LA FAMIGLIA IERI, OGGI E DOMANI

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Dott.ssa Margherita Marzario

Abstract: L’articolo illustra, con riferimenti alle norme sia interne sia internazionali, il senso relazionale e comunitario dell’identità familiare, senso fondante l’esistenza di ogni singola persona

  1. Il divenire della famiglia

Alla fine del XX secolo in occasione del 50° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite si scriveva che “la famiglia brilla così come un segno di speranza in un mondo che ha decisamente bisogno di imparare nuovamente ad amare”. Quest’affermazione risuona ancor più vera nel XXI secolo dopo l’esperienza dell’emergenza sanitaria durante la quale è emersa la fragilità e la necessità della famiglia. Infatti, un gruppo interdisciplinare di ricercatori ha analizzato le conseguenze dell’emergenza Covid-19 sulle famiglie separate in Australia e la ricerca (pubblicata il 24 settembre 2020) ha rilevato che le incertezze, le ansie e le complicazioni aggiuntive sperimentate sulla scia del virus sembrano aver destabilizzato la genitorialità post-separazione e gli accordi finanziari che fino a quel momento funzionavano.

Sulla famiglia si è sempre discusso nel diritto (basti pensare alle disquisizioni sulla figura del pater familias nel diritto romano) e il legislatore italiano è intervenuto per instillarle nuova linfa già nel 1975 con la legge del 19 maggio 1975 n. 151 “Riforma del diritto di famiglia”. La suddetta legge ha novellato la parte relativa alla famiglia nel Libro Primo del codice civile per dare alla stessa un assetto secondo i principi costituzionali, per darle una costituzione interna (uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, unità familiare, doveri e diritti verso i figli) pur senza restringerla in una definizione.

In particolare, dalla lettura congiunta della rubrica dei tre articoli letti durante il rito del matrimonio, articoli 143, 144 e 147 cod. civ., si ricava che il matrimonio è un atto che si celebra e un accordo che si stringe da cui conseguono diritti e doveri reciproci dei coniugi, indirizzo concordato della vita familiare (si noti che il legislatore ha usato il verbo “concordare” e non “accordarsi” che avrebbe richiamato la terminologia contrattualistica, artt. 1321 e ss. cod. civ.) e residenza della famiglia e doveri verso i figli: questi i pilastri, ponti e punti di riferimento della vita coniugale e familiare. Consorti, “nella buona e nella cattiva sorte”, e “sorte” deriva etimologicamente da “annodare, legare insieme” e, quindi, secondo alcuni etimologi è “ciò che stringe, ciò che preme”: ebbene, ciò che stringe, ciò che preme i coniugi è la famiglia. “Famiglia”, che nel testo previgente degli artt. 143 e seguenti cod. civ. era nominata solo nell’art. 144 laddove il marito era definito “capo della famiglia” e che, dopo la riforma del diritto di famiglia del 1975, è stata inserita in più articoli a cominciare dall’art. 143 comma 2 dove si legge “collaborazione nell’interesse della famiglia”. Questo a ricordare che la famiglia è quell’entità soggettiva che nasce dai coniugi e che li sublima, è ciò che esiste e resiste anche oltre i coniugi.

La psicoanalista Laura Pigozzi scrive: “Mai come oggi i modelli familiari che ci circondano sembrerebbero essersi ampliati e dinamizzati, mettendo in questione il principio stesso della famiglia “naturale” e mostrandone il supposto carattere ideologico. Eppure, a un’analisi più profonda, il principio della famiglia “ombelico del mondo” è tuttora quanto mai imperante: anche dietro le famiglie ricostituite, allargate, monogenitoriali e così via si rivela l’immagine di una famiglia concepita e custodita come nido inclusivo ed esclusivo, un soggetto chiuso in sé, come una sorta di corpo uterino, che ritiene di contenere tutto ciò di cui i suoi membri hanno bisogno. Il rischio è quello di costruire un legame claustrofilico (il contrario di claustrofobico) con i figli, privilegiando le sue modalità simbiotiche e autoappaganti. In questa visione il mondo viene come risucchiato all’interno della famiglia, nella quale si tende a soddisfare tutti i bisogni, anche quelli legati al rapporto con l’esterno, col gruppo e con la collettività, dimenticando che la crescita è fatta anche di opposizioni, affrancamento, dissonanze, negoziazioni con l’esterno”. “La famiglia, in quanto cellula fondamentale della società, ha diritto ad un’adeguata tutela sociale, giuridica ed economica per garantire il suo pieno sviluppo” (punto 16, Parte I, Carta sociale europea). La famiglia, per essere tale, non deve incistarsi, non deve essere “claustrofilica”, altrimenti si cade nel familismo, tenendo a mente che già il concepimento di un figlio è frutto di un’apertura. In molti casi la famiglia non è più un consorzio alla base dell’intero consorzio umano ma una consorteria. “La coppia e la famiglia di oggi è una consorteria di vizi e compromessi” (cit.).

La famiglia non può incistarsi nel solo rapporto genitori-figli: deve aprirsi almeno a un rapporto plurigenerazionale e intergenerazionale, così com’era e al contrario di come avviene (esigenza di rapporto che è riaffiorata durante l’isolamento dovuto alla pandemia da Covid-19). Ogni famiglia è una cellula interculturale perché costituita da due persone che provengono da sistemi familiari differenti. La famiglia stessa è cultura e culto della persona e del senso di comunità.

La famiglia è comunità, realtà, autenticità: tutte peculiarità che richiedono impegno costante e anche coraggio (da “cuore”) e coerenza (da “essere unito”). L’amore non è tangibile ma palpabile, non è visibile ma sensibile, si concretizza (o dovrebbe essere così) soprattutto nell’assistenza (la cui violazione costituisce un reato secondo l’art. 570 cod. pen.), in quell’atmosfera di felicità, amore e comprensione necessaria per il pieno ed armonioso sviluppo della personalità del fanciullo (dal Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). La famiglia dovrebbe essere la culla della cosiddetta “hug therapy”, terapia degli abbracci (consigliati addirittura con i peluche o gli alberi), fonte di benessere e memoria intima e profonda che dovrebbero accompagnare la persona in ogni allontanamento dal nucleo familiare.

La famiglia deve tornare a essere scuola di solidarietà e non di individualismo (per esempio si tende a difendere a spada tratta i propri figli anche contro i figli degli altri), quale “formazione sociale” ai sensi dell’art. 2 della Costituzione. Anche nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile (Risoluzione adottata dall’Assemblea Generale il 25 settembre 2015) si rimarca il ruolo basilare delle famiglie: “Ci impegneremo ad assicurare ai bambini e ai giovani un ambiente stimolante per la piena realizzazione dei loro diritti e la messa in pratica delle loro capacità, aiutando i nostri paesi a beneficiare del dividendo demografico attraverso scuole sicure, comunità coese e le famiglie” (n. 25).

  1. L’avvenire della famiglia

In passato si paventava la morte della famiglia, invece nel pensiero contemporaneo – in cui si discute su transumanesimo, metaumanesimo e postumanesimo – si tende a parlare di “società postfamiliare”.

Il sociologo Pierpaolo Donati scrive nel Rapporto Cisf 2020: “Bisogna prendere atto che nel prossimo futuro la società sarà sempre meno “famigliare” nel senso in cui l’hanno conosciuta le generazioni precedenti. Stiamo entrando in una società postfamigliare. Una società in cui le famiglie si andranno frammentando, scomponendosi e ricomponendosi sulla base di giochi relazionali che abbandonano la struttura sociale della famiglia come intreccio fra la relazione sponsale e quella genitoriale. Si può essere coppia senza impegni matrimoniali, e anche senza convivere assieme; la coppia può essere ristretta ai due partner o includere relazioni più ampie; si può essere genitori senza aver generato i figli con rapporti naturali, ma mediante l’uso di varie tecnologie riproduttive, fino al ricorso alla maternità surrogata. Fare coppia ed essere genitori sono due possibilità che rispondono a progetti diversi di vita, vanno per conto loro. La famiglia classica composta di madre, padre e figli naturali o adottivi diventa solo una delle tante possibilità di chiamarsi famiglia”. Pur nella libertà di sposarsi e di costituire una famiglia (si veda per esempio l’art. 9 Carta di Nizza) non ci si dimentichi che la famiglia è il contrario di egoismo e individualismo e che è prioritario l’interesse superiore del fanciullo. Famiglia: non è solo vivere insieme, ma saper vivere insieme, poter vivere insieme, voler vivere insieme. Famiglia: “ambiente naturale per la crescita ed il benessere di tutti i suoi membri ed in particolare dei fanciulli” (dal Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).

Il sociologo Donati aggiunge: “L’alternativa alla famiglia post-umana esiste ed è quella che possiamo chiamare “famiglia relazionale”, nella quale le relazioni fra uomini e donne, così come fra generazioni, sono caratterizzate dalla fiducia, cooperazione e reciprocità come progetto riflessivo di vita. Cioè una struttura sociale di relazioni di cura che ha in sé, per via della generatività della coppia e della trasmissione generazionale, la capacità di realizzare un progetto specifico di vita in comune. […] La “famiglia relazionale” è bensì una famiglia che si prende cura dell’Altro, ma lo fa guardando alla bontà delle relazioni familiari e dei frutti che portano, dando priorità alla relazione sull’interesse individuale, nella consapevolezza che solo certe relazioni, quelle del genoma naturale specifico della famiglia, possono assicurare l’identità umana, sessuata e generazionale di ciascuno, nella sinergia delle differenze”. Anche se cambia (etimologicamente “cambiare” deriverebbe dal greco “kàmbein” col significato di “curvare, piegare, girare intorno”) nel tempo e nello spazio, la famiglia si regge su pilastri necessari, quali il rispetto (concetto che richiama lo sguardo, imprescindibile in una famiglia), la reciprocità, i diritti, la dignità di ognuno. Si ricordi che la famiglia è un diritto della persona minore quale ambiente dove crescere ed essere educato (dalla legge 184/1983 “Diritto del minore ad una famiglia”).

Lo psichiatra e psicoterapeuta Tonino Cantelmi nello stesso Rapporto Cisf specifica: “Se l’identità è liquida, anche il legame interpersonale diventa liquido, cangiante, mutevole, individualista e dunque fragile. L’uomo del terzo millennio sembra rinunciare alla possibilità di un futuro e sembra concentrarsi sull’unica opzione possibile, quella del presente occasionale, del momento, dell’istante. Ecco dunque la metamorfosi della famiglia. Se i legami sono light, connessioni mutevoli svincolate da progettualità e percorsi di crescita, privi di generatività e prevalentemente sessualizzati, se tutto questo ha il sopravvento, quando parliamo di famiglia, di cosa parliamo? Direi che oggi parliamo soprattutto di monadi individuali: la famiglia coincide con l’individuo, che più o meno occasionalmente incrocia altri individui, con i quali sciama e disegna realtà instabili e mutevoli proprio come fanno gli sciami di insetti. Generare significa innanzitutto soddisfare il desiderio di figli, sempre in contesti più o meno individuali o paraindividuali, ed è staccato e nettamente separato da ogni aspetto di oblatività”.

Famiglia è fattività, progettualità, responsabilità: doveri e obblighi verso le nuove generazioni, come si ricava pure dall’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, perché la “sostenibilità” comincia in famiglia, da ogni famiglia. In famiglia non si ritenga niente e nessuno scontato, non si banalizzi la quotidianità, non si trascuri alcun segno o segnale: in famiglia bisogna tornare a dedicarsi tempo e sguardo. È questa l’essenza dell’assistenza morale che ci si deve tra coniugi (art. 143 cod. civ.) e si deve ai figli (art. 147 cod. civ.). La famiglia è fondamentale e bisogna darle fondamenti (tra cui la cosiddetta “amicizia coniugale”). La formulazione dell’art. 143 cod. civ. non è mera teoria ma è la base su cui costruire, modulare la propria vita matrimoniale e familiare anche secondo le indicazioni dell’art. 144 cod. civ..

“[…] perché nel prossimo futuro la società sarà sempre meno ‘familiare’ nel senso in cui l’hanno conosciuta le generazioni precedenti. Scarsa propensione al matrimonio, calo demografico, famiglie monogenitoriali o con un solo componente: la geografia delle relazioni familiari sta diventando sempre più complessa e frammentata e, allo stesso tempo, sempre più svincolata da assetti formali e responsabilità (genitoriali e sociali) che riconducono alla famiglia classica” (dal rapporto Cisf 2020). I bambini intravedono la famiglia negli animali (tanto che, per esempio, parlano di ragnetto figlio, mamma ragno e papà ragno), disegnano la famiglia, rappresentano la famiglia nei loro giochi simbolici o di ruolo. I bambini hanno un senso di famiglia e di casa che gli adulti (o pseudotali) ignorano o calpestano. Per recuperare i principi educativi e di vita bisognerebbe tornare a osservare i bambini come hanno fatto i grandi della psicologia e della pedagogia, come Jean Piaget e Maria Montessori.

Se il Rapporto Cisf 2020 “La famiglia nella società post-familiare” ha evidenziato la cosiddetta “evaporazione della famiglia” che si è andata manifestando negli ultimi trent’anni, al tempo stesso la Dichiarazione della FAFCE (Federazione delle associazioni familiari cattoliche in Europa, 5 giugno 2020) ha sottolineato che “Nell’emergenza Covid-19 la famiglia è stata la roccia su cui sono rimaste salde le vite delle persone”. La famiglia, anche se avversata, abbandonata, allontanata o lacerata, è e rimane punto di riferimento.

“La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato” (art. 23 par. 1 Patto internazionale sui diritti civili e politici): oggi può essere necessario che la famiglia sia protetta da se stessa affinché possa essere e continuare ad essere se stessa perché “la famiglia è espressione del significato della forza vitale dell’uomo” (il giurista austriaco Herbert Schambeck).

 

 

 

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Sull' Autore

Insegnante, giurista, con la passione della lettura, della scrittura, della fotografia e di ogni altra forma di arte e cultura. Autrice di tre libri per Aracne Editrice (Roma) – fra cui “La bellezza della parola, la ricchezza del diritto” (2014) menzionato nel sito dell’Accademia della Crusca –, di oltre 150 pubblicazioni giuridiche citate in più sedi (testi giuridici, convegni, università, siti specializzati, tesi di laurea) e di altri scritti, già operatrice socioculturale nel volontariato (da quello associativo a quello penitenziario). Nata a Salandra (MT), vive a Matera.

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