
LUCIO TUFANO
Nocte vagae ferimur, nox clausas liberat umbras
(Properzio)
Nocturnos Lemures, portentaque Thessala rides?
(Orazio)
Albero genealogico e segnaletica della paura
Gorgo che si muove, avviluppa, s’irrigidisce, s’allenta, vortice che trascina, voragine che ingoia, abisso senza fondo, marasma, la Gorgone è la testa ripugnante che scatta e cammina.
È capovolta, ruota con gli occhi sbarrati, l’orbita stravolta, atterritrice atterrita. Striscia sul territorio dando il guasto alla campagna.
Proviene dalle tenebre, sciorina i crini vivi che solleva dagli antri, dalle zone d’ombra che ha visitato, madre matrigna che grida e sogghigna.
Vi si sono insediati tutti i rettili della preistoria, il cespuglio delle tirannidi.
Cupa oppressione dalle orride fauci, dilaga, espande artigli e ali, zanne sputa veleni, anguichioma a ventosa. Proviene dai confini dell’universo, dal regno dei morti. Triade di teste orrende che traduce le istantanee di pietra sul ciglio dei sentieri, nell’intrigo dei canali, nei corridoi delle spelonche, nei ventricoli fitti dei labirinti, nelle porte che si aprono alle nere latebre. Un raggio laser rompe i vasi di lacrimazione pietrificati nell’occhio vitreo dello sgomento.
Aténa inferocita, sapiente attentatrice di crudeltà, efferato raziocinio dell’ossesso, emozione che punisce e lega le viscere, cui giungono le suppliche a perdonare ogni colpa e a trasformare le Erinni in Eumenidi.
Ventre buio che brucia o raggela, fa da sfondo alla tragedia, alla trilogia dell’angoscia, ira che si sprigiona, ha immediato bisogno di un’operazione ermeneufica, catartica, che commuova i tiranni, che ammonisca dalle passioni, che attenui i livori delle persecuzioni.
Per sconfiggere o attenuare l’incubo dell’esistenza e il terrore della vendetta occulta del destino, le risorse divinatorie ricorrono all’ebbrezza di Dionisio e al sogno d’Apollo.
Nasce la tragedia dal pessimismo della forza, da un’inclinazione intellettuale per tutto ciò che nell’esistenza è duro, raccapricciante, malvagio e problematico. È forse una sperimentante prodezza dello sguardo più acuto, che anela al terribile, al nemico, su cui può provare la sua forza e da cui vuole apprendere che cosa sia “Ia paura”.
Il grado della paura si accentua nella colpevolezza e nella certezza di espiare le maledizioni incomprensibili: il peccato originale e l’errore incombono sugli umani. Pessimismo della forza, “voluptas” di tutto ciò che nell’esistenza è severo ed atroce, enigmatico, distruttivo e fatale, pathos orribile su cui gioca il cinismo degli dei, l’odio contro gli eroi dalle temerarie prodezze.
L’enorme diffidenza verso le forze titaniche della natura, le Moire spietatamente troneggianti su tutte le conoscenze, l’avvoltoio del grande amico degli uomini Prometeo, il destino orrendo del saggio Edipo, la maledizione della stirpe degli Atridi, costituiscono la potenza irresistibile che domina su tutte le cose, legge e forza misteriosa che esercita il potere ferreo e crudele. Cloto, Lachesi ed Atropo, le sorelle nate dalla notte, cieche nell’agire, schiumano gli oscuri bozzoli della vita e della morte, perciò i motivi della tragedia sono nella “paura”, regia, scenografia, dinamica del mondo. Mitici Moloch, principi del pianto, della disperazione, despoti del paese delle lacrime e del grido straziante, sudditi e membri dell’altissima disperazione – il consiglio dello sterminio – carismi di bronzo assisi sul trono della sventura, teste mostruose sormontate da corone rege, braccia lunghe a stritolare la speranza degli umani. Spietate deità della persecuzione e del genocidio, totem suggeritori, ispiratori di Erode, di Diocleziano, di Himrmler, di Polpot … trasudano il pianto delle madri e il sangue dei fanciulli.
Minaccia degli ambienti angoscianti, cosmogonia terribile, stravagante, eco di miti demoniaci, pantheon infernale, orde di mostri preumani, extraterrestri, espressioni innumeri del maligno, questi i significati onirici che l’umanità, dalla sua infanzia, ha intravisto nelle penombre e nel buio. Ma la paura ha i suoi termini, la sua morfologia, i suoi simboli, la sua iconografia, le sue culture, i suoi significati. Cervello in rivolta, pensiero in scompiglio, urlo che non parte, mondo parallelo che brulica di cose oscure, dimensioni proibite, esseri notturni e furtivi, potenze demoniache generatrici di calamità. Rappresenta la linea che separa la civiltà e la ragione dall’impensabile, imponderabile, imprevedibile.
Paura del macrocosmo, ma anche del microcosmo, paura della dimensione e della prospettiva, paura di un universo racchiuso in un solo punto, paura di un’infinità di punti, di universi infiniti. Possono attingervi quei pochi che per una serie d’eventi indicibili pare che ne conoscano il principio, il motivo e la fine. I detentori di queste prerogative, reincarnate sensibilità, cultori degli idoli, terminali, cartoni animati, carte semoventi delle tenebre, transistor, trasmettitori e trasformatori della paura, sono stregoni, veglianti, grandi iniziati, indovini, astrologhi, segnalatori di calamità avvolti nella paura, affascinatori/fascinati. Ci sono mappe, carte topografiche, territori, terre di nessuno, zone vietate, servitù, passaggi poderali, campi recintati, enfiteusi, demani, nella segnaletica dei segnalatori: dosso, cunetta, curva pericolosa, per pedoni sprovveduti o per veicoli frettolosi e distratti, spartitraffico, caduta massi, divieti di svolta e di sorpasso, parchi riservati, valichi vietati e foreste. Bisogna conoscerne la segnaletica, dove essa si nasconda, come è disegnata, quali codici adotta, quali significati.
Per circolare dentro il luna Park occorre cautela per la visita alla casa stregata, alla sala degli specchi e dei mostri, al castello dell’orco o al b0sco delle bestie feroci, al teatro della paura insomma, dalla scenografia mobile e dai sipari intercambiabili. Telaio, spina di pesce, arterie, viadotti della paura, evidenziatori e lampeggiatori, nomenclatura dell’avverti-mento posta nei libri antichi, nelle sacre scritture, nei testi del vecchio e del nuovo testamento.
Avvertitori attenti alle cose si accingono a percorrere il territorio dell’oltre.