IOLANDA CARELLA E SALVATORE SEBASTE
Montemurro
La perla della Val d’Agri, era abitata già dai tempi antichi, come dimostrano le scoperte archeologiche risalenti al IV secolo a.C. (tombe contenenti monete, elmi e vasi dipinti) rinvenute nel 1924, in località Fosso Concetta.
Alcuni fanno derivare il toponimo da Dea Murcia, altri da Mons Morus, monte del moro o da Castrum Montis Murri; il Racioppi da Murro, monticello o cocuzzolo, alludendo alla conformazione geologica del terreno.
Montemurro fu casale di Grumentum, come scritto in un diploma del 1070 che testimonia l’esistenza di un Castellum Montis Murri, costruito dalle popolazioni locali per difendersi dalle incursioni saracene. In Contrada Madonna della Grazie, intorno al 1940 in una vigna, fu trovato un vaso di pregevole fattura che fa pensare che la zona comprendesse ville di ricchi grumentini. Il villaggio si trasformò in paese con propria giurisdizione dopo la distruzione dell’antica città romana da parte dei Saraceni, quando i profughi grumentini cercarono scampo nelle zone collinari della Val dell’Agri.
Nel Medioevo fu sede di una comunità basiliana e nel 1068 fu donato dal conte di Montescaglioso alla chiesa episcopale di Tricarico. Appartenne ai Sanseverino, ai principi Carafa di Stigliano, agli Ursoni e al duca Vespasiano Andreassi. Durante i moti del 1820 e del 1848, Montemurro ospitò una centrale carbonara, animata dai due instancabili patrioti: Nicola e Giacinto Albini. Nel 1860 fu proprio Giacinto Albini ad essere eletto governatore della Basilicata e a proclamare la caduta dei Borboni e l’unità d’Italia. Fino al terremoto del 1857, che distrusse i tre quarti dell’abitato e provocò 4000 morti, Montemurro era per densità di popolazione, per commercio e per attività produttive (concia di pelli, produzione di terraglie e tessuti) il quarto paese della Basilicata. Nella seconda metà dell’Ottocento, quindi, cominciò la sua decadenza con l’emigrazione verso il nord Italia e il sud America.
Sulle rovine del Castellum Montis Murri sorse nel 1442 il Convento dei Domenicani, intorno al quale si formò il nuovo centro abitato. Col decreto napoleonico della soppressione degli ordini religiosi, il convento fu chiuso e i locali diventarono la sede del Municipio e d’altri uffici pubblici. La chiesa conventuale di San Domenico invece, la più antica del paese, rimase aperta al culto. Attualmente è stata data in comodato per trent’anni al Comune, che l’adibirà a Parco Letterario Leonardo Sinisgalli, il poeta ingegnere di Montemurro, sempre impegnato in una poliedrica attività culturale, che con le sue poesie ha reso immortale il fosso di Libritti ed altri particolari di Montemurro, affascinanti per lui. Era solito infatti dire: Io sono nato in un paese che no è bello, ma è il mio.
Le pareti del Municipio (ex convento domenicano) sono abbellite da quadri di pittori di Montemurro: Maria Padula, Antonio Liuzzi, Mario Venece. C’è anche una moneta di gesso, realizzato da Antonio Masini di Potenza, con l’effigie di Leonardo Sinisgalli che, allontanandosi dalla sua terra, divenne a Milano un protagonista della civiltà delle macchine e della cultura tecnologica.
MoNTEMURRO, per la sua struttura allungata, è attraversata da due vie quasi parallele: il Corso Garibaldi e il Corso Vittorio Emanuele che, partendo dalla Piazza Giacinto Albini, il centro della vita del paese, raggiungono il rione Gannano. La maggior parte delle costruzioni risale alla seconda metà dell’Ottocento, tranne quelle del nord, edificate su terreno roccioso e non cedute durante i terremoti e le frane, che conservano elementi architettonici dei secoli precedenti, quali il Palazzo De Fina, il Palazzo Albini e (fig. 1) la Chiesa di San Sebastiano.
Essa non è più aperta al culto, ma deposito di sculture lignee e tele dipinte ad olio, in attesa di restauro e destinazione, provenienti da varie chiese e cappelle, perché prima del terremoto del 1587 il paese era molto popolato ed esistevano vari edifici religiosi.
Nei vicoli trasversali ai due corsi (fig. 2) si notano case modeste con orto ed alberi che con il loro verde abbelliscono il paese. Le mura (con tre porte: Gannano, S. Giovanni e Sant’Antonio), che circondavano l’antico paese, in parte sono crollate e in parte sono state inserite nelle nuove costruzioni. Esiste ancora oggi un rione detto ”dietro le mura”.
In Corso Garibaldi si notano la Casa di Leonardo Sinisgalli sulla cui facciata in una lastra marmorea è incisa la famosa poesia Monete rosse, il (fig. 3) Palazzo Lacorazza, il Palazzo Ragone con tutti con i tradizionali portali litici. Da osservare anche i palazzi gentilizi: Imperatrice, De Fina e Albini.
Nella parte alta dell’abitato si trova (fig. 4) la Chiesa Madre di Santa Maria Assunta (1635), una volta di Sant’Antonio, perché era la chiesa del convento francescano (1635).La facciata è divisa in rettangoli e al centro, finti rosoni, ne rompono la monotonia. Il portale, in pietra locale, è sormontato da uno stemma gentilizio.
L’interno è a due navate. Nella navata laterale, sull’altare dipinto a tempera, spicca in una nicchia con cornice di legno intagliata (fig. 5) il secentesco gruppo scultoreo ligneo raffigurante il Crocifisso con l’Addolorata e San Giovanni.
Nel presbiterio domina (fig. 6) la Porziuncola, grande tela dipinta ad olio, nel XVII secolo da pittore napoletano, racchiusa in una cornice riccamente decorata.
Ciò che suscita ammirazione in quest’opera è la rappresentazione brillante della scena, la tecnica prodigiosa di una pittura che si può guardare distrattamente, senza neppure chiedersi che cosa rappresenti perché essa comunica subito il suo ritmo visivo, impegnando il meccanismo dell’immaginazione. Sulla cimasa c’è una piccola tela dell’Eterno Padre, anch’essa in un’elaborata cornice.
La chiesa custodisce statue lignee del XVIII (fig. 7) e del XIX secolo.
A destra dell’ingresso (fig. 8) c’è la trecentesca scultura della Madonna di Sorvigliano, proveniente dall’antica chiesa di Sorvigliano, nell’altopiano di Santojaso. Il panneggio della Madonna è ampio, pesante e dà consistenza e gravità alla massa scultorea, mentre il modellato dei visi, della Vergine e del Bambino, è più delicato e favorisce il diffondersi della luce in un giuoco di riflessi. Nei mesi estivi la sacra effigie è venerata, sopra il monte, nel Santuario di Sorvegliano, affiancato da un’importante struttura ricettiva per campeggi e campiscuola.
Completano l’arredo artistico della chiesa le settecentesche tele dipinte ad olio: Angelo Custode, Angelo Gabriele, Angelo Raffaele, Sant’Anna e la Vergine, attribuite alla scuola del De Mura, pittore napoletano, allievo del Solimena e la Decollazione del Battista, di Giacinto Diano. Ora i dipinti si trovano, per restauro, presso la Sovrintendenza ai Beni Artistici di Basilicata.
Dalla chiesa si accede (fig. 9) al chiostro dell’antico convento francescano, in parte modificato quando fu confiscato dallo stato nel 1866 e adibito anche in carcere. Nel 1930 i locali del convento furono restituiti alla chiesa ed attualmente sono riservati a sale di riunioni religiose e ricreative. Le pareti del chiostro, affrescate nella seconda metà del Seicento, raffigurano episodi della vita di Sant’Antonio, di San Francesco e di altri santi francescani.
Da visitare (fig. 11) la Chiesa di San Rocco, edificata alla fine del Seicento, ma modificata nelle varie ristrutturazioni.
Ad una navata, con volta a botte, custodisce statue lignee, di buona fattura: (fig. 12) la Madonna delle Grazie del XVII secolo, l’Addolorata del XVIII secolo, provenienti dall’antica chiesa madre distrutta dal terremoto del 1857 e (fig. 13) Santa Filomena del XIX secolo.
È da ammirare, per l’imponenza e il raffinato stile architettonico,
(fig. 14)
l’antica Chiesa di Santa Maria del Soccorso, annessa al cimitero, ma esistente già quando fu edificata questa nuova struttura. Custodisce gelosamente un Crocifisso del XV secolo, ora in restauro presso la Sovrintendenza ai Beni Artistici di Basilicata.
Gian Tommaso, Matteo e Gian Giacomo Manecchia, Sebastiano e Carlo Sellitto furono illustri pittori montemurresi, che operarono a Napoli tra la fine del Cinquecento e la metà del Seicento. A Montemurro, però, non c’è alcuna loro testimonianza artistica.
Bibliografia
Anna Grelle Iusco, Arte in Basilicata, Roma, De Luca Editore, 1981.
Giacomo Racioppi, Storia della Lucania e della Basilicata, Roma, Ermanno Loescher & C., 1889. Ristampa Anastatica, Matera, Grafica BMG.
Lorenzo Predone, La Basilicata, Bari, Dedalo Litostampa, 1964.
Enrico Schiavone, Montemurro – Perla della Val D’Agri, Roma, Pubbliprint Service s.n.c., 1990.
Comunità montana Alto Agri, Guide Galery, Villa d’Agri, GGalery, 1993.