CRONACHE DI CARTA – VIAGGIO NELL’UNIVERSO DELLA SCRITTURA – DALL’ITALIA ALL’ARGENTINA E RITORNO CON VINCENZO MORI
di Lorenza Colicigno
Lorenza Colicigno
Nel passare dalla poesia al romanzo, con Oltre il confine, edito da Osanna (2022), Vincenzo Mori si affida a una storia di famiglia, la storia di Sandro Vanni, zio dello scrittore, che fa da catalizzatore di una storia più grande, quella dell’Italia e del mondo occidentale tra fascismo, seconda guerra mondiale, nascita e stabilizzazione della Repubblica italiana nata dalla Resistenza ed emigrazione in Argentina.
Così Vincenzo Mori commenta questo suo passaggio alla prosa: Come si sa, le scelte letterarie, l’impulso a scrivere non sempre nasce da un progetto e né tantomeno è studiato a tavolino. Nasce talvolta da una suggestione, da una curiosità. Nel mio caso, premesso che la poesia è un linguaggio dell’anima così connaturato che non lo puoi sopprimere, e che pertanto non si abbandona mai, scrivere il romanzo mi è stato sollecitato da quello che gli psicologi chiamano i Miti della famiglia. Quei racconti, per lo più orali, che riguardano personaggi fuori dall’ordinario e che si tramandano di generazione in generazione, portando in sé l’orgoglio o la vergogna di una appartenenza. Il personaggio di Sandro Vanni, reale rappresentante del mio clan famigliare, aveva troppo intrigato la mia fantasia di bambino quando ne sentivo parlare a mezza voce, quasi fosse materia proibita per le mie orecchie innocenti. E poi la vita avventurosa di questo mio zio, aveva una così potente forza narrativa che il racconto, possiamo dire, si è scritto da solo. A dir la verità nel mio romanzo non mancano tratti nei quali la poesia emerge prepotente, come d’altronte spesso ho provato il gusto di scrivere in poesia dei microracconti. Secondo il sentimento comune, la poesia scaturisce da una ispirazione, da una emozione fulminea, per quanto, diceva qualcuno, Dio ti regala il primo verso, mentre il resto devi farlo da te. Per la narrativa hai bisogno di un più ampio respiro che ti faccia reggere la tensione narrativa per tempi più prolungati. Ed hai bisogno di leggere e di studiare, sia l’ambiente, sia la personalità dei tuoi eroi, i protagonisti di una storia minore che tu stai creando, casomai partendo da un nucleo di realtà, sia la relazione tra la grande storia che fa da sfondo e la vita dei tuoi personaggi. E tutto questo vale soprattutto per il il romanzo storico che mi appassiona particolarmente.
Benché narrata con grande cura nella ricostruzione degli ambienti, degli eventi personali e collettivi, dei “fatti”, insomma, il romanzo si sviluppa come una riflessione sulla tirannia delle ideologie totalitarie, fasciste e naziste, prima, e poi della dittatura militare di Jorge Rafel Videla in Argentina, della loro capacità distruttiva delle vite dei popoli e dei singoli individui, che, quando superano gli orrori delle guerre, in particolari civili, sono costretti allo sradicamento.
I fratelli Vanni che te li “potevi bere in un bicchiere d’acqua” (Vincenzo Mori prosegue il suo racconta per noi anche con queste foto d’epoca, che ci ha gentilmente concesse)
Il personaggio di Sandro, vissuto attraverso la memoria come un mito da cui staccarsi con senso critico e a cui sempre ricondursi sul piano affettivo, passa attraverso la fiducia del personaggio nel fascismo e in Mussolini, coincidenti per lui con l’idea di Patria, per approdare alla consapevolezza di essere stato coinvolto in idee sbagliate e in azioni pericolose, per sé e per la Patria tanto amata, da persone altrettanto pericolose, grazie alle parole del cattedratico socialista argentino Fernando Olivares, parole energiche e persuasive, perché basate sui fatti ricostruiti criticamente. Fernando Olivares è la leva che espunge dal pensiero di Sandro il fascismo, mentre lo lascia libero di cercarsi una nuova strada, una nuova idea in cui credere, idea che, giunto in Argentina, si incarna in Peron, e soprattutto nella figura di Evita. Il romanzo si struttura a livello narrativo in due parti. La prima parte ha come ambiente l’Italia, prima i boschi dell’Appennino toscano, dove nel 1944 sarà catturato dai Partigiani, alla cui giustizia lo sottrae Laura, sorella di un capo partigiano e staffetta lei stessa, innamoratasi di lui, che poi sposerà, senza che la loro diversità si converta mai in una reale intesa. due mondi a confronto, che si scopriranno inconciliabili; poi a Querceto, il paese delle origini dove torna dopo aver sposato Laura.
Querceto visto dal castello che per i ragazzi fu il teatro di baruffe selvagge (Vincenzo Mori prosegue il suo racconta, rendendo disponibili per noi queste foto d’epoca)
Qui l’attenzione di Vincenzo Mori si accentra sui modi di vita del piccolo paese, le voglie, le passioni, le solitudini, le rivalse, i pettegolezzi, e su tutto, il dominio di don Gaetano, una figura a mezzo tra i manzoniani Don Rodrigo e Azzeccagarbugli, ma anche gli eroi di famiglia.
A proposito di miti della famiglia, tra i più sentiti c’é il nonno che fu un “ragazzo del ’99”. Uno dei pochi scampati alla carneficina della Grande guerra. (Vincenzo Mori)
Gli intrecci si concentrano essenzialmente su due temi: la paura di essere incarcerato per aver militato nella Repubblica Sociale di Salò e per crimini di guerra (che nel romanzo non vengono mai svelati), paura che lo rende “schiavo” di Don Gaetano, che ancora pensa e si comporta da podestà nel suo paese e nelle relazioni che mantiene con i fascisti italiani e stranieri, un potere strisciante e sempre pronto a riemergere; l‘amore, vissuto essenzialmente come sessualità, come desiderio, brutalmente espresso in una frase molto efficace per farci comprendere non solo il punto di vista di un uomo, ma di un’intera società, un punto di vista che riemerge pesantemente nei fatti di cronaca del nostro tempo: “il maschio fa il maschio e la femmina sta al suo posto” (pg. 89). E’ questa la sua logica di vita, ma sarà la vita stessa a insegnargli che esiste anche un modo vero di amare, da cui è escluso il possesso della donna, intesa come solo oggetto sessuale. Una serie di motivi, tra cui la sua esasperata sessualità con tutti i pettegolezzi connessi, la convenienza della sua partenza per l’ingegner Enrico Palmi (chi leggerà il romanzo capirà perché), più che la paura mai sopita per il carcere che la giustizia post-bellica potrebbe riservare ai repubblichini, spinge Sandro (in effetti la spinta viene da don Gaetano!) ad emigrare in Argentina con Giovanna nel 1949.
La scrittura di Mori ricostruisce i personaggi e gli ambienti guardandoli spesso dall’interno, attraverso i pensieri e le emozioni, piuttosto che attraverso le situazioni e le azioni che i conflitti familiari e sociali generano, si colgono sempre una partecipazione e un affetto profondo che si traducono in molti passi in un lirismo a volte intimo a volte corale.
I Vanni con amici e parenti che si preparano a un agreste banchetto. Riconoscibili nonno Marco accanto a nonna Rosina e Sandro che imbraccia il fucile. (Vincenzo Mori)
L’ambiente poi si sposta a Genova, e successivamente in Argentina, rifugio di tanti gerarchi fascisti e nazisti, dove Sandro capirà con quali idee e con chi ha avuto finora a che fare. Sandro incontra l’Argentina di Peron e di Evita, e ne sarà conquistato. A Buenos Aires inizierà una nuova vita, allietata dall’amore di Giovanna e dalla nascita di una figlia che inevitabilmente chiamerà Evita. Ma questo nome sarà per la giovane motivo di paura (si ripete il destino del padre), perché intanto le cose sono cambiate, la dittatura di Videla provoca il fenomeno dei desaparecidos. Evita, sindacalista come il padre, teme per la sua vita e … dove troverà la salvezza? Nell’ultima parte la famiglia d’origine di Sandro, il quale tuttavia non ha mai voluto riprendere i rapporti con i parenti di Querceto, si ricompatta intorno ai nipoti. Sono gli anni ’70, ancora una volta la storia, la macrostoria e la microstoria, sono travolte dalla violenza, al di qua e al di là dell’oceano. Ma se c’è un paese, una casa da raggiungere, forse lì si troverà pace.
Vincenzo Mori
Vincenzo MORI è nato nel 1954 a Brindisi Montagna (PZ). Vive a Potenza. Ha svolto l’attività di medico nel comune di nascita e a Potenza, come Direttore sanitario di un centro di riabilitazione. É in pensione da alcuni anni. Ha pubblicato nel 1998 per la casa editrice La Vallisa di Bari una silloge di poesie intitolata D’inquieti bagliori. Nel 2003 una seconda raccolta dal titolo “Grani del tempo” con la Erreci® edizioni di Anzi (PZ) e, con lo stesso editore, nel 2021, una terza raccolta dal titolo Volevo essere luce. Nel 2022 ha pubblicato, per la “Osanna” di Venosa, il suo primo romanzo intitolato Oltre il confine. É stato premiato in svariati concorsi letterari. Ha collaborato dal 1999 al 2002, con altri poeti e narratori, ad un Laboratorio di Scrittura Creativa. Alcune sue composizioni sono presenti in antologie di poeti appulo lucani.