” Italiani
Il mio Augusto Genitore, effettuando il proposito manifestato da oltre due anni, ha oggi abdicato al trono nella fiducia che questo Suo atto possa contribuire ad una più serena valutazione dei problemi nazionali nella pace imminente.
Nell’assumere da Re quegli stessi poteri che già esercitavo come Luogotenente Generale, ho la piena consapevolezza delle responsabilità e dei doveri che mi attendono.
Fiero e commosso ricordo i caduti della lunga guerra, i morti nei campi di concentramento i martiri della liberazione e rivolgo il mio primo pensiero agli italiani della Venezia Giulia e delle terre d’oltremare che invocano di rimanere cittadini della Patria comune, ai prigionieri di cui aneliamo il ritorno, ai reduci a cui dobbiamo ogni riconoscenza, a tutte le incolpevoli vittime della immane tragedia della Nazione.
La volontà del popolo espressa nei comizi elettorali determinerà la forma e la nuova struttura dello Stato, onde non solo garantire la libertà dei cittadini e l’alternarsi delle parti al potere, ma porre altresì la costituzione al riparo da ogni pericolo e da ogni violenza. Nella rinnovata monarchia costituzionale, gli atti fondamentali della vita nazionale saranno subordinati alla volontà del Parlamento, dal quale verranno anche le iniziative e le decisioni per attuare quei propositi di giustizia sociale che, nella ricostruzione della Patria, unanimi perseguiamo.
lo non desidero che di essere primo fra gli italiani nelle ore dolorose, ultimo nelle liete, e nelle une e nelle altre restare vigile custode delle libertà costituzionali e dei rapporti internazionali che siano fondati su accordi onorevoli e accettabili.
Italiani
Mentre nel mondo sussistono divergenze e divisioni e affannosamente si ricerca la via della pace, diamo esempio di concordia nella nostra Patria martoriata, con quella tolleranza che ci è suggerita dalla nostra civiltà cristiana.
Stringiamoci tutti intorno alla bandiera sotto la quale si è unificata la Patria e quattro generazioni di italiani hanno saputo laboriosamente vivere ed eroicamente morire.
Davanti a Dio giuro alla Nazione di osservare lealmente le leggi fondamentali dello Stato che la volontà popolare dovrà rinnovare e perfezionare. Confermo altresì l’impegno di rispettare come ogni italiano le libere determinazioni dell’imminente suffragio che, ne sono certo, saranno ispirate al migliore avvenire della Patria.
Roma, 9 maggio 1946
Umberto
Il genio della razza italiana – riconosciuto da un Accademico di Francia fin dal 1859
L’Accademico di Francia Legouvé indirizzava il 9 giugno 1859 ad un suo amico inglese la seguente lettera:
«È a questo popolo italiano scelto da Dio che noi dobbiamo tutto ciò che siamo; è questa Nazione, l’Italia, che è stata la nostra iniziatrice, la Madre nostra. L’antichità italiana e ci ha nutrito. Oggi poi è spettacolo affascinante il constatare che è sempre l’Italia, che dà il segnale al mondo e che apre la via alle grandi cose.
Considerate. Il primo poeta moderno personale e potentissimo è italiano: Dante. Italiano il primo poeta lirico: Petrarca. Italiano il primo poeta della immaginazione: Ariosto. Il primo novelliere moderno è italiano: Boccaccio. Italiano il primo pittore del mondo: Raffaello. Lo stesso il primo scultore: Michelangelo. Italiano è il primo storico e vero politico del Rinascimento: Machiavelli. Italiano il primo storiografo del mondo: Vico. Il conquistarore del nuovo mondo è italiano: Cristoforo Colombo. italiano il primo legislatore dei principi della fisica: Galileo Galilei».
Il Legouvé continua affermando che dal XII secolo in poi gli esponenti più puri del genio creatore sono figli d’Italia.
«Oggi – scrive l’Accademico di Francia – maggior genio musicale è italiano: Rossini. Figlio d’Italia è il gigante che domina il secolo: Napoleone.
Allorché la provvidenza ha bisogno di una guida o di un capo per l’umanità, è l’Italia che vi provvede».
Un calendarietto da barbiere: il Risorgimento in sedicesimo
E c’è da aggiungere al vasto patrimonio di cimeli e simboli, agli oggetti di diversa fattura, il calendarietto del 2011, progettato e prodotto da “Ypsilon”: Il Risorgimento nel calendarietto dei barbieri, in cui si racconta, con immagini e aneddoti di fatti e di persone, tutta l’epopea.
I calendarietti profumati che dalla seconda metà dell’800, fino agli anni ’70 hanno rappresentato il gentile omaggio dei barbieri ai loro assidui clienti per gli auguri di Natale e Capodanno, hanno costituito piccoli messaggi di vicende e di personaggi, ricavati dalla Storia, dal romanzo, dal cinema, dal teatro e dallo sport.
Oltre alle immagini delle più importanti vicende, alle figure dei “padri della Patria”, l’autore Lello Colangelo di Avigliano, vi riporta le più salienti date e notizie, le adolescenti eroine, gli uomini e le cronache, le date più importanti. Colangelo ha così voluto esprimere un augurio all’Italia, l’orgoglio di essere italiani, anniversari di battaglie di quella grandiosa epopea che ci appartiene ed è tutta nostra.
L’Italia non è solo un’idea; la nascita della Carboneria; l’arresto di Silvio Pellico e Pietro Maroncelli; le signore affiliate alla Carboneria, Bianca Milesi, Teresa Casati, Matilde Viscontini; Mazzinni fonda la “Giovine Italia”; Attilio ed Emilio Bandiera 1844, e il fallimento della insurrezione in Calabria; Carlo Alberto dichiara guerra all’Austria, Custoza 1848; la Repubblica Romana del 1849; Goffredo Mameli e il canto degl’Italiani; Cristina di Belgioioso (1849); Giovanni Minoli, la piccola vedetta lombarda; Carlo Pisacane e l’impresa di Sapri; i mille del 1860 e l’annessione del Sud; Peppa ‘a cannoniera; Giuseppe Bolognani Calcagno, un garibaldino come Giovanni Pentasuglia di Matera; Albini, Mignogna e Racioppi; Laura Battista, la prima donna lucana del Risorgimento; 17 marzo 1861: proclamazione del Regno; 1866, III guerra d’indipendenza, anche il Veneto entra a farne parte; 1870, la presa di Roma.
1943 – Le tre ore di Matera
Mentre il capitano sparava sul tedesco nella bottega, passava davanti alla porta Manicone, l’esattore della società elettrica. Era un uomo di quarant’anni, aveva moglie, era un uomo mite e tranquillo, conosciuto da tutti. Era un buon lavoratore, paziente ed equilibrato, e non si era mai attivamente occupato di politica. Che cosa passò nella sua mente nel vedere il tedesco ucciso?
Forse gli parve che il mondo fosse improvvisamente cambiato, che fosse venuto il tempo della giustizia, la fine della pazienza secolare. Improvvisamente egli, l’innuoco Manicone, l’esattore della luce elettrica, divenne un altro uomo, l’eroe della rivolta di Matera. Corse sulla piazza centrale, entrò nella bottega del barbiere Petrino.
Aveva un pugnale. Seduto sulla poltrona, con la faccia insaponata, un tenente tedesco si stava facendo fare la barba.
Manicone lo pugnalò, il tenete non morì, venne curato all’ospedale e, guarito, fu poi consegnato aali inglesi.
Manicone uscì in piazza brandendo alti ol pugnale intriso di sangue e gridando a gran voce: «Materani, uscite dalle case! Armatevi! Che cosa aspettate? Materani, all’armi».
Il pomeriggio assolato incombeva sulla città, il cannone tuonava lontano e Manicone, solo con il suo pugnale, chiamava i cittadini di Matera all’insurrezione. Nulla era preparato non c’era alcuna organizzazione politica, il grido di Manicone correva per la città, si spargeva per i vicoli, entrava, riportato da mille bocche e da mille sussurri, nelle grotte sotterranee (i Sassi), e tutti si armavano come potevano.
Carlo Levi – dicembre 1952 – l’«Illustrazione Italiana»
Rionero in Vulture
Ma la notizia dell’ignobile scelleraggine, subito diffusa da Radio Londra, turbò la coscienza degli uomini ancora degni di questo nome, nel mondo che era ormai ridotto ad una immensa caserma.
I Tedeschi partirono, due giorni dopo il massacro del 24 settembre, e il 28 settembre arrivarono i Canadesi. Da allora sono passati tanti anni. La guerra finì e tornarono in paese quelli che erano stati lontani. Pasquale Carrieri, figlio di Elisa Giordano, la donna morta e bruciata nel magazzino durante l’assalto ai viveri, seppe, nel 1945 al ritorno dalle Indie, dov’era stato prigioniero degli Inglesi, della orrenda fine della sua povera e cara vecchia. Pasquale Cardillicchio, padre di Antonio, giovanetto diciassettenne ucciso mentre si portava a casa un poco di riso, nel 1950 chiese ed ottenne la restituzione della testa del suo povero figlio, mandata a Napoli per la perizia medica. Molte cose sono pure cambiate in Rionero. Da allora, il paese si è fatto più grande, tanto che gli abitanti ne vogliono fare un Capoluogo di Provincia, la popolazione è cresciuta di alcune migliaia di persone circa. Quelli che allora erano ragazzi, come Luigi La Monica che riuscì a prendere una scatola di surrogato di caffè al magazzino viveri, sono fatti uomini. La Monica ha ora 25 anni ed è forse sposato; anche le sorelle Barazzino sono donne e mamme fors’anche. Ma i vecchi non ci sono più, i più vecchi sono morti tutti e riposano accanto a Pasquale Sibilia ed agli altri che non sono stati dimenticati.
Un umile sepolcro elevato dalla pietà dei vivi alle verdi pendici del Vulture, li ricorda tutti, uno per uno.
Da quel sepolcro oggi sentiamo come non mai levarsi la loro voce che invita al perdono e alla pace, ma esorta anche al ricordo.