CUORE DI PADRE

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Dott.ssa Margherita Marzario

 

“Mio padre ha poggiato i suoi sogni sulle mie spalle facendomi studiare fotografia” (così Vittorio Storaro, direttore della fotografia). I genitori, ed in particolare i padri, non devono caricare di aspettative i figli né programmare la loro vita, ma trasmettere, alimentare, valorizzare sogni.

Illuminante un dialogo tra un padre ed una figlia: “Qualcosa di strano o bellissimo? – No, papà! Perché me lo chiedi sempre? – Boh, forse perché desidero che ti accada qualcosa di strano o bellissimo!” (da un film). I figli non devono essere oggetti di desideri, ma soggetti dei desideri dei genitori. In particolare il padre, “colui che protegge, che sostiene, che nutre”, dovrebbe nutrire, sostenere lo spirito, i sogni, la serenità dei figli ed in special modo delle figlie. “Egli [il bambino]ha diritto alla spensieratezza, alla risata, al gioco, ed anche ad un avvenire professionale” (dalla Charte du Bureau International Catholique de l’Enfance, Parigi, giugno 2007). In questo ha un ruolo fondamentale il padre, pilastro della famiglia, di cui la base è la madre ed insieme fanno “casa” (dall’origine osca di “famiglia”).

“Papà? Papà, mi senti? Lo so, non vuoi che io alzi la voce. Non vuoi nemmeno sentirla, la mia voce. Una volta, ricordi, me lo dicesti perfino, che il mio tono ti infastidiva, che ti distraeva dai tuoi pensieri. Me la ricordo fin da quando ero piccola, questa sensazione. Le volte che eri a casa, e io dovevo smettere di giocare, di guardare la televisione, di ascoltare musica. Ricordo gli occhi della mamma, spalancati di terrore, una muta richiesta di comprensione, forse di aiuto. Stai zitta, mi supplicava. Zitta. E io tacevo, per lei e per me, per non sentire sulla pelle il bruciante dolore della tua cinghia, per non dover sperimentare la terribile combinazione della tua faccia priva di espressione, del tuo sguardo vuoto e della sofferenza delle ferite sulla schiena. Mi ascolti, papà? Mi senti?” (lo scrittore Maurizio De Giovanni). La violenza paterna è una delle peggiori, se non la peggiore, perché perpetrata da una delle persone più importanti della e nella vita di ognuno. Violenza in ogni forma: percosse, faccia priva di espressione, sguardo vuoto, mancato ascolto, mancate risposte anche ad un semplice buongiorno, mancanze e assenze. E risulta ancor più deleteria per le figlie, perché incide sulla formazione dell’identità sessuale e sulla futura relazione con l’altro sesso, soprattutto quando le figlie non possono nemmeno confrontarsi ed identificarsi con una figura materna positiva.

“Papà, mi senti? Lo so che non mi risponderai. Non mi hai mai risposto. Non che ti abbia mai chiesto niente, d’altronde. E che avrei dovuto chiederti? Quali argomenti avevamo in comune? La casa, la mamma. Ma tu tornavi e ti mettevi in poltrona, lo sguardo nel vuoto, gli occhi senza niente dentro. Quegli occhi. Così simili ai miei, così spaventosamente diversi. Una finestra aperta sul nulla, sullo spazio senz’aria che c’è tra le stelle, senza la quiete di un raggio di luce. Il luogo del silenzio erano i tuoi occhi, papà. Un silenzio che infettava anche la mamma, che pure quando tu non c’eri rinasceva, come risvegliandosi in primavera dopo un lungo, inguaribile inverno. Non che fosse allegra; ma almeno il mento non le tremava di terrore come quando tu mi picchiavi, lo sguardo nel lavandino, le mani bianche per la stretta ad asciugare nervosamente un piatto già asciutto. Non parlavo di noi a scuola. Mi vergognavo dell’abissale differenza tra il mio mondo e quello delle compagne, che parlavano dei padri con tenerezza, con fastidio o con simpatia. Che ne ridevano, perfino. Io non avevo niente da ridere” (M. De Giovanni). Ci sono padri che, pur stando con i figli ed in particolare con le figlie, non riescono a contribuire alla loro crescita armonica, un po’ per incapacità un po’ per mala volontà. “I padri sono pesanti, anche e soprattutto quelli che non ci sono. Più sono assenti e più lasciano segni evidenti, a maggior ragione nelle figlie” (cit.). I padri non siano ladri d’amore, ma quadri di vita d’amore.

“Senso del padre” e “insieme”: è quello che dovrebbe dare ogni padre ed è quello che dovrebbe poter dire ogni figlio a proposito del padre. È anche questo uno dei significati di “ricerca della paternità”, di cui all’art. 30 comma 4 della nostra Costituzione, che va ben oltre il test del DNA e il riconoscimento della paternità.

Già nel ‘700 lo scrittore e storico francese Abbé Prévost scriveva che “Un cuore di padre è il capolavoro della natura”, perché la figura paterna è quella da cui comincia la maternità, da cui comincia la vita. Si cerchi di capirlo tutti e di contribuire tutti alla costruzione della paternità nell’ambito della genitorialità. La paternità sia diventare padre, essere padre, sentirsi padre, fare il padre con accanto una madre.

Così dovrebbe essere ogni paternità: lasciare tracce dei colori dell’amore e dileguare le negatività rinnovando e rinsaldando i valori della vita.

 

 

 

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Sull' Autore

Insegnante, giurista, con la passione della lettura, della scrittura, della fotografia e di ogni altra forma di arte e cultura. Autrice di tre libri per Aracne Editrice (Roma) – fra cui “La bellezza della parola, la ricchezza del diritto” (2014) menzionato nel sito dell’Accademia della Crusca –, di oltre 150 pubblicazioni giuridiche citate in più sedi (testi giuridici, convegni, università, siti specializzati, tesi di laurea) e di altri scritti, già operatrice socioculturale nel volontariato (da quello associativo a quello penitenziario). Nata a Salandra (MT), vive a Matera.

1 commento

  1. Lilly Nostro il

    Questo articolo mi ha profondamente colpito e ferito. È molto vero e tu sei una persona davvero speciale. Buona giornata domenicale.

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