LA CULTURA POTENTINA,NEGLI ANNI DEL FERMENTO

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Lucio Tufano è per la città di Potenza  un figlio innamorato della propria madre  Si è imbevuto  dell’atmosfera di questa città, ne ha studiato la storia, ascoltato le storie , conosciuto e raccontato i personaggi che l’hanno popolato. E come pochi ha saputo far rivivere queste esperienze nei suoi libri, leggendo i quali ci si ritrova d’incanto collocati in un quadro d’autore, personaggi vivi che parlano, ascoltano, ridono, bevono e che sono tornati a frequentare i vicoli, le librerie, le cantine , la piazza del Sedile. Il popolo , ma anche l’intellighentia, personaggi di grande spessore , alcuni  dei quali riusciranno ad affermarsi in campo nazionale .Una vivacità  culturale che è l’elemento colto nella lettera che, in occasione della pubblicazione del libro “Lo Sconfittoriale” – maggio 2011il compianto Franco Corrado,  allora vice caporedattore del TGR  inviò a Lucio Tufano, una lettera  che è un omaggio alla città E AI SUOI EROI NASCOSTI, DA RANALDI , A GAVIOLI, A RIVIELLO,   e un riconoscimento, forse il più bello, a chi ha saputo descriverla in maniera così autentica e commovente. 

 

franco corrado

 

 Caro Lucio,

c’è stato un tempo in cui Potenza é stata l’Atene lucana, il cuore pulsante di una irripetibile stagione di rinascita civile che ha avuto non un solo ma tanti Pericle alla guida.

Quel tempo, per molteplici validi aspetti, trova motivo di essere idealmente rivissuto attraverso il racconto del tuo “Sconfittoriale”, libro di memorie, di analisi sociologiche, di articolate valutazioni di comportamenti di chi, dagli anni del dopoguerra e della ricostruzione fino alla soglia di quelli del presente, ha operato a vario titolo nella nostra odiata e pur tanto amata città ed ha scritto ricordevoli pagine di vita comunitaria.

Per questo, avendo anch’io agito in un periodo così significativo, spero di essere ammesso a dare un contributo di maggior peso al saggio che ti ha impegnato su “Sud, genio e potere” quando ne deciderai la ristampa. Il che, ho ragione di credere, avverrà presto, visti il consenso di critica ed il successo di vendite riscossi dalla tua ultima opera. AI momento, mi accontento di aver già incontrato la tua attenzione con la pubblicazione di un mio scritto dedicato alla ricerca di Ninì Ranaldi, tenero uomo contro, artista di vaglia, dotato – per dirla con Antonio Tabucchi, della poetica capacità “di invitarti ad entrare nei suoi sogni”.

A lui sono stato legato da una lunga profonda amicizia, condividendone la passione per l’arte, oltre a quella per l’archeologia che mi ha portato a partecipare, di tanto in tanto, da osservatore e cronista, a memorabili giornate di scavo a Serre, Braida e Rossano di Vaglio, come nelle campagne di Pietragalla e Cancellara e a Tuppo dei Sassi di Filiano, quella località dove ho avuto il privilegio di essere il primo giornalista a prendere visione e a documentare fotograficamente le straordinarie pitture rupestri dell’odierno “Riparo Ranaldi”, come giustamente si chiama dal nome del suo scopritore.

Partecipe, per altri aspetti, di queste come di altre memorabili iniziative, é stata una persona alla quale la città dove è nata ed ha prevalentemente vissuto ed operato fino alla morte continua a negare un giusto tributo: un artista di solide doti, di quelli cui, come tu sostieni, “Lo Sconfittoriale” ben si addice, proprio per la sua appartenenza alla schiera dei “temprati dalla sconfitta, forgiati dalla sua didattica, sedotti dal suo sapore amaro e dalla sua voluttà ineluttabile”. Parlo di Gerardo Corrado D’Amico, mio fratello, che é stato Ira i più vicini a Ninì Ranaldi per affinità elettive, cofondatore con lui del COSPIM, il collettivo degli artisti potentini cui si deve una delle migliori pagine del rinnovamento civile potentino in anni di esaltanti fermenti culturali: gli stessi anni ai quali ci riconducono i puntuali riferimenti a persone, vicende, momenti di vita comunitaria di particolare rilievo che é dato cogliere nel tuo libro-documento.

In quest’opera, intrigante fin dal titolo e attraverso la quale ho rivissuto tanta parte dei miei anni verdi, felici malgrado le difficoltà ambientali nelle quali ci dibattevamo e che, per quel che mi riguarda più da vicino, sono stati decisivi per farmi approdare a un decoroso percorso di vita, pienamente appaganti sul piano umano avendomi permesso di frequentare tanti oscuri eroi della vita di provincia, ma anche uomini e donne di successo che hanno saputo mettere compiutamente a frutto il loro talento.

Guidato dallo snocciolare di avvincenti momenti di vita, di dati cronachistici, di analisi concettose, dalle tante ironiche incursioni nei campi di certi comportamenti esistenziali straripanti dalla tua bella prosa, ricca di colte citazioni, nella quale confluiscono in maniera mai banale i tesori degli enciclopedici saperi che l”anno di te un intellettuale a tutto tondo, mi é stato possibile ritornare alla sorgente del comune nostro laico mondo dello Spirito.

Tanti tuoi compagni di strada li ho incontrati anche io sul mio cammino: Tuccino Riviello, al quale mi ha accomunato l’interesse per l’Arte e per le Lettere, per il calcio e per un blando edonismo di stampo oraziano che ci impegnava in cantina davanti ad un “osso di morto” e a un buon bicchiere di vino; l”’impegnato” Carmelo Cuscino, sempre pronto a innalzare bandiere, prima fra tutte quella rossa della sua vagheggiata rivoluzione proletaria; Orazio Gavioli, che avevo conosciuto e incominciato a frequentare all’epoca in cui, insieme, con il cappellone del boy scout in testa, ci rifacevamo all’ insegnamento di Lord Baden Powell.

 

Allo stesso tuo racconto di rapporti con persone ed ambienti sociali, pur non essendoci mai stati fra noi contatti che andassero al di là di una pura e semplice conoscenza e, come credo, di una istintiva reciproca simpatia, é riconducibile tutto il resto di quel percorso al quale ci riporta il pregnante universo di uomini e vicende ad essi legate che tanta parte sono della storia più edificante di Potenza in primo luogo e, per altri aspetti dell’ intera regione lucana.

Dall’affascinante tuo andare a ritroso nel tempo, ecco allora emergere tante indimenticabili figure. Quelle dei professori del nostro Liceo Classico, da Caricasole a Mazzarella, da Lichinchi alla Capoluongo, da Monsignor Errichetti a Don Michele Rotunno che ci insegnavano religione e comportamenti di vita. Di compagni di scuola delle più varie levature culturali ed umane: da Nicola Tranfaglia, che ha saputo imporsi come uno dei più importanti storici italiani del momento, ali’ eclettico Rosario Morsillo; da Mimmo Cavallo, che ha egregiamente affiancato Guido Carli all’epoca in cui era alla guida della Banca d’Italia, a Paolo Appella, avvocato di grido, che incominciò a far parlare di sé come penalista in quel processo Bebawi che ha fatto epoca, fratello di Peppino, più giovane di qualche anno, allievo anche lui del “Quinto Orazio Flacco” ed oggi affermato storico dell’arte. Di politici e sindacalisti del calibro di Gino Grezzi, Giacomo Schettini, Nicola Chiaffitella, Nino Calice, Antonio Micele con suo fratello Silvano, mio amico da sempre, ed Elio Altamura, Gennaro Laus e il perennemente polemico Pietro Simonetti, tutti esponenti di una Sinistra radicale dalla quale sono stato sempre distante ma che, per averla frequentata sul piano di rapporti rispettosi delle diversità di vedute di ognuno, mi é stata fondamentale per l’apprendimento delle giuste regole del vivere democratico. Di poeti quali Giulio Stolfi, Bernardo Panella e quel Mario Trufelli di cui sono stato un riconosciuto alter ego, avendo con lui condiviso una lunga stagione professionale in una RAI facile “vituperio delle genti” e mio definitivo approdo di lavoro ai tempi di Martis (Guido, come è detto ne “Lo Sconfittoriale”), dopo una decennale vita da precario con impegni nelle attività più varie: da quella di giornalista, per la quale qualcuno mi conosce ancora oggi, alle altre di ideatore e allestitore di programmi radiofonici, in primo luogo quelli della fortunata rivista “Il Lucaniere” di cui sono stato il principale autore dei testi, insieme a Mario Garramone e a Nanni Tamma.

Dal personale libro di ricordi che il tuo ponderoso saggio su “Sud, genio e potere” mi ha fatto riaprire, sfoglio infine le pagine a me fra le più care riguardanti il rapporto di viscerale attaccamento che, fin dall’ età della ragione, ho avuto e continuo ad avere con i tanti miei amici pittori e scultori e, in linea più generale, con il mondo che li esprime.

Della gran parte di questi autori, da te a vario titolo citati ne “Lo Sconfittoriale”, mi sono occupato a più riprese, contribuendo (ha la bontà di riconoscermi anche Raffaele Nigro nel suo “Viaggio in Basilicata” (Mario Adda editore in Bari) alla valorizzazione dei più vicini alla mia generazione. Parlo dei Masini, dei Lovisco, dei Filazzola, dei Cafarelli, delle Antonietta Acierno e dei tanti altri di solide capacità che ho incontrato occupandomi del loro esercizio artistico, compresi taluni inguaribili miseri Narcisi propensi al vittimismo che, imputandomi trascuratezza nei loro confronti, hanno tentato (e poteva mancare, proprio a Potenza?) di nuocermi inviando esposti-flop ai miei “superiori romani”.

Le citazioni in più, a parte quella già doverosamente riservata a Ranaldi, sono: per Michele Giocoli, mio vecchio affettuoso amico di famiglia, inimitabile cantore della campagna potentina; per Antonello Leone, autentico “homo faber” che, in simbiosi con la sua compagna di vita e di militanza artistica Maria Padula, ha saputo rendermi partecipe della sua dirompente carica vitalistica, conquistandomi con l’estro del geniaccio e la carica di umanità che si è sempre portato dietro; per Mauro Masi, che ci ha lasciati da poco, divenuto da tempo “potentino di Roma” con il quale ero solito incontrarmi al Caffè Rosati in Piazza del Popolo, dove parlavamo della nostra Potenza, degli amici comuni e dei momenti più importanti di una militanza artistica che ne ha fatto un impareggiabile acquarellista e autentico maestro del colore, poetico interprete del nostro paesaggio e moderno seguace dell’ alta lezione cezanniana, come dei più significativi linguaggi del Novecento; per Itala Squitieri, fra gli artisti “il più amato dai potentini”, che dipingeva “donne verticali”, fanciulle in fiore, austere contadine alla fontana, cavalli al galoppo, vette dolomitiche e tabià dell’Ampezzano, figure e volti di uomini famosi come il suo amico Hemingway, affascinanti luoghi di terre lontane, da quella della Polinesia alla mitica Petra dei Natabei; per Rocco Falciano, che dell’ impegno sociale ha fatto la ragione della sua ricerca nella “rivoluzionaria” prima stagione del muralismo, condivisa con Ettore De Conciliis, prima di approdare ali’ intimismo della sua attuale pittura di genere in cui prevale l’ attenzione per la natura morta; per Nino Tricarico, infine, valido interprete dell’ astrattismo lirico, con il quale ho spartito interessi di ampio respiro culturale e la frequentazione di maestri abituali frequentatori dei lidi lucani, quali Ernesto Treccani e Tono Zanacanaro, e di pittori cui siamo stati più vicini come quel Luigi Guerricchio , Ginetto per noi che lo conoscevamo a fondo e godevamo, oltre che delle espressioni della sua arte, anche delle ricorrenti incursioni in ogni campo dello scibile, con cui era solito accompagnare, con bonaria ironia, una conversazione a tavola o anche in occasioni decisamente meno informali.

Si ferma qui il mio argomentare sui contenuti dello “Sconfittoriale”, opera che, ricorrendo ad una forzatura nemica della logica, mi piace definire una storia di “sconfitti vittoriosi”: la storia alla quale hai saputo dar vita richiamando i favolosi anni della nostra migliore giovinezza.

Ti chiedo scusa, caro Lucio se – forse con troppi riferimenti al mio vissuto individuale – ho indugiato a lungo nel riferire fatti, circostanze, momenti della vicenda umana e spirituale di persone alle quali siamo stati legati (e, in molti casi, fortunatamente lo siamo ancora) da un comune sentire.

 

Tutto questo ho fatto con il solo intento di esprimerti il più vivo apprezzamento per l’ennesima prova che hai saputo dare delle tue capacità di scrittore di razza.

 

Un caro saluto, con stima ed amicizia.

Franco

 

Potenza. Maggio 2011

 

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Sull' Autore

Quotidiano Online Iscrizione al Tribunale di Potenza N. 7/2011 dir.resp.: Rocco Rosa Online dal 22 Gennaio 2016 Con alcuni miei amici, tutti rigorosamente distanti dall'agone politico, ho deciso di far rivivere il giornale on line " talenti lucani", una iniziativa che a me sta a molto a cuore perchè ha tre scopi : rafforzare il peso dell'opinione pubblica, dare una vetrina ai giovani lucani che non riescono a veicolare la propria creatività e , terzo,fare un laboratorio di giornalismo on line.

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