INTERVISTA ALL’ON. GIUSEPPE MOLINARI
Giuseppe Molinari, parlamentare per due legislature nelle fila dell’Ulivo, nella sua carriera politica iniziata nei primi anni settanta, ha avuto il privilegio di conoscere da vicino tutti i padri fondatori della Dc lucana, Colombo, Marotta, Picardi, Verrastro , Lospinoso, Leggieri, Salerno, Tantalo. Parlare di quei personaggi e di quei tempi, è come aprire il cassetto dei ricordi con un pò di melanconia e nostagia. Se poi si raffronta la politica di allora a quella di oggi, allora dalla malinconia si passa allo sconforto. Ha voluto ricordare ieri con un post che cento anni fa nasceva Vincenzo Verrastro, una figura cariusmatica non solo per la serietà con cui adempiva al suo servizio politico, ma per la sua storia di studioso, di uomo della scuola, di persona dotata di una visione pragmatica del divenire. Pensiero ed azione senza le abissali distanze temporali di oggi.
Chi era Vincenzo Verrrastro?
Verrastro già nei primi anni che si affaccia alla politica fa parte del gruppo dirigente del partito, assume incarichi di partito e alla fine degli anni cinquanta per circa dieci anni è stato presidente della provincia di Potenza, senatore della Repubblica nel 68 e richiamato in Basilicata a guidare la regione dal 1970 al 1982
Uomo proveniente dal territorio e profondamente legato ad esso e alla sua gente svolge quasi tutta la sua carriera politica-amministrativa in Basilicata
È stato alla testa di molte scelte strategiche di cui all’epoca si aveva bisogno in una regione scarsa di infrastrutture di strade di comunicazione, di scuole e di posti di lavoro.
Le prime iniziative le mette in campo dai banchi della provincia battendosi per una sede universitaria, arrivata con due decenni di ritardo, promuove lo sviluppo dell’edilizia scolastica dotando molti paesi di istituti superiori di II grado.
Individua lungo le fondovalli: Basento, Sinni, Agri le principali arterie per collegare i centri interni a strade a scorrimento veloce.
Mi parli dell’avvio della Regione, negli anni settanta/ ottanta
A capo della Regione Basilicata, che in base al nuovo statuto aveva accorpato alcune competenze dello stato e molte dalle province, sposta tutto l’apparato tecnico-amministrativo di quest’ultime e le trasferisce alla Regione dove continua l’opera di risanamento e sviluppo.
In regione porta avanti la strategia della costruzione delle dighe di cui la piu grande è stata quella in terra battuta nel senisese: la diga di Monte Cotugno, disegno finalizzato a favorire e sviluppare l’agricoltura e i bisogni civili e industriali della Regione e anche della vicina Puglia.
Negli stessi anni settanta si fa promotore dell’industrializzazione della Basilicata istituendo il polo chimico nella zona Pisticci-Ferrandina e molte fabbriche metalmeccaniche nel potentino e nella piana di Tito.
In regione dimostra capacità di gestione e organizzazione a spendere i fondi europei, non c’erano sperperi o distrazioni di danaro come avvenne nei decenni successivi.
Verrastro gestiva i soldi pubblici con oculatezza sia in termini di bilancio, di economia che in termine di prospettiva sociale.
La gestione della regione Basilicata divenne un modello che fu esportato anche fuori regione, Verrastro non era solo un buon amministratore e uomo delle istituzioni, era un credente e un interprete laico dei valori cattolici e democratici e per i giovani un valido maestro della politica.
In parlamento o negli incontri ufficiali con altri presidenti delle regioni ha sempre fatto interventi di spessore di alto valore politico- istituzionale apprezzati quasi sempre dai suoi colleghi per la profondità del pensiero espresso.
L’unico neo, era il rapporto speciale, un pò paternalistico con la “Nazione Aviglianese”. Tutte le assunzioni negli ospedali venivavano da quelle terre. Oggi parleremmo senza mezzi termini di “clientelismo”
No, non è proprio così: Il Presidente curava i rapporti con tutti e in tutti i comuni della Basilicata.
Erano i tempi in cui si usciva dalle rovine della guerra, successivamente scoppiò il boom economico fenomeno che favorì per prima le zone più ricche del nord, mentre al sud il boom fu vissuto come fenomeno di emigrazione di massa nel nord Italia, in Europa e nelle Americhe.
Chi rimaneva nei paesi ancora arretrati culturalmente, socialmente ed economicamente viveva tra gli stenti e i sacrifici e così che le parrocchie, i potenti del paese ma soprattutto i politici con Colombo e Verrastro, in testa, erano sollecitati quotidianamente di richieste di lavoro ma non per fare i dirigenti o avere incarichi nei vari consigli di amministrazione del sottogoverno, no, era per portare il pane a casa e sfamare famiglie molte delle quali numerose.
Si trattava di lavoro gran parte di bassa qualità dove non esisteva e né c’era l’esigenza di scegliere i più bravi magari c’era la necessità di scegliere i più bisognosi.
Era un tipo di rapporto diretto che metteva davanti al politico una cruda realtà dove i sentimenti umani spesso prevalevano sulla fredda legge l’imparzialità.
Oggi è cambiato pure il senso della raccomandazione: se prima si privilegiavano gli ultimi, oggi si privilegiano i ricchi, chi sta bene , e chi a soldi vuole aggiungere soldi, spesso con l’interlocuzione politica anzichè con il merito imprenditoriale.
Insomma ci si muove per se stessi…
Se vede oggi i candidati nelle liste, sono pochissimi quelli che , candidandosi, conoscono veramente il territorio. I social aumentano le distanze e sostituiscono il rapporto diretto. Non hanno frequentato le scuole politiche che c’erano un tempo sia nella Dc che nel Pci e non conoscono il funzionamento delle Istituzioni perchè nessuno glie le ha mai spiegate. Ben venga l’educazione civica nelle scuole, ma quello che non può essere insegnato è la capacità tutta personale di stare tra la gente
GIOVANNI BENEDETTO
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