
ROCCO ROSA
“Fai ricorso”, oppure” fai causa”! Quante volte dalla bocca di amministratori locali o di funzionari di alto livello o di semplici dirigenti sono arrivate parole come queste contro gente inerme , non raccomandate e costretta a subire arroganze e discrezionalità!. E avevano ragione ad accompagnare queste risposte sbrigative e sprezzanti anche con un sorrisetto ironico, perchè il significato di quel sorrisetto era che andare in tribunale significava spendere soldi e tempo, con cause che si portano avanti per decenni, per le quali la spesa non vale la resa. Si, l’altra faccia della giustizia negata è l’aumento esponenziale di questi comportamenti , che si muovono sul filo delle interpretazioni giuridiche facendo valere ora questa norma ora il suo contrario, grazie ad un regalo di 200mila leggi che il Parlamento ha licenziato e che spesso fanno a cazzotti tra di loro. E questo comportamento discrezionale ed arbitrario si avvale oggi di nuovi input sotto forma di semplificazioni che ,in una lettura meditata e seria, darebbero libertà di azione ma entro vincoli di correttezza e in una lettura superficiale danno agli amministratori mano libera a fare quello che gli pare, premiando o escludendo e togliendo di mezzo il merito e spesso il diritto alle stesse opportunità. La cronaca ci mette ogni giorno davanti a fatti di questo genere, fatti di favoritismi, di sprechi, di cattiva amministrazione che, sopratutto al Sud,scoraggiano i migliori sia che si tratti di giovani preparati, sia che si tratti di imprese che sanno sfidare il mercato e non vivono di relazioni pubbliche convenienti e qualche volta collusive. E così’ che una amministrazione della Giustizia ingolfata di carte non interviene o se lo fa viaggia col trenino della calabro lucana in maniera da arrivare a sentenza dopo la prescrizione. Ed è su questa consapevolezza di una immunità quasi garantita che i comportamenti deviano dalla retta via e si inoltrano per sentieri nascosti ai più. A questo si aggiunge il depotenziamento dell’ANAC e il ritorno alla discrezionalità di enti che spesso costruiscono camicie su misure per gare di cui già si conosce il fortunato. Parliamoci chiaro. cose non di oggi e che si sono viste per anni, ma che oggi con il volume delle poste in gioco, rischiano di metterci di fronte al bivio storico di uno sviluppo consapevole , programmato e portato avanti con serietà, oppure di una grande abbuffata per pochi che regala la fame e l’emarginazione a tutti gli altri. Una cosa è togliere lacci e lacciuoli alla operatività degli enti, altra è non prendersi la briga di dettare norme di comportamento che possano limitare l’arbitrio e prevenire gli abusi. Il rischio è altissimo e sarebbe necessario che le Istituzioni che contano si domandino seriamente su come riportare entro i binari della legalità questa operazione di interpretazione in peius della discrezionalità ricevuta. Chi più di un generale della Finanza può dettare regole comportamentali?