, ma l’inizio di una discussione congressuale che sia b asata su due punti: rinnovamento negli uomini e recupero di una identità regionale con l’auitonomia nelle scelte che riguardano la Basilicata, le alleanze, i candidati e i rappresentanti nelle istituzionii. Cone la Fenice un partito può risorgere dalle ceneri, ma deve dimostrare da subito di saper volare , rifiutando le gabbie e i condizionamenti romani. Si parta dalla specificità, dalla autodeterminazione e dall’autonomia, e le si mettano al centro di un congresso vero capace di declinare in tutte le forme il concetto di rinnovamento . Utopia? Si, se il silenzio delle nuove generazioni continua assordante e preoccupante su questo tema della ripresa della Politica come servizio per la collettività. Rocco Rosa
Bandiere durante l'intervento del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, durante la chiusura della campagna elettorale del PD, a Piazza del Popolo a Roma 22 maggio 2014. ANSA/CLAUDIO ONORATI
LE AGORA’ , IL PD E IL RICAMBIO ACCANTONATO
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