La mobilitazione per la riapertura dello storico Tribunale viene suffragata dalla scoperta di una memoria di processo di appello celebrato nel 1875, “davanti al Tribunale Civile di Melfi”, a due anni dalla sua istituzione.
di Franco Cacciatore
Con un pò di ottimismo seguiamo il tentativo di riaprire il Tribunale di Melfi dopo l’assurdo e inconcepibile atto di violenza verso questa storica Istituzione e il territorio che rappresenta . Un “maledetto imbroglio”è stato definito , a seguito del quale Il presidio di giustizia dell’area melfese con le carte in regola forse più di tutti gli altri nella Basilicata si chiude a si salva altro, Lagonegro, ultimo per affluenza, organico e regolarità, accorpandolo, unico caso in Italia, a tribunale di altra regione, Sala Consilina in Campania. Risultato, un guazzabuglio, un conflitto di competenze fra le due regioni, anche per essere il presidio campano sede di Corte d’Appello.
Dopo dieci anni di una giustizia menomata, si intende annullare l’inconcludente riforma. In Basilicata quanto mai assurda, con la soppressione di tribunale che era vero presidio della giustizia. Il risultato quanto mai negativo: il risparmio divenuto un dispendio, il funzionamento in una paralisi dei tribunali, le zone private delle soppressioni, nelle mani della delinquenza organizzata.
E oltre al vuoto della giustizia, l’eliminazione di veri pilastri del vivere civile, autentiche testimonianze storiche. Questo è il caso appunto del tribunale di Melfi, per il quale la denominazione “mini” suona ad offesa. Nato all’indomani dell’Unità d’Italia, rappresentava un baluardo nella regione, dotato di sezioni di Corte d’Assise e finanche Corte d’Appello. Qui un discorso a parte per aver rintracciato tra gli atti dello studio dell’ avvocato Tommaso D’Andrea (nostro bisnonno) memoria, in uso un tempo, per processi di particolare rilievo, di “causa civile in grado di appello, davanti al Tribunale Civile di Melfi”. Altrettanto è la data: “Melfi – Tipografia Benedetto Ercolani, 1875”. Dunque in quel presidio di giustizia, a solo due anni dalla sua istituzione, un processo in Corte di Appello che avrà fatto epoca. Purtroppo i suoi 150 di vita sono stati festeggiati con la soppressione avvenuta, come detto, davvero con diabolico piano e per l’ennesima volta a danno del Melfese, la zona nord della Basilicata, sempre nell’occhio del ciclone e dove l’;unica operazione che si pratica è la sottrazione. A denunciare il “misfatto” finanche l’ordine alfabetico dei tribunali soppressi. Stranamente Melfi alla lettera “L”, a causa di un cambio dell’ultima ora, un copia-incolla precipitoso, per il quale è mancato il tempo di incasellare il presidio melfitano al posto giusto. Ora c’è da augurarsi che davvero si ridia a Cesare, quel che è di Cesare e il Palazzo di Giustizia, di relativa recente costruzione, termini la sua agonia, ridando anche il doveroso ricordo dell’intitolazione di sala dell’edificio, alla memoria del giovane “bravo” avvocato, Francesco Lanera, ucciso da mano assassina. Purtroppo finito nell’oblio con l’intera struttura. Intanto sarebbe il caso, di assecondare quanto negli intenti dell’allora Presidente dell’Ordine degli Avvocati Melfesi, Antonino Lancieri, a cui si deve il Palazzo di Giustizia, l’allocazione sul piazzale antistante, fatta intitolare a Federico II, di statua dell’Imperatore, per colmare la lacuna, da lui denunciata, di non esserci “a Melfi nessuna traccia tangibile in suo onore”.
Melfi e tutta l’area nord attendono la restituzione del tribunale, un maltolto che unitamente a privarle dell’essenziale fattore giustizia, ha offeso la loro dignità, il vivere civile protetto dalle istituzioni e la loro economia duramente colpita da atto iniquo che riporta il territorio ad anni lontani di suo isolamento.
Nelle immagini: Il Palazzo di Giustizia occupato al tempo della soppressione – La protesta con l’intervento dei Sindaci della zona – Melfi, fra i tribunali soppressi, alla lettera “L” – Memoria di processo d’appello al Tribunale di Melfi, nel 1875 -Federico II nella guida storica di Antonino Lancieri.