IOLANDA CARELLA E SALVATORE SEBASTE
Sulla sua origine ci sono notizie incerte. Alcuni la riconducono all’antica Polisandra (VI-V sec. a.C.), i cui primi abitatori potrebbero essere venuti da Metaponto o da Heraclea. Scavi archeologici effettuati nelle contrade Galdo e Noceto e i resti di una necropoli in contrada Croce attestano la presenza umana in epoca precristiana. Altri fanno risalire la nascita del primo nucleo abitativo da una comunità di monaci basiliani che, fuggiti dai loro paesi, fondarono l’Abbazia di Sant’Angelo o di San Michele sulle pendici del monte Raparo. A pochi chilometri dall’abitato oggi si possono vedere dell’antica e famosa abbazia (fig. 1) soltanto ruderi: all’ingresso della grotta, sott
o la basilica, ci sono (fig. 2) tracce d’affreschi e nella grotta, con molte stalattiti e stalagmiti, alcune celle di monaci scavate nella roccia.
Il toponimo potrebbe essere derivato da San Quirico di Konya, martire molto onorato dai monaci orientali. L’abbazia del monte Raparo, per le sue dimensioni e caratteristiche, era unica in Italia e nel 1927 fu proclamata monumento nazionale. A restauro ultimato, sarà il Museo comunale che conserverà reperti provenienti dalla zona come frammenti d’affreschi o particolari tracce tufacee.
San Chirico appartenne ai Balvano, ai Chiaromonte, ai Sanseverino, ai Carafa ed infine agli Spinelli ed ai Pignatelli che lo tennero fino alla soppressione della feudalità, nel 1806. Nei primi decenni dell’Ottocento si costituì un circolo politico che diffondeva idee liberali; particolarmente impegnata la famiglia Magaldi. Nel 1860, durante la spedizione garibaldina, a San Chirico si formò un comitato insurrezionale che aderì con entusiasmo all’unità d’Italia.
Caratteristico è il centro storico (fig. 3) ove si notano le case costruite lungo linee di livello che formano strade concentriche, collegate tra loro da rampe e scalinate e qualche palazzo signorile con portale in pietra.
Andando lungo la salita di Via Duomo si giunge (fig. 4) alla Chiesa della Madonna Addolorata o delle Lacrime, del XVI secolo, che poco conserva della sua struttura originaria.
Interessante è (fig. 5) il Palazzo Barletta, che custodisce, nelle stanze riccamente decorate, arazzi e mobili d’epoca.
In Piazza Roma si trovano il Palazzo del Municipio, il Palazzo Ferrara e la Chiesa di Sant’Anna del Settecento. L’interno custodisce un organo del XVIII secolo, due tele in cattive condizioni di conservazione: quella dedicata (fig. 6) a Sant’Anna rivela una luce che non s’immedesima ai colori, perché è un elemento diffuso e armonizzante, che ha densità di vapori atmosferici. Completa l’arredo artistico un altare con d
ecorazioni ad incausto, il gruppo scultoreo dell’Immacolata con Angeli e la statua lignea di Santa Filomena, del XVIII secolo.
Nella parte più alta del paese, di fronte ai ruderi del Castello (forse opera dei Bizantini per difendersi dai Saraceni), sorge (fig. 8) la Chiesa Madre dedicata ai SS. Pietro e Paolo, riedificata sui resti di una precedente chiesa alla fine del ‘700. Alla ricostruzione contribuì anche Ferdinando I di Borbone con la donazione di 8.000 ducati. Fu completata nel 1854 dagli architetti napoletani Germino, padre e figlio. Di notevoli dimensioni, mostra la facciata di stile tardobarocco e neoclassico.
L’interno a croce latina e a tre navate, custodisce altari di marmo policromo con nicchie lignee molto decorate, ma l’opera più preziosa è (fig. 9) il polittico, che domina nell’abside a sinistra.
Realizzato nel 1531 da Simone da Firenze (forse eseguito con la collaborazione di aiuti), proviene dall’abbazia di Sant’Angelo al Raparo. L’artista articola le tavole in una struttura duttile e scenografica, quasi a serliana, una fusione di motivi napoletani e veneto pugliesi che gli consente di conferire unità architettonica a situazioni e personaggi cronologicamente differenziati. I due pannelli centrali raffigurano la Natività e l’arcangelo Michele, le due tavole a sinistra sono dedicate a S. Donato e a S. Gregorio, ai cui piedi è A. Sanseverino, abate di Sant’Angelo e le due figure a destra rappresentano Santa Lucia e S. Benedetto, ai cui piedi c’è Ugo III Sanseverino, conte di Saponara. Sotto si nota la vasta predella col Salvator Mundi tra gli Apostoli. A destra dell’abside c’è il Cristo Risorto con due angeli, dipinto di Labella di Missanello, del 1693.
Sull’altare maggiore spicca (fig. 10) il Crocifisso ligneo del XIV secolo, proveniente dall’abbazia di Sant’Angelo al Raparo.
Nella navata destra c’è il fonte battesimale, datato 1559. Nella quarta cappella si nota la statua lignea di Santa Sinforosa, patrona del paese e, accanto c’è un gran reliquario con ampolla d’argento contenente il sangue della santa, conservato in una custodia in marmo del XIX secolo.
Nella terza cappella è da notare (fig. 11) una Madonna in Trono, scultura lignea del XV secolo. In quest’opera le masse sc
ultoree s’infrangono in un ritmo incalzante, per cui la linea continuamente spezzata rileva la forza espressiva dei volti.
Sempre nella navata destra, sulla porta della sacrestia nel transetto destro, in una nicchia c’è la scultura lignea Madonna col Bambino del XVI secolo, di scuola napoletana, della bottega di Giovanni Marigliano da Nola.
Nella sacrestia si trova la Pietà, un dipinto forse di Simone da Firenze. Contiene pure diverse statue lignee, come San Chirico e San Francesco di Paola.
Una visita merita (fig. 12) la Chiesa di Santa Maria, ex convento domenicano. Custodisce nella prima nicchia a sinistra due affreschi attribuiti all’ambito di Giovanni Todisco, di Abriola, che raffigurano (fig. 13) Cristo in Croce con la Madonna e Bambino e S. Caterina del 1550 e la Madonna in Trono col Bambino del 1548.
Ai piedi c’è un santo, forse S. Domenico e intorno sono raffigurati medaglioni dei quindici misteri del Rosario. Questi affreschi riflettono fedelmente l’evoluzione dei modi espressivi della pittura del XIV-XV secolo con le sue varie correnti e, naturalmente, a diversi livelli qualitativi.
Sempre a sinistra sopra un altare ligneo, con tabernacolo riccamente decorato, in una cornice lignea di stile barocco, si nota la tela della Madonna del Rosario, con quindici pannelli raffiguranti scene della vita di Gesù. L’opera è di scuola napoletana della seconda metà del Cinquecento, forse attribuibile a Giovanni De Maio.
La parte centrale, con la cupola ottagonale, mostra quattro dipinti ad olio del XIX secolo, mentre a destra in una nicchia, si nota il gruppo scultoreo dell’Annunciazione.
Fuori del paese (fig. 14) la torre di San Vito, torre di avvistamento a base quadrata, costruita tra il Cinquecento e il Settecento. Attualmente è in restauro.
Bibliografia
Anna Grelle Iusco, Arte in Basilicata, Roma, De Luca Editore, 1981.
Gaetano De Nile, S. Chirico – nella storia e nelle tradizioni, Roma, Pubbliprint Service, 1996.
Comunità Montana Alto Agri, Guide Galery, Villa d’Agri, GGalery, 1993.
G. Appella, L. Bubbico, A. Ceccarelli, G. Zampino, Calabria e Lucania – i centri storici, Milano, Libri Scheiwiller, 1991.