DI LEONARDO PISANI
Che bella quell’estate del 1984, avevo finito il IV ginnasio e per la prima volta andavo in vacanza da solo, o meglio in compagnia. Era agosto, destinazione Cilento, con quel lento trenino della Calabro Lucana, prima a Potenza, poi le F. S. fino a Battipaglia altro cambio e poi destinazione Capitello. Giornate passate tra spiaggia, chitarra e canti, nuotate e scacchi. Ma anche Olimpiadi, ebbene sì; erano le Olimpiadi del nostro corregionale Donato Sabia, talentuoso mezzofondista, che ora corre lassù in qualche parte del Cielo, se esiste un Paradiso degli atleti, Donato è lì: uomo dall’etica cristallina, fair play e anti doping. Donato non fu fortunato a Los Angeles e non lo è stato nella vita, ci ha lasciato prematuramente per colpa del Covid. Los Angeles 84 furono le Olimpiadi del fenomeno Moses nella corsa ad ostacoli, le Olimpiadi del “Figlio del Vento” Carl Lewis , con i suoi 4 ori eguagliò Jesse Owens. Los Angeles 1984 fu anche l’impresa di Nawal El Moutawakel, medaglia d’oro del Marocco, la prima medaglia di un’atleta africana e la prima medaglia di una donna musulmana ai Giochi olimpici. Però per noi italiani furono le Olimpiadi di “Pollicino Maenza” grande piccolo lottatore, del grido apotropaico di Paolo Rosi , entrato nell’immaginario collettivo del Bel Paese, un’indimenticabile telecronaca con quel nome ripetuto 7 volte sin al traguardo per l’oro nei 10mila metri: “COVA, COVA, COOVA, COOOVAAA, COVAAAAA, COVAAAAA, COOOOVVAAAAA”. Per me quell’estate 1984, fu anche la scoperta di Boxe Ring, gloriosa rivista diretta da Roberto Fazi, trovata per caso in edicola con la copertina dedicata a Gianfranco Rosi e del mio primo libro su Carnera. Eravamo al mare, però non mi persi le gare della Noble Art: volevo vedere Francescone Damiani, vendicarsi dell’ingiusta sconfitta patita da Tyrell Biggs ai Mondiali e vederlo con l’oro, così per Casamonica, Luciano Bruno, Todisco , Musone e Cruciani. Poi c’era lui, il piccolo peso gallo d’Oro, lo stratega romagnolo del ring, che rasentava l’imbattibilità. Aveva vinto tutto ed era lui l’uomo da battere, anzi il ragazzo da battere, fresco dei suoi 21 anni. Sembrava fosse segnato dal destino: l’oro era suo. Lui che a soli 13 anni aveva imparato la Noble Art in una palestra vicino a chi a Los Angeles aveva vinto ben 3 ori. Maurizio Stecca ha imparato il pugilato a pochi metri dalla palestra di Romeo Neri che fu velocista, ginnasta e allenatore ma soprattutto tre volte campione olimpico proprio nella città californiana nel concorso generale individuale, alle parallele e in quello a squadre . Maurizio Stecca diede spettacolo di tecnica, velocità e intelligenza, sovrastò i suoi avversari: Philippe Sutcliffe; Star Zulu; Robinson Pitalu; Pedro Nolasco che poi sconfisse da professionista per il mondiale Wbo e il messicano Héctor López, destinato a una gran carriera nei professionisti. L’olimpiade di Stecca fu vera poesia della Noble Art; un fraseggio armonico di sinistri precisi quasi un Mozart della Noble Art, doppiati da diretti degni del fioretto di Nedo Nadi, La pensò così anche Muhammad Alì che si complimentò con il romagnolo per la sua tecnica e gli predisse un futuro dei prof. Lo stesso parere lo diede il “Meraviglioso” Marvin Hagler. Era il 12 agosto 1984, dopo 40 anni Maurizio Stecca ci parla della sua Olimpiade.
Maurizio Stecca, Los Angeles 1984, delle Olimpiadi entrate nel mito con le imprese del “Figlio del Vento” Carl Lewis, che emulò Jesse Owens vincendo quattro ori nell’atletica (100, 200, lungo e staffetta 4×100), del Basket stellare di Michael Jordan, ma anche le Olimpiadi di Maurizio Stecca, con un Oro stratosferico ma non era affatto scontato…
Los Angeles 84, vivere nel villaggio olimpico è stato bellissimo, vi regnava una grande armonia tra noi atleti perchè vivevamo tutti assieme, ci salutavamo, scherzavamo tra noi, sorrisi anche a chi non conoscevamo poiché non c’era sorta di differenza tra noi. C’era Carl Lewis, come c’erano i vari Sebino Nela, Ferri e Zenga della nazionale di calcio olimpica. In quel contesto tutto America, tutto californiano, dove tutto era grande e enorme, ma dove tutti a partire dai campioni dell’atletica Usa a quelli dell’Italia, ai tiratori a piattello, erano uguali e si trascorreva le giornate assieme.
Anni fa sono stato per qualche giorno a Sant’Arcangelo di Romagna, ho fatto un giro a piedi, ho ammirato il borgo vecchio, la Rocca Malatestiana e notai, una piccola palestra, quasi anonima e pensai: questa cittadina di provincia ha dato i natali a due grandi pugili e in pochi km ne sono nati altri e tutti devono qualcosa alla Polisportiva Libertas Rimini di Elio Ghelfi.
La mia Sant’Arcangelo di Romagna, dove sono nato. Un bel paese con una bella rocca e una fortezza che sovrasta tutto il borgo. Lì sono nato ma poi siamo andati a vivere a Rimini, e mi sono allenato in una palestra vicino lo stadio di calcio dedicato a Romeo neri, sotto le tribune centrali c’era una palestra di pugilato, esistente già prima della guerra e una gloriosa palestra di ginnastica dedicata a un grande della ginnasta italiano Romeo Neri, vincitore di tre ori olimpici proprio a Los Angeles nel 1932. Lì ho iniziato a 13 anni i primi passi nella boxe grazie a mio fratello Loris. A Rimini la nostra vita si è incrociata con il maestro Elio Ghlefi, il nostro grande allenatore per tutta la nostra carriera che divenne un secondo padre per me e Loris.
Pugile per caso, possiamo dirlo a un certo punto hai rasentato l’imbattibilità, tanto da non partecipare ai campionati italiani per non fare terra bruciata. Hai vinto campionato europeo juniores Coppa del Mondo, Campionati Mondiali Militari, Le Olimpiadi. Solo Talento? Anche un pizzico di fortuna? Un maestro eccezionale? O tutto questo? Per me la fortuna qui conta poco…
Pugile per caso no, questo no.. Per me è impossibile. Certo ho iniziato a 13 anni, ma dopo 3 mesi ero già pronto: ogni cosa che il maestro Ghelfi mi diceva, la memorizzavo subito ed ero capace di eseguirla subito. Infatti dopo pochi mesi divenni campione italiano novizi a soli quindici anni nella categoria minimosca battendo Strizzi sul ring di Termoli. Poi ho vinto il titolo italiano dilettanti prima serie nel 1979, 1980 e 1981 . poi nel 1982 da militare ho vinto i campionati mondiali e l’anno dopo la Coppa del Mondo, ho rinunciato a disputare i campionati italiani, anche se ero obbligato a farlo, ma ho preferito lasciare la possibilità del titolo ad altri, essendo io già in nazionale e poi se arrivavano altri pugili. Poi si vedeva chi doveva andare ai tornai internazionali… Comunque hai ragione Leonardo, la fortuna come dici tu conta poco, perché dipende dai nostri sacrifici, dal talento e dall’impegno personale
Campione, ho rivisto il tuo record da professionista ed ho travato che anche da neo prof hai subito affrontato pugili forti come John Feeney o Julian Solis e sei andato a prenderti anche i titoli europei fuori casa battendo gente dura come Herve Jacob o l’ex mondiale Fabrice Benichou, hai qualche rimpianto?
Passai professionista subito dopo le Olimpiadi del 1984 e la carriera sicuramente è stata organizzata bene perchè i miei allenatori e manager, essendo campione olimpico, sapevano che avevo una carriera pronta da programmare ma non certo “pagata” .. . truccata, semplicemente avevo le carte in regola per raggiungere presto i veri obiettivi come il titolo italiano, l’europeo e così via. I miei primi incontri sono stati contro avversari non facili ma battibili, ma ripeto non facili. Certo, dovevo fare esperienza, ma dopo 10 incontri ero già pronto per incontro con il titolo in palio e ho potuto affrontare pugili forti come Feeney, come il talentuoso Julian Solis o per l’europeo contro un ex campione mondiale come Benichou, che lo sai bene Leonardo, non era certo uno sparring partner o un avversario materasso; così come sono andato a conquistare i miei titoli europei all’estero, ho fatto 6 campionati del mondo e 4 titoli Europei tutti in Francia. Ho finito con la ciliegina sulla torta, conquistando il titolo italiano dei superpiuma contro Athos Menagola nel mio ultimo incontro. Non mi sono mai tirato indietro, pensa 4 campionati di Europa in Francia, non è da tutti. Non mi sono mai tirato indietro nelle sfide, perché il pugilato fatto con passione e serietà di porta a questo
Maurizio sei diventato un maestro di pugilato, un bravissimo allenatore, caratterista non scontata per un ex pugile, molti restano anche boxer quando insegnano e non rendono bene. Chi ti conosce mi ha detto: Maurizio Stecca è un formidabile uomo d’angolo, legge gli incontri e trova la chiave per fa vincere i suoi atleti. Ti ritrovi?
Dopo il ritiro dal ring sono stato in stand by per circa un anno, Non nego che sono andato anche in depressione, perché dopo una vita per il pugilato e con il pugilato, dal 1978 al 1996, senza vacanze, se non per pochi giorni, perché ero sempre in palestra ad allenarmi e a tenermi sempre in forma. Il pugilato mi mancava . Del resto da questo avevo ottenuto tanto e era giusto dare qualcosa agli altri, quindi ho deciso di diventare allenatore: mi hanno detto che ci volano i corsi, che bisognava studiare. Bene, ho frequentato i corsi, mi sono messo a studiare, ho fatto la gavetta nei vari gradi, da aiutante istruttore, a istruttore e così via. Non ho mai insegnato il mio pugilato, perché era il mio “pugilato”, adatto a Maurizio stecca, adatto al mio fisico e alle mie caratteri che di intuizione sia tattica e tecnica, sia psicologica: spesso conoscevo già il mio avversario, prima di averlo sul ring. Ho fatto sacrifici, una gavetta dura per diventare un allenatore: sono stato in nazionale collaborando con Patrizio Oliva dal 1997 al 2000, praticamente dal periodo intercorreva dalle Olimpiadi di Atlanta a Sidney e ho collaborato i Biagio Zurlo, Ora, eccomi qui sono 26 anni che sto nella boxe come maestro e istruttore. Si, vero Leonardo, riesco a leggere gli incontri, li ho quasi sempre indovinati tutti, Ne ho sbagliati pochi e non è facile perché devi entrare nella mentalità dell’avversario, entrare anche mentalità dei giudici Non è facile, infatti troppi pensano solo all’allievo e osservano poco l’avversario. Invece, osservare come si muove, come tira i colpi, come boxa, se tira di rimessa oppure è un attaccante. Bisogna capire ogni particolare perché più conosci le sue caratteristiche, più hai le possibilità di sconfiggerlo e portare a casa il risultato Se porto un imo allievo a combattere, so già che devo fargli fare; ti confido che a volte mi basta dire due o tre suggerimenti per portare a casa l’incontro.
Maurizio, il pugilato italiano è in crisi, tra breve finirà anche l’ attenzione dei media per le vicende delle Olimpiadi e la boxe nostrana sarà quasi dimenticata dai media nazionali. Eppure le palestre sono piene, ci sono molti amatori e tanti agonisti, anche professionisti ma qualcosa non va. Un tempo a bordo ring trovavi attori e attrici, scrittori, politici assieme ad appassionati di ogni fascia sociale. Oggi no, tranne eccezioni, quasi il deserto. Che bisogna fare?
Il pugilato italiano è in crisi, inutile mentire. Pensa negli anni 80’ erravano decine di pugili professionisti che potevano competere per i mondiali e gli europei: i fratelli Stecca, Patrizio Oliva, Kalambay, Gianfranco Rosi, Valerio Nati, Luigi Minchillo, Vincenzo Belcastro, solo per citare qualcuno. C’erano le grandi dirette televisive con la Rai che seguiva la colonia di Rocco Agostino e i titoli italiani o europei e Mediaset che seguita ogni riunione della nostra, la Totip. Mi ricordo al Grane Boxe di Rino Tommasi, al giovedì e i vari gruppi della nostra colonia Totip da Garbagnate o Rimini, avevano i collegamenti con la trasmissione. Tra altro le riunioni erano in seconda serata sia in Rai che in Mediaset con milioni di spettatori e non a tarda notte come ora. Poi i grandi telecronisti: Tommasi, Ligas, Rosi, Mattioli, Torromeo e tanti altri. Era il periodo dei grandi sponsor con La Totip, La Fernet Branca, Le Cucine Berloni e i grandi manager e organizzatori Rocco Agostino , Umberto e Giovanni Branchini, Gresta, Spagnoli, Sabatini , la signora Rosanna Conti Cavini e Elio Cotena, solo per citare qualche nome. Pensa ai miei incontri a bordo ring c’era la squadra del Milan con Arrigo Sacchi, venivano a bordo ring Silvio e Piersilvio Berlusconi,. Mi ricordo che alle Olimpiadi di Los Angeles, ho avuto a bordo ring Muhammad Alì e Jack Nicholson … Tanti altri attori , venivano perché il pugilato attirava pubblico. Il punto è se hai campioni e li tratti bene, il ritorno sotto tutti gli aspetti li hai. Purtroppo da un poì a livello olimpionico non arrivano le medaglie, come successo a Parigi 2024. Non so quale siamo le cause, possono esserne tante però è il dato di fatto. Forse stanno troppo bene, troppo benessere e hanno tutto, quindi forse il vero sacrificio per ottenere una medaglia non lo conoscono. Ora sembra tutta immagine, tutto sui social: ora molti atleti preferiscono fare cose dire cose strane a uso dei social network, Però dico solo una cosa e la rimarco : l’educazione l’etica nello sport deve essere la prima cosa, alle Olimpiadi come in ogni manifestazione sportiva, anche al minore. La prima cosa: rispetto dell’avversario.
Chiesero a Umberto Branchini quando vedremo un nuovo Maurizio Stecca e il Cardinale rispose “Temo che non vivrò per poterlo sapere”. Che ricordo hai del tuo manager e diciamoli: del più grande manager della storia del pugilato italiano.
Umberto Branchini e che dire del più grande manager italiano della storia del pugilato. Come lui diceva che non ci sarà più un Maurizio Stecca nel pugilato del Bel Paese, anche io dico non ci sarà più un Umberto, Un Giovanni, non ci sarà più qualcuno come la famiglia Branchini nel pugilato. Però spero che arriveranno altri Stecca e Branchini è, perché la Noble Art in Italia ne ha necessità, Ci sarebbero molti input in più alla nostra attività. Sai, cito sempre i miei manager, perché i Branchini seguivano tutta la nostra carriera, nel dettaglio e si preoccupavano anche di noi oltre l’attività pugilistica con professionalità, umanità ma anche rigore.
FINALE OLIMPICA LOS ANGELES 1984