LA POLITICA REGIONALE CON LA TESTA NEL FOSSILE

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Si accende il dibattito aperto da Europa Verde sulla transizione energetica ed emergono ad oggi due posizioni: la prima è di avere coraggio nel passare alle fonti alternative, la seconda che boccia come utopia il passaggio immediato e ritiene che ci sia spazio per una transizione progressiva nella quale l’uso del gas diventa una possibile soluzione transitoria.

Vittoria Purtusiello

 

 

La crisi energetica e il conseguente rincaro bollette sono diventati gli argomenti preferiti degli scettici del cambiamento climatico e della transizione ecologica. In verità sono pochi quelli che ancora non credono nel cambiamento climatico avendo ogni giorno quotidiana evidenza di quanto accade, eventi dannosi che procurano la morte di migliaia di persone, esposti al rischio di siccità, inondazioni, dissesto idrogeologico.

Ma sulla transizione ecologica, sulla riduzione delle emissioni e sulle fonti energetiche da utilizzare siamo ancora consegnati ad un dibattito poco maturo per un Paese che siede tra le principali potenze del mondo, tutto ripiegato in un confronto ideologico tra chi strizza l’occhio alle multinazionali del fossile e predica la difesa di produttività e posti di lavoro e chi, invece, dovrebbe pensare al bene dell’umanità e auspicare semmai il ritorno ad una vita bucolica.

In particolare sul nucleare, a partire dal 1987, anno del primo referendum, ci si torna con una certa ciclicità. Resta il fatto che il nucleare di quarta generazione ancora non esiste e che i rischi legati allo stoccaggio delle scorie radioattive sono altissimi. In Italia ancora è aperta la questione dell’individuazione del sito unico di stoccaggio e intanto da 30 anni gli italiani sostengono in bolletta il costo del decomissioning, sono stati spesi già circa 4 miliardi e probabilmente ne serviranno almeno altri 4 fino al 2036, anno in cui forse SOGIN riuscirà ad ultimare il piano.

In tutta franchezza pensoche si debba uscire dalla polemica da consenso elettorale, e ricorrere alle capacità, alle competenze e soprattutto ad una azione politica all’altezza per discutere con serietà e responsabilità di transizione ecologica e di fonti energetiche sulle quali investire.

Nei giorni scorsi la Commissione Europea ha fatto circolare una bozza dell’atto delegato che fissa le condizioni per consentire a gas e nucleare di conquistare l’etichetta “green”, la cosiddetta tassonomia verde. Attorno a questo documento si sono avvicendate dichiarazioni e prese di posizione di quasi tutti i leader italiani ed europei. Europa Verde ha chiesto con forza al Governo Italiano di esprimere la propria contrarietà a quella bozza perché la tassonomia verde serve ad indirizzare gli investitori privati verso attività ecosostenibili, in parole povere ad ottenere più finanziamenti per i progetti. Una bozza nettamente in contro tendenza rispetto alla scelta di non finanziare gas e nucleare con i green bond del Next Generation EU. Quella di Europa Verde non è una richiesta ideologica ma di merito. La tassonomia verde dovrebbe fare chiarezza su cosa è sostenibile e cosa no. Chiaramente né gas e né nucleare possono essere incluse tra le fonti di energia sostenibili. Chi vorrà investire su infrastrutture e progetti legati al gas e al nucleare potrà farlo comunque ma senza l’etichetta di sostenibilità, pagando ciò che è dovuto per le emissioni generate.

Da molti anni si ritiene il gas una fonte di transizione e l’Italia ne è un esempio, il gas è la prima fonte energetica nazionale, e provare ad inserire nel dibattito nazionale il tema del raddoppio della produzione nazionale è solo fumo negli occhi, una ulteriore forzatura nei confronti di un territorio come la Basilicata che già fornisce gas e petrolio per una quantità pari a circa il 7% del fabbisogno energetico nazionale. Il raddoppio della produzione di gas, sostenibile per una decina di anni al massimo, non porterebbe nessun ristoro nell’immediato in termini di riduzione della bolletta energetica. Il Ministro Cingolani e il Governo dovrebbero piuttosto intervenire sul caro bollette con soluzioni che vadano nella direzione di aiutare concretamente e nell’immediato soprattutto le famiglie che non possono sostenere la spesa. Chi percepisce un reddito medio alto è nelle condizioni di ammortizzare l’incremento della bolletta perché non di primaria importanza nella sua spesa, va sostenuto chi invece è in condizione di reale disagio e rischia di non vedersi garantito un diritto primario.

Il momento richiede uno sforzo ulteriore, un passo in avanti per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Ènecessario investire sulle rinnovabili e farle diventare la prima fonte di energia in Italia, rendendo le procedure più trasparenti e più veloci e togliendo dalla selva della burocrazia le richieste già in essere. Tutto ciò è possibile, ancora una volta, compiendo uno sforzo di competenza ed evitando un eccesso di semplificazione, coniugando la tutela del paesaggio e le vocazioni territoriali con la necessità di installare impianti a fonti rinnovabili. Ci sono distese di coperture industriali senza un solo pannello fotovoltaico si cominci da lì altro che ambientalismo del NO!

È necessario favorire un nuovo modello energetico, non più centralizzato ma distribuito costruito sull’utilizzo delle fonti rinnovabili e sull’efficienza energetica, un modello nuovo in cui il cittadino è consumatore e allo stesso tempo produttore di energia. In vista degli obiettivi di riduzione delle emissioni del 2050, si stima che circa 260 milioni di cittadini dell’UE si uniranno al mercato dell’energia come prosumer, generando il 45% dell’elettricità rinnovabile complessiva del sistema.

Probabilmente chi ha ancora la testa nel fossile ed anche un certo orientamento politico, che con un eufemismo definirei conservatore, può avere la sensazione di essere davanti ad una “utopia verde” ed invece è realtà, basterebbe approfondire l’esistenza delle centinaia di comunità energetiche nel mondo. L’Italia le ha scoperte da molto tempo ma le ha riconosciute legalmente solo nel 2020 e fatica ancora a sostenerle ed incentivarle ma quella è la direzione giusta. Soggetti privati e pubblici che insieme cooperano con l’obiettivo di produrre, consumare e gestire l’energia attraverso uno o più impianti rinnovabili locali, una nuova forma di democrazia energetica con un enorme potenziale dal punto di vista sociale.

Anche in Basilicata è possibile. E forse lo è ancor di più per l’esigenza di superare il “modello fossile” che fino ad oggi ci ha visti protagonisti. Ci sono strumenti anche legislativi dai quali partire come la legge 32/2018 sulla decarbonizzazione, esiste un soggetto come la Società Energetica Lucana che potrebbe ricoprire un ruolo enorme nella costruzione di comunità energetiche ma si preferisce utilizzarla piuttosto come un parcheggio nel “Cencelli” della maggioranza regionale. Ci sono comuni, come Tito ad esempio, che hanno già avviato un percorso virtuoso verso la costruzione di una prima comunità energetica.

Ad oggi, invece, non ci resta che registrare una ulteriore perdita di tempo da parte del Governo regionale che si prodiga nell’unico sforzo di promettere al massimo qualche “spicciolo di gas” mostrandototale assenza di programmazione e nessuna capacità di intercettare investimenti green in grado di portare sviluppo e occupazione per il nostro territorio.

Lo studio Censis-Confcooperative (novembre 2021) stima entro il 2025 una richiesta di 2,4 milioni di green jobs in Italia e noi corriamo il rischio di restare fuori da questa partita senza una strategia di uscita dal fossile e di riconversione delle produzioni esistenti. Senza la capacità di formare profili professionali adeguati, ad oggi esiste un unico ITS in Basilicata, senza riuscire ad attrarre investimenti e senza fornire alle imprese del territorio incentivi ed opportunità di riconversione. 

Nei prossimi mesi non ci stancheremo di ripetere che la transizione ecologica e il cambio di paradigma energetico hanno una portata rivoluzionaria che interessa tutti, cittadini e imprese e che la politica dovrà svolgere un ruolo fondamentale di guida nella raccolta delle opportunità che ne scaturiscono.

                                                         

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Sull' Autore

Quotidiano Online Iscrizione al Tribunale di Potenza N. 7/2011 dir.resp.: Rocco Rosa Online dal 22 Gennaio 2016 Con alcuni miei amici, tutti rigorosamente distanti dall'agone politico, ho deciso di far rivivere il giornale on line " talenti lucani", una iniziativa che a me sta a molto a cuore perchè ha tre scopi : rafforzare il peso dell'opinione pubblica, dare una vetrina ai giovani lucani che non riescono a veicolare la propria creatività e , terzo,fare un laboratorio di giornalismo on line.

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