“Io vivo ormai da alcuni anni prigioniero nel mio corpo quasi avessi addosso una pesante armatura ed invece vorrei essere novella crisalide che, abbandonato l’involucro, si libera nell’aria.”
Una frase estratta da uno dei tanti scritti che Umberto Amodeo ha composto durante la lunga malattia invalidante.
Si, una malattia, quella della sclerosi amiotrofica laterale che blocca tutti i muscoli volontari: quelli che partecipano al movimento, ma anche alle funzioni vitali, come la deglutizione, la fonazione e la respirazione.
Umberto ha subito il blocco di tutte le funzioni muscolari citate, l’unico organo, oltre quelli vitali, intatto, era la lucidità del suo cervello e gli occhi, tramite i quali riusciva a comunicare con l’esterno, Anna, sua moglie, era l’interfaccia delle sue braccia, della sua voce, dei suoi pensieri.
Umberto è sempre stato lucido e i suoi scritti hanno lasciato testimonianza di come ha vissuto la prigionia del suo corpo col desiderio di liberarsi di una corazza e volare come una farfalla, la sua voglia di vita l’ha tratta dalla fede e dal calore della moglie e della sua famiglia con cui c’è stato un continuo scambio d’amore che ha aiutato vicendevolmente a vincere gli ostacoli che si presentavano quotidianamente.
L’amore, che nelle sue varie declinazioni, è anche sentimento di donazione all’altro, nel caso dell’assistenza quotidiana di una persona che è completamente dipendente,da solo non basta, ci vuole un sacrificio quotidiano una dedizione totale per affrontare insieme a tutta la famiglia, un caso inaspettato a cui non si era preparati.
Umberto ha denunciato la delusione di essere stato scaricato dalla società dell’efficientismo e dagli amici interessati, ma ha trovato alleanza nei nuovi amici e nella famiglia le fondamenta per dare un senso alla sua vita.