LO CHIAMAVANO L’INCANTATO, L’ULTIMO ROMANZO DI FORMAZIONE DI PATRIZIA BIANCO

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di Gianfranco Blasi

Patrizia Bianco, è una scrittrice potentina molto raffinata. I suoi modelli culturali appartengono al solidarismo, al personalismo comunitario. Ella vive la sua dimensione umana e intellettuale a diretto contatto con il bisogno di condividere, collaborare nella costruzione del quotidiano che si fa progetto universale. La sua scrittura sgorga da questo bisogno irrinunciabile. Gli “altri” per Patrizia Bianco non sono un indistinto, ma si rappresentano come valore, opportunità. I personaggi dei suoi romanzi si cercano, a volte si odiano, fraternizzano, litigano, si scompongono e riordinano alla ricerca di un’etica. Per la Bianco l’obiettivo è l’armonia dopo la tempesta. La soddisfazione personale e  comunitaria di una ricomposizione sociale.  L’autrice è giunta alla sua terza fatica. Dopo Controcanto, verso il vento, in cui ha affrontato in maniera autobiografica il tema delle origini e dell’adozione, e dopo Radici Lucane che ha ripercorso le vicende complesse di una famiglia lucana nel cuore della Murgia Materana, ai tempi in cui “I Sassi”  si configuravano come “una vergogna inaccettabile” da cancellare, è nelle librerie, in queste settimane, con  Lo chiamavano L’Incantato. Suggestiva è stata la presentazione ufficiale nel salotto letterario de “Le Cantine del Notaio di Rionero, sabato 26 novembre u.s.  Si, perché quest’ultimo romanzo è ambientato nel Vulture, nelle sue viscere, nelle grotte, negli anfratti e, appunto, nelle cantine dove trovano posto il Novecento, per l’autrice una sorta di confort zone, l’emarginazione, la povertà, ma anche la ricerca di una terra promessa, con l’Aglianico e la natura incontaminata, le bellezze ambientali, storiche e architettoniche a fare da sfondo ad un luogo nobile che trasuda fascino, storia e tradizioni.  Lo chiamavano l’incantato, edito da Kimerik, con una veste grafica impeccabile, è ambientato precisamente negli anni ’50 del secolo scorso, gode di una vera e propria prolusione – prefazione del prof. Santino Bonsera, che dipinge da par suo le intenzioni letterarie di Patrizia Bianco. Le inserisce in un contesto storico e letterario preciso. IL Presidente del Premio Basilicata lo chiama  Bildungsroman ed ha perfettamente ragione. Questo della Bianco è infatti  un romanzo di formazione. Un libro  imperniato sulle esperienze formative del protagonista, Saverio Sonnessa, un ragazzo analfabeta e balbuziente, destinato ai margini del contesto sociale. Sonnessa, grazie alla penna volenterosa e creatrice della romanziera viene maturando progressivamente il proprio carattere e la propria identità morale.. Un libro che descrive mirabilmente i luoghi, che dipinge morbidamente la diversità e le emarginazioni, anche nel rapporto fra Sonnessa e il suo amico Rocchino (altro diseredato), con la passione per le macchine che il protagonista assimilerà: una storia dove gli ultimi sono  attori in una Basilicata profonda e remota, con una punta di romanticismo e di nostalgia di cui la Bianco è poeticamente permeata. Una storia che apre a spiragli di futuro e di speranza. Che rinsalda il legame fra umanità e verità attraverso il tradimento, il cinismo e il pragmatismo di alcune classi sociali, che accarezza l’amore e l’amicizia con maestria e delicatezza.
Un racconto descritto, così sottolinea Bonsera “come se l’autrice avesse tra la mani una macchina da presa.
Storie di amicizia e di tenacia pur nelle difficoltà di quel periodo storico.

Ma per una scrittrice come la Bianco i sentimenti non sono tutto, anche se restano fondamentali. Chi sa scrivere ha bisogno di una storia da raccontare. Un intrigo da sviluppare con i suoi colpi di scena. Leggendo Lo chiamavano l’Incantato scoprirete che il protagonista si concepisce, durante il servizio militare, come un buon autista. Che guidando un camion, dopo un incidente, verrà in possesso di alcune opere d’arte di particolare fattura e valore. Dovrà decidere che fare. Rivenderle? Accedere al mercato nero dei trafficanti di opere d’arte? A chi chiedere aiuto? Fidarsi? Ma di chi? Cambiare la sua vita attraverso i soldi e il sotterfugio o … Entrando nel  libro scoprirete tutto questo e tanto altro. Soprattutto non smetterete di restare concentrati fino all’epilogo che svelerà la volontà della scrittrice. L’opera ha  riscosso un buonissimo consenso di critica e di pubblico e inserisce di prepotenza Patrizia Bianco nel novero degli autori lucani già pronti e maturi per essere inclusa nei cataloghi nazionali e non solo in quelli locali e di territorio.

 

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Sull' Autore

Scrittore, Poeta, Giornalista

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