Così gli spiriti della grande Letteratura si sono espressi senza poter prescindere da quell’insopportabile pathos, la profonda angoscia del Male, la nemesi del Buio e della Morte e che governano in modo inesorabile i destini degli uomini. Oscar Wilde, nel suo Dorian Gray Dipinto, produce una storia romanzata, un’analoga vicenda goethiana, una storia dell’orrore che scaturisce dal solito patto con Satana con il quale si rimane debitori per le purulenti cicatrici e per il processo di putrefazione del quadro e della persona.
E siamo al ‘900 del Gozzano, incantato e disincantato poeta delle piccole cose, di Ada Negri, di Grazia Deledda, dei Malavoglia del Verga, del Pastonchi, dell’Orvieto, del Valeri, del cinismo progressista e tecnologico della velocità e della guerra di F. T. Marinetti.
Ma c’era il grande archivio dei classici da saccheggiare e della mitologia; vi erano le antiche divinità-mostri con le Arpie, Gerione, le Erinni, le crudeltà di un maschilista come Giove, le imprese improvvide e ciniche degli dei dell’Olimpo, e di Plutone, quando rapisce Proserpina, di Eolo che produce le catastrofi nei mari; quel Plutone che Tasso abilita a divinità pagana e demoniaca … e Milton che lo riporta nel Paradiso Perduto, a Goethe che ne fa un beffatore ed un seduttore, cosa già considerata da Giobbe, e Byron che dà a Lucifero uno stile che imp
reca volgarmente, bestemmia e ne fa un “vittorioso, non un re”.
Ma non si può trascurare come nel XVI secolo anche la Chiesa venisse concepita come una struttura di accesso facile al demonio. Correvano pregiudizi e timori, convinzioni ed ossessioni. Vi erano indemoniati facilmente posseduti e che, in concomitanza con gli esorcismi, rappresentavano e contenevano avvertimenti pedagogici nei sermoni, nelle prediche, nelle invettive alla Savonarola. Le omelie dei sacerdoti e dei filosofi, intellettuali ed uomini di pensiero, facevano larghissimo uso dell’aggressività e della vicinanza di Satana, ed a questi attribuivano la responsabilità di tragedie, malattie, nefandezze, terremoti e guerre …
«Il timore del demonio superava l’amore in Dio, e l’ombra delle tenebre sembrava proiettarsi su tutta la terra. Fu il Razionalismo – con la protesta riformista di Lutero – che orientò ogni superstiziosa mentalità e cancellando perfino la credenza nel diavolo, reso perfino ridicolo dai Deisti inglesi e dagli enciclopedisti dell’Illuminismo francese, dai razionalisti tedeschi che scientificamente pervennero alla negazione dell’entità di Satana, come Paulus, Strauss, Bauer …[1]». Il ritratto più pieno di Satana dopo di quello di Milton, è di Hugo.
Fu Victor Hugo che, infatti, riscoprendo Satana ne trasforma la fisionomia e la personalità «immaginò che un giorno, dopo una lunga serie di peripezie, Satana avrebbe finito con l’amare quel Dio che aveva odiato, e che Dio, perdonandolo, si sarebbe unito con lui, medesimandosi nell’amore».
Qui la trilogia incompiuta di Victor Hugo[2]: La legende des siecle, in cui Dio ed Eblis, il Diavolo, fanno una scommessa sui poteri creativi, Dieu e la fin de Satan, con il Demonio come personalità vivace e convincente, che ha davvero peccato, ha «distorto se stesso e il mondo con la sua cecità e il suo egoismo, e nondimeno il dolore e la sofferenza che la sua alienazione gli procura e lo rendono simpatico. Egli rappresenta la mancanza di stabilità, pace ed equilibrio nell’universo e l’alienazione dell’umanità dalla propria quiete nell’armonia e nella libertà».
Il poema si apre con la caduta di Satana. Non appena egli cade, la sua natura angelica si trasforma in mostro con ali da pipistrello, e la sua invidia orgogliosa di Dio si muta nell’invidia del rimpianto.
E che dire del Lermantov, poeta russo che produsse, in una favola, il demonio nelle parti di don Giovanni, e del Cazotte che scrisse di un “Diavolo innamorato” (tradotto da Folco, Sonzogno, Milano).
Tolstoj, in un libro pubblicato dopo la sua morte, “Il diavolo”, tratta di un giovane ossessionato da una donna che lo spinge al suicidio. Un altro diavolo, non cattivo come nei secoli che l’hanno sempre descritto, è in una poesia del poeta Enrico Heine, tradotta dal Chiarini.
Ecco come questa entità abbia scosso la sensibilità e l’ispirazione di scrittori, poeti, pittori, architetti e scultori. Si comprende come non si è potuto fare a meno del demonio, se si vuole accostarsi a Dio.
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Ecco che in Hieronymus van Aken Bosch, tra il ‘400 ed il ‘500, pittore e scultore olandese di forte originalità, nelle sue opere di temi religiosi e figure grottesche, scene dell’aldilà, precursore del Surrealismo, Satana presenta richiami forti con l’alchimia che Erasmo da Rotterdam riteneva fosse una manifestazione del male, suggerendo pericolose teorie.
Ogni formula esoterica che risentiva della magia e alla stregoneria, con misture, ampolle, intrugli, aveva importanza e significati diabolici.
Divennero simboli e significati demoniaci il pazzo, il buffone sarcastico, la maschera, l’orrido e alcuni oggetti o frutti, o esacerbate deformazioni «di quella disperata volontà individuatrice del “grande malefico” e quindi espressione di una complessa metodologia dialettica che operasse in funzione di una sublimazione e irrazionalizzazione dell’inconscio, per un mistificante processo creativo onirico e di invenzione.»
Nel mondo letterario e nella cultura della Francia moderna ed in quella della grande produzione filosofica tedesca, accadde come il Satana, più volte raffigurato e descritto, fosse ripetutamente rifiutato. La poetica e gli scrittori ne fecero un simbolo, un richiamo, un mito, un’ombra, nulla “… con nuove forme, assumendo il ruolo di intellettuale, di donnaiolo, di ciarlatano, di burattino, di maschera come Pulcinella, Arlecchino, Gianduia.
Decenni dopo Mefistofele, ridiventò il nemico di Dio ed ancor più tardi “dio promesso” e previgente. Un fenomeno non ripetuto dagli scrittori e dai pittori dell’epoca moderna.
Insomma, pare che abbia centrato Giorgio Manganelli, in una sua nota sul “Corriere della Sera”, quando sostiene come sia difficile non avere sentimenti, opinioni, idiosincrasie nei confronti del Demonio. Si tratta di una personalità insieme imponente ed elusiva, complicata e monofona … Non è assurdo provare per il Diavolo una certa simpatia, una indulgenza, come accadde al Carducci e al Rapisardi, per questo inesauribile escogitatore di trabocchetti, tentazioni, sciagure.
Vi sono novelle, racconti, aneddoti in cui è non meno ingegnoso che sventurato. Tornando ad Origene il dissidente teologo, si nota come il Demonio fosse stato ingannato dal buon Dio che gli avrebbe avvicinato, come esca, Gesù Cristo, nascondendone la vera essenza, tant’è che secondo i Vangeli, lo accosta volendolo tentare ed offrendogli regni, potenza, ricchezza, senza sapere di avere di fronte il figlio di Dio.
[1] Giuseppe de Libero, Stana, SEI, 1935.
[2] Jeffrey Burton Russell, Il diavolo nel mondo moderno, Editore Laterza, 1990.