l’antiquario del demonio 3)
Diventa opinabile ed anche utile, addirittura concepibile, anzi possibile una sorta di ricerca nel prediligere figure, oggetti, statue, immagini e anagrafe del demonio, ma anche più capillare di tutte le descrizioni, le identificazioni, le apparizioni, gli aneddoti, gli studi che laici e religiosi, asceti ed altri, attratti dalle idolatrie e dal paganesimo, hanno condotto della presenza in questo mondo.
Le anagrafi del demonio non si perdono nella notte dei tempi e viaggiano più o meno con le Sacre Scritture, nei testi evangelici dell’antico e nuovo testamento ed altre, nei tempi moderni. Vi è una specie di religiosità, di mitologica ossessione, nella narrativa, nelle riflessioni filosofiche, nella letteratura di poeti, di scettici, di registi del cinema e di operatori del teatro, ogni volta che ci s’imbatte nelle sue raffigurazioni, nelle “maschere animalesche dal tronco rinsecchito e mostruoso … con ali di uccello di quel reietto angelo di Dio, Principe dell’aria[1]” e del buio.
Baltrusaitis rileva come si sia sempre attribuita al “genio del male” una carica di orrido elimimando ogni segno delle sue origini di creatura di Dio e della sua celeste natura. Nel Medio Evo, Satana è dotato di ali da pipistrello gigante, così come lo volevano riportare i religiosi dell’epoca nella convinta opinione che egli fosse il sovrano dell’ombre tenebrose e delle Sinistre Regioni.
Ci viene utile riportare la riflessione di Ettore Romagnoli quando sostiene che qualsiasi argomento si adotti da parte degli studiosi, occorra sempre osservare le opinioni di coloro che hanno affrontato ancor prima l’argomento “per racimolare i pochi acini di novità sfuggiti alle vendemmie. Fare una spigolatura di quegli acini che miscelati ai tanti grappoli già raccolti, renderebbero sempre più ricco e generoso il nitido vino della migliore produzione culturale …[2]”.
Ciò nonostante – aggiungiamo noi – occorre però sempre affrontare direttamente e senza intermediari ogni tema di ricerca, rifletterci sopra a lungo – scrutando nei reconditi meandri, finché le sole forze del nostro pensiero ne abbiano illuminato ogni aspetto.
Se, da un lato, lungo il corso dei millenni, l’uomo si è arrovellato nella speranza di conoscere Dio, senza mai riuscirci, dall’altro non ha mai trascurato di riflettere sul nemico di Dio, la negazione, convinto che alla questione si debba necessariamente porre un’equazione hegeliana, di bene e male, di amore e odio, di bellezza e orrido, di umiltà e superbia …
Lui, l’antidio dell’orgoglio, il non essere, l’opposto di ogni cosa buona, la brutalità contro la dolcezza, la crudeltà contro la tenerezza, l’anti per eccellenza e il rovescio, il concentrato dell’orrore: «che dal tempo alla eternità – scrive Alfredo Ferruzza[3] – macera l’irreparabile caduta coinvolgendo, o tentando di coinvolgere, ogni creatura nella propria rovina. Lui, il numero due di ogni storia, lo sconfitto per definizione e che spesso riesce ad ottenere vittoria: lo confermano le tragedie a non finire che, da Adamo in poi, segnano il destino della umanità.»
Ciò nonostante agisce con tale sinuosità ed abilità da farsi accogliere come suggeritore, bravo alleato, amico fraterno, specie quando nella voluttà dell’eros e della libidine, l’uomo o la donna si lasciano trascinare nella rovina. Si tratta della più raffinata mistificazione, del capolavoro ricorrente di un perfetto simulatore.
[1] Artificina. Gennaio/marzo 1977. Carte Segrete, nota di Massimo Riposati.
[2] Ettore Romagnoli, Il Teatro Greco, prefazione. F.lli Treves, Milano.
[3] Alfredo Ferruzza, Un diavolo per capitolo. Rusconi Editore. Milano, 1976.