di Teri Volini*
“La bellezza della nostra Terra vista dallo spazio è quella di un’oasi nel deserto”
Fu l’italiano Luca Parmitano a dirlo, a seguito della sua missione spaziale del 2014 sicuramente la sua fu una visione unica. Dobbiamo però ammettere che una simile, straordinaria bellezza è offuscata dalla realtà dei fatti, se osservati solo un po’ più da vicino: quella stessa Terra che ha il privilegio di essere – parole dell’astronauta – l’unico pianeta che dà sostegno alla vita, viene senza tregua violentata e distrutta.
È arcinoto lo stato di degrado in cui esso si ritrova, e mentre ci si vanta di un “progresso” che farebbe passi da gigante in tutti i campi, nella realtà si verifica un arretramento generale dello stato di salute dei territori e della gente che li abita.
La deriva ecologica maggiore si riscontra nei paesi convertitisi alla “crescita” e all’industrializzazione spinta, specie Cina, India etc., che peraltro seguono l’esempio non proprio virtuoso delle nazioni occidentali.
Un paradosso pericoloso
La situazione è pericolosamente squilibrata e fuori controllo. Il paradosso – quasi un ossimoro – sviluppo/dissesto non è facile da spiegare in poche righe, per la complessità delle motivazioni: va tuttavia sottolineato che, alla base, è proprio un malinteso senso del progresso a creare disastri.
Il progresso dovrebbe valere per ogni situazione, espandersi a raggiera, cominciando dal rispetto dei valori fondamentali per il buon vivere; essere omnicomprensivo, curare tutti i campi e non la sola parte basata sulla tecnologia e sull’interesse economico. Far prevalere le ragioni finanziarie e tecnologiche su quelle etiche ed ecologiche, salvaguardanti il pianeta e i suoi abitanti, umani e non umani, porta a scelte sconsiderate e dalle tragiche conseguenze. Ed è la Terra intera ad essere coinvolta.
Un campione poco apprezzabile
Da parte sua, la Basilicata sembra fare “del suo meglio” per essere il modello di una situazione critica: invece di salvaguardare con saggezza le sue risorse naturali, in passato intatte ed apprezzate – aria, acqua, frutti della terra. foreste, paesaggi naturali eccetera – sembra avere sdoganato la gara alla disfatta, di cui le stesse vittime sembrano o inconsapevoli o masochisticamente conniventi.
Vengono accettate senza batter ciglio proposte e promesse dei trivellatori ad oltranza, che continuano a chiedere e ad ottenere permessi estrattivi nel già oltraggiato territorio, comportandosi come dei vampiri: quel che è peggio, con l’assenso degli stessi vampirizzati.
Eppure basterebbe guardarsi intorno, per osservare i cambiamenti ambientali e climatici, la mortificazione del paesaggio, la sparizione degli insetti e dei piccoli animali (i primi a morire soffocati per le esalazioni dannose; fare un giro negli ospedali, registrare l’aumento degli accertamenti, esaminare i registri tumorali, verificare le malattie collegate all’inquinamento già in essere, e proiettare il tutto nel futuro. È matematico, ma la logica, in quel campo primario, proprio non vuol essere messa in funzione.
Disonore e priorità
Si continua a farneticare di posti di lavoro in cambio dell’avvelenamento dei luoghi, invece di pensare a delle alternative compatibili e prioritariamente non venefiche. O forse gli inquinatori e i loro sostenitori immaginano di potersi trasferire su un altro pianeta? Se ciò fosse possibile, codesti individui riuscirebbero in poco tempo – data l’ottima esperienza fatta su questo pianeta – a portare anche quello alla rovina… Ipotesi spaziali a parte, se non si cambia rotta, povera Terra nostra e povero pianeta, disonorato dai suoi stolti e ingrati ospiti.
* Teri Volini, artista biofila, eco tuner, ricercatrice