STRAVAGANTE E COINVOLGENTE, IL NUOVO ROMANZO DI MATTEO CODIGNOLA

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La decostruzione vitale nell’iperrealismo ironico di Matteo Codignola
Intorno alla Fiera dei libri, viaggiatori ed altre comparse


di Antonio Lotierzo

Stravagante e coinvolgente questo romanzo di Matteo Codignola nella cui originale forma narrativa ci sarà qualcosa che derivi anche dal suo mestiere di traduttore, almeno di Mordecai Richler (non ho letto John Mc Phee, pure reso per noi dal Nostro) . Sono ‘storie’ dell’editoria dal di dentro (nella premessa il padre avverte il figlio che ‘dipende’ se fare l’editore sia o meno un mestiere proficuo e partono gli autoavvertimenti, per creare il saggio di profitto e mantenere il patto col lettore, che è sempre anche un ‘acquirente riluttante’). Si va, dunque, alla Fiera libraria di Francoforte (ed è per questa attesa descrizione che ho comprato il libro, visto che non ci sono mai andato e cerco di imparare, tardi, qualcosa). Si va, ma il percorso è lungo o meglio diluito nella narrativa di Codignola, che altrimenti non avrebbe il pregio dell’attesa, che guida e spinge il lettore verso la pagina successiva. La struttura è costituita a due viandanti, uno è quasi un Sancho Panzanarratore e l’altro un ChisciotteFotografo di scrittori, che ne combina di mille colori, mentre attraversano l’Italia, la Svizzera e la Germania. Ed è il fotografo a suscitare un riso che accompagna le altrimenti serie esposizioni mercantili del narratore (“ se hai appuntamenti la Fiera la sfanghi, altrimenti non ti passa mai”(p.22)). M.Codignola

Il fotografo dal ‘sorriso Stanamore’ (sono molti i rinvii al cinema, come strumento esplicativo, crede l’autore) scommettitore polimorfo, compulsatore di luridi calepini, litigioso con le forze dell’ordine di paesi per noi problematici, vestito di scuro, possessore di un divano di cui molto si dice ed altro si immagina, condivide infine un cordon bleu con rösti, in quell’autogrill di Neuenkirch carico di intrigante profumo di montagne, rannicchiandosi poi in auto col telefonino con cui scarica pesanti allusioni erotiche rivolte alla sconosciuta dell’altro capo. Siamo giunti, quindi, all’immane hangar, l’Agents Centre della Buchmesse di Francoforte, in cui avvengono le transazioni dei diritti d’autore e tutti qui divengono criceti, che sgranocchiano con costanza, vanno in bagno e sempre trotterellano sulla ruota rumorosa, alla ricerca d’una vana via d’uscita, non dimenticando mai di doversi adeguare alla ‘mente tedesca’, che ha una sua concezione del pacere e delle  battute degli italiani. E qui, dopo la ‘coprotagonista’ Simonetta appare (si fa per dire) David che ha molte cose da fare a Francoforte dopo che è morto e partono le negoziazioni, che dal ‘fatale 2008’ , sull’onda della globalizzazione, spingevano gli editori a riempirsi di titoli, sognando il business globale, ordunque, e più ancora remunerativo! Ho un libro per te’, oddio scout! (per il significato gergale, rinvio a Codignola, p.74 e ss.). Segue una digressione sull’importanza del dubbio per un redattore, sull’uso delle biscioline tremuli segni apposti ai lati del testo che segnalano passaggi non convincenti , dei postit nel dattiloscritto e sulla possibilità di pubblicare dei disegnetti, ma di J. Joice!, schizzati per le favole serali per il figlio; tanto vale preparare un’offerta commerciale. Seguono poi, esilaranti o ironiche, le pagine sulle vibrazioni di fondo colte dal germanista, più di tutti, che discutono lebraicità, la deportazione romana scambiata per un fatto attuale e le proposte del sinologo sulle gemme letterarie, acquisibili per poco e rinvenibili in un paese entrato sulla scena mondiale e di cui tutti volevano leggere. Simpatici equivoci, meno importanti di quelli descritti circa nomi e titoli pronunziati fra limpasto di masticazioni e altri travisamenti, tutti fatti che non contribuivano alla chiarezza degli acquisti dei diritti. Né lumi apportavano le schede redatte dal secondo lettore, i cui sontuosi pareri si spiaggiavano su dei sospeso o mah, indicanti contrarietà per laccettazioni di libri, tanto più che noi non accettiamo nulla di meno della perfezione(p.111), come si usa ripetere (da Bobi in poi).Nulla dirò dellennesima digressione, quella sui party in fiera e delle basi dasta, quelle trattative che hanno una componente esoterica e una comica(p.128), equivalenti sdrucite di un atto notarile. E Daniel? Quello cera, anche da morto, ma non accennerò ad altro, perché quella Fiera stava chiudendo e poi sarebbe cambiata, dal 2019 in avanti. Questa apparente lineare trama fieristica, realistica e riflettente, oggettiva come le immagini del Fotografo ma deformante per comicità, è accattivante per il lettore per il suo maggior pregio: limpasto linguistico che tiene legato il lettore allo svolgimento evenemenziale. Si tratta di un linguaggio non soltanto mimetico di gesti e comportamenti, con sottolineature antropologiche sulle differenze valoriali fra italiani, svizzeri e tedeschi, ma di un linguaggio miscelante preciso italiano e gergo inglese, aggettivazioni rivelatrici e punteggiatura staccante scene e rinvii. La scrittura ha una teatralità da voce narrante di un monologo, in cui i personaggi entrano, sviluppano la propria azione e poi si ritraggono, compiono luscita di quinta( che è termine che si ripete in maniera significativa e che bene esprime la evanescente materia della trattazione  narrativa). Ma di questa evanescenza fattuale e stupidità involontaria non è costellata spesso la nostra vita, professionale e quotidiana?
Matteo Codignola, Cose da fare a Francoforte quando sei morto, Milano, Adelphi,2021, 18,00
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Sull' Autore

Nato a Marsico Nuovo in provincia di Potenza, dal 1976 risiede a Napoli, pensionato. Pubblica nel 1977 la sua prima raccolta di poesie, Il rovescio della pelle, in cui descrive il mondo rurale contemporaneo del Sud Italia col linguaggio del dadaismo e della neoavanguardia. Il suo stile poetico include elementi dell'ermetismo di Leonardo Sinisgalli e dell'uso creativo del dialetto di Albino Pierro, con influenze abbastanza evidenti di Montale, Attilio Bertolucci e Pascoli. Dopo la seconda raccolta di poesie Moritoio marginale (1979), si dedica allo studio della storia contemporanea e all'antropologia positivistica, pubblicando saggi in entrambi i settori e partecipando a concorsi universitari. Nello stesso periodo cura la prima pubblicazione delle opere del folklorista Michele Gerardo Pasquarelli (1876-1923), e traduce I canti popolari di Spinoso. Fra le opere storiografiche pubblicate da Loturzo figurano monografie su Spinoso, San Martino d'Agri e Marsicovetere; su Marsico Nuovo pubblica invece un volume di toponomastica.[1] Nel 1978 fonda la rivista Nodi, di cultura progressista oltre che letteraria, pubblicata fino al 1985. Nel 1992 vince il Premio Alfonso Gatto a Salerno con la poesia Rosa agostana.[2] Nel 1994 vince il Premio Internazionale Eugenio Montale, sezione inediti, prestigioso riconoscimento del Centro Montale presieduto da Maria Luisa Spaziani, con Materia e altri ricordi.[3] Nel 1996 vince, all'interno del Premio Pierro a Tursi, il premio per il miglior componimento in un dialetto di area lucana con la poesia Agri (Ahere). Loturzo ha curato le antologie Poeti di Basilicata con Raffaele Nigro[4] e Dialect Poetry of Southern Italy con Luigi Bonaffini.[5] Nel 2001 l'editore Dante & Descartes di Napoli ha pubblicato tutte le sue poesie in Poesie 1977-2001.[6] Dirigente scolastico di vari licei (Cassano all'Ionio, Torre del Greco, Napoli piazza Cavour e Napoli Mergellina), è in quiescenza dal 2014; l'ambasciata di Francia gli ha concesso l'onorificenza dell'Ordine delle Palme Accademiche, col titolo di Chevalier, n.38/Roma/12 febb, 2014.

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