COLPITI DA OVERDOSE DI INFORMAZIONE

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by DINO DE ANGELIS
Dino De Angelis
Quanto conta oggi una buona informazione? Quanto costa oggi una buona informazione? Che effetti produce un’informazione parziale, non corretta, poco obiettiva, poco chiara? A chi giova una buona informazione? Chi è che oggi fa buona informazione? E come si può definire una buona informazione? Ma per provare a dare una risposta possibile a queste domande, dovremmo prima capire una condizione preliminare, e cioè in che modo sono cambiati i fruitori primari dell’informazione, ovvero i lettori. Oggi l’informazione è come il fumo passivo delle sigarette: la respiri anche contro la tua volontà. Vivi praticamente circondato da un bombardamento mediatico di ogni tipo, non c’è più solo la tv e i giornali a darti gli aggiornamenti continui, ma ci sono milioni di informazioni dirette, tramite web e, come se non bastasse, il web – tramite il suo canale maggiormente usato che sono i social network – rimbalza viralmente sulle nostre pagine personali anche la maggior parte delle notizie che sono state fornite dai media tradizionali. Per fortuna questo tipo di “fumo passivo” non fa male. O meglio non è tossico come il fumo avvelenato delle sigarette, ma di male ne può fare lo stesso. Perché oggi chiunque apre un pc e trasmette la propria verità, la propria lettura del fenomeno, la propria insindacabile posizione. E talvolta questo contagio può fare male, se non si prendono le necessarie contromisure al dilagare immenso ed apocalittico dell’ informazione del terzo millennio. Quindi per rispondere alla prima domanda: chi sono i nuovi lettori? Sono praticamente tutti. E quando dico tutti voglio dire proprio tutti, inclusi bambini non ancora in possesso di quelle difese, quei filtri che consentono ad un adulto formato di evitare quelle informazioni che proprio non aggiungono nulla, anzi semmai tolgono qualcosa, alle proprie conoscenze. Oggi non dobbiamo accendere la tv oppure andare in edicola per informarci, ma è l’informazione stessa che, attraverso innumerevoli canali, entra nelle nostre vite senza bussare e ci mette davanti al naso la notizia, bella o brutta che sia. Chi è che oggi fa una buona informazione? Domanda difficilissima. Si potrebbe dire con un’ovvietà che fa una buona informazione il professionista dell’informazione, quello che sta dentro la notizia (perché la costruisce di prima mano, parlando direttamente con i decisori), o quello che, prima di diffonderla, ne verifica accuratamente le fonti. Ma questa risposta non esaurirebbe tutte le possibili variabili alla domanda. Perché alla fine i presupposti di una informazione corretta, verificata e trasmessa da un professionista possono non bastare a rendere quella notizia veramente in grado di farci respirare una boccata di aria pura nel marasma dei veleni che respiriamo dalle nostre narici che assorbono nella stessa misura aria, fumo e notizie di ogni sorta. Perché per fare una buona informazione è necessario avere preliminarmente anche un altro indispensabile requisito: non avere padroni (leggi editori portatori di interessi) oppure avere editori che, pur essendo portatori di interessi, siano fondamentalmente capaci di capire che l’informazione non può essere manipolata né piegata ad interessi di parte. Ok, ma quale imprenditore dell’informazione può dirsi oggi veramente in grado di avere quella distanza dalla notizia, quella obiettività e quel grado di lontananza da ciò che scrivono i suoi redattori dall’evitare di manifestare qualsivoglia forma di condizionamento, anche di natura involontaria, rispetto alla notizia che uscirà dal suo giornale? È come se alla partita Inter Juventus fanno arbitrare uno di Pinerolo. D’accordo, sarà probabilmente imparziale. Ma per evitare anche l’ombra del sospetto, non potevano scegliere un arbitro di Venezia?
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