di Teri Volini
Che una lettura falsata della realtà sia alla base di ogni conflitto – minimo o grande che sia – è stato nel piccolo confermato da un accadimento verificatosi nel corso di una manifestazione organizzata il 20 maggio 21 a Potenza, per la improrogabile cessazione degli orrori del conflitto israelo-palestinese.
Come presidente dell’Impresa di pace attivata nel 2005, come artista nel sociale e come giornalista mi sono recata in piazza Mario Pagano: per la cronaca, ci sono arrivata faticosamente, con una caviglia fasciata stretta, dolente per una storta, pur di partecipare a qualcosa che mi coinvolgeva profondamente. Avevo con me un’opera che cammina dal 2005, la Bandiera Contaminata Israelo-Palestinese, con la quale realizzavo una performance semplice ma molto significativa, un atto comunicante un messaggio di pace e un auspicio alla riarmonizzazione tra i due popoli.
Questa particolarissima Bandiera si serve dell’uso volutamente provocatorio del termine CONTAMINAZIONE: si tratta di una Contaminazione d’Amore, di Giustizia, di Pace nell’equità.
La bandiera contaminata invita a ripristinare il senso del “collegamento”, della fratellanza e dell’unione tra i popoli, portando alla cessazione dei conflitti atavici e dei nazionalismi esasperati – con le loro terribili conseguenze non solo per i paesi coinvolti ma per il mondo intero.
I simboli e i colori di entrambe le nazioni sono stati “formati” tramite la certosina scrittura della parola pace ripetuta innumerevoli volte, nelle due lingue, arabo ed ebraico, con un intenso lavoro concretamente realizzato nel 200; le due bandiere sono state simbolicamente fuse: nessuna cancellazione delle peculiarità proprie ad ogni persona o popolo, ma un ampliamento della visione, fondata sulla pace, la fratellanza e la solidarietà per la specie umana nel terzo millennio.
Ma una sgradita sorpresa mi attendeva: mentre la bandiera sventolava tra le altre, espandendo nel vento il suo messaggio esplicito di unificazione, mi si è avvicinata un’esagitata, che senza identificarsi o preoccuparsi di chiedere chi io fossi e cosa volesse dimostrare il mio gesto – visto che lei non era evidentemente in grado di capirlo da sola – mi ha concitatamente chiesto di mettermi in disparte, perché “la presenza della bandiera israeliana era una provocazione”.
Stupefatta, ho tenuto testa alla scalmanata, replicando che non si è responsabili dell’ignoranza altrui, e che certamente gran parte degli astanti avrebbero compreso il messaggio di alto livello che la bandiera “contaminata per amore” diffondeva.
Di seguito, da cronista, effettuavo una rapida rassegna di alcune delle persone arabe presenti, cui chiedevo un’ impressione sulla bandiera, constatando che – anche coloro che a malapena parlavano italiano ̶ ne comprendevano il significato, e mi ringraziavano per quell’auspicio.
Già, perché quello è il vantaggio delle immagini, specie quelle potenti, significanti: di essere universalmente recepite, a patto di guardarle con cuore e mente aperti, privi di ogni fanatismo.
Da giornalista e da persona equilibrata non posso far a meno di chiedermi: come pretendiamo di reclamare la pace tra i popoli se la nostra cecità è tale da non permettere nemmeno l’osservazione attenta di un’immagine, e di comprenderne il senso e la finalità propositiva? Quanti equivoci conseguono a tale atteggiamento omissivo?
Non posso far a meno di riflettere su quanto ciò sia pericoloso, perché questo non accade solo per le immagini, ma anche per gli scritti: la superficialità di una lettura cieca, in entrambi i casi, è talmente diffusa che rischia di essere – quella sì – provocatrice di piccoli e grandi equivoci e conflitti.
AUSPICANDO LA CESSAZIONE DEGLI ORRORI: BANDIERA CONTAMINATA ISRAELO–PALESTINESE https://terivolini.blogspot.com/2021/05/auspicando-la-cessazione-degli-orrori.html