MODELLO ITALIA. DA MARCONI A MELONI

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ANNA MARIA SCARNATO

Guglielmo Marconi, la figura chiave di una rivoluzione scientifica e tecnologica che ha cambiato con le sue scoperte la vita degli uomini, a 150 anni dalla sua nascita si ripropone al mondo intero nel ricordo- celebrazione in un film che in questi giorni la RAI manda in onda. Marconi, l’uomo che ha connesso il mondo. A lui nel 1909 il Nobel per la Fisica condiviso con il tedesco Braun “a riconoscimento dei loro contributi per lo sviluppo della telegrafia senza fili”. Aderì al fascismo e fu nominato senatore poiché “coloro che con servizi o meriti eminenti avranno illustrata la Patria” meritavano alti riconoscimenti. Nel corso degli anni con l’avvio della radiodiffusione in Italia e la conseguente riorganizzazione delle comunicazioni”, divenne l’emblema del modello italico che la propaganda fascista seppe retoricamente celebrare e strumentalizzare. La scienza, il merito, l’ingegno, la creatività, ma anche il pensiero di un uomo che nella vita privata si impegnava a difendere quanti venivano discriminati per la razza, la sua ostinazione, il suo essere visionario, la paternità delle tecnologie che hanno cambiato la vita dell’umanità, sono l’eredità di un modello di uomo che fa onore alla nostra Patria. La fede nella scienza come strumento di progresso e non di morte, la resistenza al regime fascista che aveva commissionato studio e produzione di armi segrete da utilizzare in guerra, il cosiddetto “raggio della morte”, lo fanno ricordare e celebrare come “Marconi, l’uomo che ha connesso il mondo”. Mi piace l’immagine che la frase esprime. Mi piace andare con l’immaginazione al 1908 quando l’inventore portò a compimento il grandioso progetto che riguardava il ponte di comunicazioni tra le due sponde dell’oceano Atlantico. L’uomo che ha connesso le sponde, i popoli dell’umanità. Che grande esempio per le generazioni! Ed oggi sarà un bene ricordarlo in occasione del 150 anno dalla sua nascita. Oggi che si parla di Modello Italia e di rappresentanti istituzionali che lo esportano in Europa, al Parlamento Europeo nel rivestire ruoli politici che in molti casi non onorano la nostra Patria nei valori alti espressi dalla Costituzione. Modelli che non interpretano i suoi  articoli nel significato giusto ma si propongono come innovatori e creatori di un modello Europa che, secondo loro, ha tanto da copiare all’Italia. Che l’Europa abbia bisogno di una maggiore coesione e unità di intenti, di percorrere vie di pace attraverso la mediazione, di minore individualismo degli Stati appartenenti e di visione comunitaria del bene comune, di una maggiore coscienza che non c’è sviluppo senza solidarietà affinchè nel Paese EUROPA si cresca insieme, siamo concordi. Ma che l’attuale governo italiano abbia l’ambizione di esportare il modello italiano, in questo contesto storico-politico, con ministri che dicono e smentiscono, che allarmano e allertano i popoli con trovate d’altri tempi, con Toti che tra poco sarà Santo, con tv di Stato contrastate nell’informazione, con un modello unico di accoglienza di “ergastolani” che rientrano tra sorrisi di chi pensa solo al successo di un’operazione portata a buon fine senza ripiegarsi sui fatti che hanno portato a colpe accertate, a fronte di arrivi di migranti scomodi da rimandare in Albania come da patto firmato con questo Stato, con carcerati trattati diversamente dagli ultimi reclusi (si ricordino i tanti suicidi in cella), a fronte di tutto ciò, si vorrebbe comprendere a quale modello Italia ci si riferisce. “Essere modello italiano in Europa occorre, risvegliare le coscienze, ripartire da lì perché l’Europa così come conosciuta è un’Europa che ha fallito”, secondo la Meloni. Le fa eco sua sorella, in Sardegna, quando chiarisce che il modello Italia è quello che chiede autonomia, l’insindacabilità di ciò che lo Stato italiano decide al suo interno, poiché lo Stato è sovrano. Il modello Italia da portare in Europa è quello della forza di aggregare corpi politici della destra conservatrice per combattere le forze di sinistra da isolare all’opposizione. Parole che non parlano al popolo di unità e collaborazione per la costruzione di un’Europa che ha bisogno di essere forte per prendere decisioni condivise e urgenti, non parlano di diversità che debbono “comunicare” tra loro, considerate le congiunture storiche in cui si opera. Isolare l’opposizione è tutt’altro che unire gli ingegni per governare al meglio e partorire progetti di sintesi contaminati in cui alla fine delle sedute e discussioni ogni parte ci ritrovi qualcosa di suo, qualcosa che produca frutti per i popoli che attendono e ormai stanchi di  classi politiche incompetenti, rinunciano al voto. Tra l’altro si vedono candidati al Parlamento personaggi di partiti, entrati nell’agone solo per le idee strambe sull’identità di genere, sulla disabilità, sulla negazione dell’inclusione. Il fragore suscitato purtroppo su certe fasce di “popolino” fanatico ed estremista, oltre che propendente al razzismo, ha convinto la Lega di Salvini, di aver scovato il profilo giusto utile al successo elettorale del suo partito, ignorando che il successo nella vendita di un libro è solo un sosia del merito e della capacità. E’ aria fumosa dell’intolleranza capace di illudere il popolo ridotto senz’anima in una società dove i ricchi e i poveri sono ancora più distanti di prima e le discriminazioni aumentano. ”Ma le folle spesso non cercano la verità. Dinanzi alle evidenze, agli scandali all’ordine del giorno, che a loro dispiacciono (perché gli errori provengono dalla loro parte politica), si voltano dall’altra parte, preferendo deificare l’errore che quasi le seduce. Chi sa fornire illusioni, può divenire il loro padrone, chi tenta di disilluderle (con la verità) è sempre la loro vittima” (Gustave Le Bon). Una classe dirigente che già ha dimostrato in Patria come si prendono i voti, un Paese dove solo i cognati possono dire baggianate senza essere ripresi e destituiti, una realtà in cui bugie, smentite, corruzione e supponenza dilagano, dove i politici e imprenditori si fanno “visita” sugli yacht vista mare, dove le promesse servono per accumulare voti, dove i primi evasori sono proprio loro, i rappresentanti delle istituzioni, i primi traditori dei diritti dei lavoratori, uno Stato beffato dai suoi rappresentanti, truffatori dell’Inps, dagli impavidi politici che girano armati per divenire conigli e bugiardi, garantiti dagli amici a buon rendere, come può proporsi a modello di governance da imitare? Uno Stato dove l’Etica è rara, la corruzione è dominante, il successo misurato come capacità e competenza ma ottenuto da “chi sa ingannare per bene la storia”, per dirla come V. Hugo. Riuscire ad andarci, questo è il modello Italia. E prevale il successo e non il merito. Dov’è il realismo? Non certo lo si vede nella gestione Meloni tra le sue faccine sarcastiche e impertinenti e il piglio ricattatorio di Salvini. Hanno promesso la rinascita economica, un nuovo impianto di giustizia  sociale ma non si vedono né questi né la rinascita dello spirito. Essi rappresentano il massimo della capacità di disunire l’Italia con la differenziazione istituita tra le Regioni e la volontà di perseguire in Europa la supremazia delle loro idee sugli altri Stati, accorpando quanti più sovranisti possibili, sovranisti individualisti e poco comunitari che “gridano” e si fanno garantire da capi di Stato come quello argentino, espressione di giubilo ingiustificato, di sgarbato linguaggio che connota una formazione evidentemente similare a chi lo applaude e lo invita per dimostrare la forza aggregante. Da Marconi, l’uomo che ha connesso il mondo e ha rifiutato la costruzione di armi di distruzione di massa, a Meloni la donna che disunirà l’Europa. Due modelli di Italiani di tempi e storie diverse. Marconi ha connesso il mondo, i nostri illustri italiani al governo costruiranno il ponte di Messina.

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1 commento

  1. Giuseppe il

    Un articolo che scivola tra le dita come l’acqua disseta e rende il corpo vivo così il ragionamento scivola toccando a piene manu la realtà aberrante di una politica di ignoranti e di assoluta arroganza che genera violenza contro i principi di giustizia e libertà e abbatte quel ponte umanitario chiamato accoglienza, da Marconi a meloni la connessione si gira dall’altra parte e resta la sola disgrazia di un primo ministro che tale non è.

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