CRONACHE DAL METAVERSO – IL METAVERSO, FORSE, NON ESISTE, MA FA CULTURA – INTERVISTA A STEX AUER alias STEFANO LAZZARI

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 CRONACHE DAL METAVERSO – IL METAVERSO, FORSE, NON ESISTE, MA FA CULTURA – INTERVISTA A STEX AUER alias STEFANO LAZZARI

Lorenza Colicigno

Si discute, e legittimamente, se il Metaverso esista o meno, certo il termine è ormai entrato prepotentemente nel linguaggio comune, accompagnato da tutte le sue varianti, declinate in genere al plurale, come multiverso/multivesi, metaversi o metamondi. Questo dibattito sul termine, mi ha suggerito la definizione di Galassia Metaverso, per sottolinearne, appunto, la complessità, la diversità, e così via. Ma mentre ci interroghiamo sull’esistenza o meno di un qualcosa che possa definirsi “metaverso”, intanto nei mondi virtuali e in VR, AR, XR, si produce dialogo, si costruiscono eventi, insomma, si fa cultura. E uso questo termine non riducendone, bensì potenziandone la forza di trasformazione e crescita del mondo reale, insomma, nel nostro universo umano. Per dare consistenza e coerenza a questa mia riflessione, mi sono rivolta a Stefano Lazzari alias Stex Auer. Questa la sua biografia essenziale, dove l’accento è posto sul suo ruolo nell’ambito del digitale.

Stefano Lazzari

Content curator & blogger, freethinker. “È ora che la tecnologia si rifletta nella cultura e non viceversa”. Questo pensiero sintetizza venti anni di lavoro nel digitale, dall’editoria al marketing al social media management, di Stefano Lazzari, che dal 2006 ha un avatar nel Metaverso: Stex Auer, il suo gemello digitale. Nel 2016, con Fabrizio Bellavista, Antonio Cirella e Danilo Premoli, ha fondato Digital Guys, network di professionisti che si occupa di etica, cultura e design digitale, modi virtuali e social media. Dal 2003 è content curator per MGM Digital Communication diventata dal 2020 Meet Digital Culture Center – Fondazione Cariplo dove collabora alla realizzazione di contenuti ed eventi sulla cultura digitale e la realtà virtuale: www.digitalguys.it  (network), www.meetcenter.it (Centro di cultura digitale dove collaboro come consulente), https://Stexauer.medium.com (sito personale), www.facebook.com/stex.auer, https://www.linkedin.com/in/stexauer/. Libri pubblicati sull’argomento: Ultrasoma: Corpi, ultracorpi, robot e organizzazioni del III millennio, Streetlib 2020.c

Vuole narrarci della sua permanenza nei mondi virtuali, Second life e Opensim –  Craft World, nell’ottica della produzione e della fruizione culturale?

 L’intuizione dei Linden e di Philip Rosedale di sviluppare una economia interna al mondo virtuale , attraendo i creativi e di conseguenza creare la domanda e l’offerta di prodotti pensati per rispondere alle esigenze e ai gusti dei suoi residenti, ha avuto il pregio non solo di aver generato un mercato, ma  anche esigenze, stili, moda, comportamenti e rituali…Una società che ha espresso una propria cultura. Questa  intuizione non era condivisa che da pochi. Per molti l’idea fu quella di travasare da subito l’esperienza reale nel virtuale tout court, credendo fosse una realtà speculare. E non compresero che,  sebbene  molto  simile alla realtà, quello  che oggi  chiamiamo Metaverso vive di una sua specifica realtà dettata dalle caratteristiche dei mondi in cui si sviluppano le società e le comunità che la popolano. Non  tenere conto di questo, significa pensare al Metaverso come uno scenario, un fondale più o meno ben dipinto da riempire di consumatori. Una cosa che non esiste, e se anche esistesse, non mi interesserebbe assolutamente.

Personalmente, credo che l’unico modello di creazione di un Metaverso efficace e compiuto è attraverso la genesi culturale. E’ l’unico che mi abbia mai attratto veramente e che continua ad essere il  principale motivo di interesse anche oggi che mi trattiene in Second Life: oltre 15 anni di apporti culturali e creativi collettivi, ne fanno il migliore modello attualmente disponibile su cui ragionare per il futuro dei mondi virtuali.
Fin da quando sono entrato, il  mio interesse si è sempre focalizzato sulla creatività l’editoria, l’autorialità: cose che mi appassionano anche nel mondo reale. Qui, in World la applico per raccontare storie, storie di avatar e di persone, storie e avventure che hanno il mare virtuale di questo mondo come sfondo e come riferimento, storie che si svolgono necessariamente qui, e non altrove. Nel mondo reale, non le troverete.

Come si declina, secondo lei, la parola “cultura” nei mondi virtuali?

Credo che chi entri in un mondo virtuale si ponga sempre dopo le prime esperienze, la domanda: “cosa possa fare di utile o divertente per me e per gli altri”?
Essere residente, non giocatore, non utente, è in misura del proprio impegno a essere qualcuno e dunque fare qualcosa.
I mondi virtuali non ammettono spettatori, siamo lì per agire, altrimenti, il tempo di metabolizzare lo stupore e la novità, e in breve non se ne trova più il senso.
Essere lì per fare, significa di fatto, fare cultura, partecipare a un progetto di comunità creativa. Di fatto tutto ciò che ci circonda in un mondo virtuale è opera creativa. Ogni filo, d’erba, ogni abito, ogni parte del nostro avatar, ogni oggetto è costruito ad arte. E ogni cosa vi accada, ogni evento, mi viene da dire ogni azione di un avatar in quanto identità digitale, è un fatto perfettamente culturale.
Credo per questo che i Mondi Virtuali Sociali siano potenzialmente la migliore piattaforma tecnologica possibile per sintetizzare conoscenza e esperienza, e dunque cultura, tenendo ben presente che la virtualità è un atto performativo che necessita, per essere vissuto appieno, della compresenza di un versante fisico: credo che le migliori esperienze possibili rientrino nel concetto di “onlife” definito da Luciano Floridi,  ovvero
dove c’è la continua interazione tra la realtà virtuale e quella materiale.

Lei ha già detto che non condivide il senso diffuso della parola “Metaverso”, cosa pensa della definizione “Galassia Metaverso”?

Sì, il Metaverso compiuto, inteso come sostitutivo o evolutivo del paradigma del web, al momento non esiste. Esiste per contro, come lei dice, una galassia di piattaforme che condividono tecnologie e che sviluppano autonomamente soluzioni specifiche a seconda degli obbiettivi e degli scopi che le aziende produttrici si pongono. L’espressione “abbiamo il nostro Metaverso” oltre ad essere una contraddizione in termini, non risponde assolutamente agli sforzi di standardizzazione e di interoperabilità su cui si dovrebbe convergere, in quanto mancherebbero tutti i fondamenti su cui si è costituito il successo del web: la univocità dell’identità, la conservazione della proprietà, la ricercabilità di cose e persone.

Quali iniziative da lei vissute come produttore o come fruitore ritiene che dovrebbero avere un posto nella nostra storia culturale, letteraria o scientifica o storica?

Inworld, non credo di avere vissuto mai personalmente una esperienza così memorabile tale da essere degna di finire su un libro di storia. Forse quando si scriverà la storia delle comunità sociali nei mondi virtuali, una parte della cronaca di quei giorni, mi potrà vedere presente assieme alla pattuglia di pionieri che operava in quegli anni.

Vive Voom all’ I-common  summit. Già nel 2008 chi sapeva farli, riusciva a realizzare avatar affascinanti

Posso ricordare un episodio. Il 29 luglio del 2008 a Sapporo si svolgeva l’iCommons 2008 (credo) primo summit sulle licenze creative commons dove era presente David Orban, persona che ha avuto un ruolo di divulgatore fondamentale all’alba del Metaverso.

David Orban all’ICommons di Sopporo in Japan

A quel tempo, assieme a Tommaso Correale Santacroce amico e socio, avevamo fondato l’associazione 2Lifecast incubata presso il Top-Ix di Torino, consorzio costituito nel 2002 con lo scopo di creare e gestire un NAP per lo scambio del traffico Internet nell’area del Nord Ovest d’Italia che ci forniva un server di streaming video, cosa assolutamente innovativa: ai tempi non esisteva nessun servizio pubblico del genere.

2lifecast da statuto si poneva la finalità di fornire servizi di streaming video dal Metaverso e viceversa con lo scopo di supportare i creativi e diffondere le loro opere. Per questo, con David eravamo d’accordo che avremmo diffuso il segnale video che lui ci inviava dalla sua webcam sul monitor gigante nella land di Vulcano nel Metaverso di Second Life e al contrario, avremmo inviato le immagini dell’avatar del cantante rock Eddie Santillo che in diretta live aveva l’onore di eseguire il concerto di apertura del summit.

Il mio compito fu di condividere il monitor del pc che faceva da camera e trasmettere le immagini del concerto. Tutto questo avvenne alle quattro del mattino, in un alberghetto di Pietra ligure, dove mi ero trasferito con la famiglia per una vacanza. Credo di aver effettuato probabilmente il primo streaming audio/video da reale a virtuale. Probabilmente non il primo al mondo. Certamente il primo evento del genere in Italia. Mi sentivo come Peter Arnett da Baghdad durante la Prima Guerra del Golfo… Probabilmente ecco, questo fatto se mai a qualcuno interesserà scrivere la storia del Metaverso italiano delle origini, si può considerare un frammento memorabile di storia.

Vorrei anche ricordare la recente serie di In a Bottle, in cui si trasferiscono nel virtuale narrazioni di libri dedicati al mare, come nel caso di Lillax alias Lilla Mariotti che ci ha portato sui banchi di Nantucket, nell’Atlantico e in altre latitudini assieme a lei, raccontandoci la storia della baleniera Essex. Della sua narrazione è stato realizzato un podcast in Spotify.

“Sul pontile sotto il faro di Havna Bay, la scrittrice Lilla Mariotti (Lillax) racconta la storia affondamento dell’Essex e la leggenda di Moby Dick per gli incontri di “In a Bottle”, podcast di storie di mare per avatar curiosi.”

Stex Auer con Lillax e i loro ospiti sul pontile di Havna Bay in SecondLife

Qual è la relazione ottimale tra reale e virtuale? Lei come ha gestito tale relazione?

Non ho una risposta univoca sufficientemente valida alla questione che mi chiede… una relazione così intima come quella che si costituisce fra Avatar e Persona, è cosa complessa e poco esplorata. Io credo che l’equilibrio ottimale si ottiene quando si diventa consapevoli dello scambio che si ha con il proprio digital twin.

Così Stefano Lazzari  commenta il rapporto con il suo avatar Stex Auer: “E’ il  mio avatar dal 2006. Mai uno screzio, una discussione. filiamo d’amore e d’accordo.”

Il legame tra persona e avatar basata su una lunga frequentazione nell’embodiment non è indifferente, lascia delle tracce, risuona come il rapporto fra attore e personaggio. Penso si venga a costituire una mutualità fra le nostre espressioni fisiche e digitali. È l’esatto opposto di quelli che molti temono, ovvero una dissociazione della personalità una scissione nevrotica fra identità reale e virtuale. Questa relazione virtuosa la chiamo Avakindness, possiamo definirla una predisposizione (una coscienza mi pare sia eccessiva) allo stato di avatar che ci permette di non trascendere e dissociare il reale, riconoscersi e riconoscere l’identità che riverbera in entrambi gli stati…ed è per tornare al tema della nostra discussione, un processo perfettamente culturale.

Oggi lei si sente parte della storia o dell’archeologia dei mondi virtuali, superati e addirittura antiquati, secondo alcuni, o ritiene di essere pienamente nel presente nonché nel futuro della sfera del virtuale?

Beh, questa è una domanda che non può avere che una risposta. La storia del Metaverso va tutta scritta.
il confronto con le origini del pensiero sul Metaverso non si ferma a Snow Crash, è da ingenui pensare che il pensiero di una dimensione collettiva e partecipativa di una umanità che trascende lo stato fisico per trasferirsi in uno ideale si sia generato nella mente di uno scrittore californiano… Il Metaverso tecnologico è l’attuazione di un pensiero molto ma molto più complesso e radicato nella cultura umana, e tratta di ben altro che la letteratura di fantascienza.
Detto questo, uso le tecnologie del Metaverso per quello che mi danno, ovvero la migliore e più soddisfacente delle esperienze possibili.
Io e Stex Auer esistiamo a prescindere dalla piattaforma, e viviamo la nostra avakindness là dove stiamo bene in tutte le forme possibili.

Ritiene che la diffusione di centri come il Meet Digital Culture Center di Milano, con cui lei collabora, sia indispensabile per fungere da trait d’union tra digitale e mondo reale? Vuol darci un’idea precisa di cosa sia questo centro?

MEET è una  società a scopo  sociale https://bit.ly/3h44EP0, fondata  con  l’interesse  di  Fondazione Cariplo. Un  centro  di  cultura, che fa  parte  di  un  circuito  di  centri  internazionali  riconosciuti  che  cooperano  alla  diffusione  della  cultura digitale, è residenza  per  artisti (residenza intesa come se  fosse  una specie di  “borsa di  studio” per  artisti) e  generalmente  ha  sponsorizzazioni  e  partecipazione  di  enti privati e  pubblici, aziende,  fondazioni. 

Un meeting  di Milano Metropoli, Agenzia per il Territorio della città. Le istituzioni nel 2008 erano già nel metaverso

Questo  è il Meet, e  proviene  da  una  più che decennale esperienza  di  partecipazione all’attività culturale di Milano. C’è  poi tutta  una  rete di relazioni  istituzionali  e politiche. E’ indubbiamente un’esperienza che si può generare in ogni territorio, ma, poiché è legato strettamente ad esso, credo che non possa costituire un esempio o un modello per altre realtà, ma che possa valere come stimolo a guardare in modo concreto alle specifiche esigenze di connessione tra cultura digitale e reale.

Mi auguro che anche nella regione Basilicata si possa concretizzare questo tipo di opportunità di connessione tra digitale e reale. Le condizioni ci sono, occorre solo dialogare con e tra tutti i soggetti che sono operativi in questo campo e/o che hanno interesse a comprenderne le potenzialità culturali e, in particolare, con le Istituzioni, che possono, se vogliono, farsi sostenitrici e fruitrici di questa opportunità.

 

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Sull' Autore

Nata a Pesaro nel 1943, vive dal 1948 a Potenza. Già collaboratrice Rai e poi docente di Lettere, svolge dal 2000 attività di scrittrice e giornalista. Ha pubblicato quattro sillogi liriche: "Quaestio de Silentio" (Il Salice, Potenza 1992), "Canzone lunga e terribile" per Isabella Morra (Nemapress, Alghero 2004), “Matrie” (Aletti, Roma 2017), “Cotidie” (Manni editore, 2021). E' autrice di saggi letterari, tra cui "Pirandello tra fiction e realtà" (in AA.VV, Letture di finzioni, Il Salice, Potenza 1993), "Percorsi di poesia femminile in Basilicata" (in Poeti e scrittori lucani contemporanei, Humanitas, Potenza, 1995), “Il ruolo delle donne-intellettuali nelle società antiche” (in Leukanikà, XVI, 1-2, 2016). Appassionata dei dialetti e delle tradizioni lucane, è co-autrice dei testi "Non per nostalgia - Etnotesti e canti popolari di Picerno" (Ermes, Potenza 1997) e “Piatti Detti e Fatti della cucina lucana” (Grafiche Metelliane); per la Consigliera di Parità della Provincia di Potenza ha curato il testo “Quel che resta di ciò che è detto”, analisi della condizione della donna nella cultura contadina lucana. Sintesi delle sue lezioni come docente di scrittura creativa sono state pubblicate in volumi curati dalle Istituzioni culturali per le quali ha svolto quest'attività (Scuole, Biblioteche, Archivi di Stato). Con l’Associazione “ScriptavolanT” ha curato numerosi corsi di scrittura creativa, collaborando anche alla redazione del romanzo collettivo “La potenza di Eymerich”, a cura di Keizen. Sue poesie e racconti sono pubblicati in numerose opere collettive. Per Buongiorno Regione, rubrica del TGR Basilicata, ha curato interventi sulle tradizioni popolari lucane, sulla stampa lucana d’epoca e sulle scrittrici lucane. Per il sito www.enciclopediadelledonne.it ha pubblicato i profili di scrittrici lucane, come Laura Battista, Giuliana Brescia, Carolina Rispoli. Come wikipediana, è parte, in particolare, del progetto in progress “Profili di donne lucane”. In Second life ha curato la redazione del romanzo collettivo “La torre di Asian”. In Craft World e in Second life, come presso scuole e altre istituzioni, tiene corsi di scrittura letteraria. Il progetto-laboratorio “La Città delle Donne”, realizzato in Craft World, ospita i profili di 86 poete di tutti i tempi, tra cui alcune Lucane, ed è frequentato da scuole e cultori.

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