LA SANITA’ TRA ANNUNCI VACUI E EMIGRAZIONE AL NORD SEMPRE PIU’MASSICCIA

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ANNA MARIA SCARNATO

Tutti conoscono la produttività delle terre del Metapontino, con i prodotti agricoli apprezzati sui mercati anche internazionali che hanno fatto meritare il titolo di “California del Sud”, l’Aglianico del Vulture, custode di sapori speziati e intenso profumo che richiama il terroir particolare, quello vulcanico. Chi non sa che il  sottosuolo di questa piccola regione è ricco di petrolio e che ha attirato l’avidità di grandi compagnie energetiche che, dipendesse solamente da loro, e senza un minimo sussulto popolare stimolato dalle associazioni sentinelle del territorio, avrebbero reso la terra e il mare uguale all’Emmental svizzero? E delle bellissime spiagge metapontine sabbiose della costa jonica e di quella ghiaiosa tirrenica di Maratea, non a caso denominate rispettivamente Spiagge degli Dei e Perla del Tirreno? La Basilicata è ormai conosciuta per i suoi parchi protetti, per le ricchezze archeologiche, per le tradizioni alimentari integrali e rivisitate da guru della ristorazione, per gli antichi borghi abbandonati che si tenta di ripopolare con bandi al prezzo di un euro. Si è fieri di questa terra antica, delle sue risorse tangibili e intangibili, di quelle turistiche in cui entrano a pieno merito uno stile di vita semplice legato alla sua identità a cui si vuole rimanere fedeli. Ma nelle classifiche che monitorano l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, la Basilicata è risultata tra le ultime e sempre più al collasso. L’orgoglio lucano per la fama conquistata da un piatto genuino a base di peperoni cruschi di Senise, taglieri di salumi del Pollino, di Picerno e pecorino di Moliterno, per i Sassi di Matera e Il Volo degli Angeli di Castelmezzano, abbassa la testa a fronte di un incremento dei tempi di attesa che sta costringendo tanti pazienti a disdire appuntamenti con ospedali pubblici, optando per soluzioni a pagamento. Sono i più fragili della nostra società a non essere garantiti ed è la prevenzione la buona pratica che, se da sempre fa dire ”meglio prevenire che curare”, oggi non è assicurata ai cittadini lucani. Se la colpa viene data in parte al passato e all’esiguità di fondi che per il 2023 sono stati stanziati per la Sanità nel bilancio statale, è anche vero che chi governa questa Regione manca di programmazione, di consapevolezza dei bisogni. Ha pensato di risovere la crisi del sistema sanitario indebolendo alcuni presidi e rafforzandone altri con il risultato di vedere strutture sanitarie veri fiori all’occhiello della buona Sanità, ospedali dedicati abbandonati come scatoloni alla discarica, contenenti strumenti funzionanti e inutilizzati. Di contro se ne sono incentivati altri, ma sempre pochi, sguarniti di risorse umane e strumentali. Mettendo in atto un gioco a perdere. Se si hanno ricchezze come aria pulita, laddove è così, mare bandiera blu, giacimenti energetici, montagne verdi, e non ci si può curare negli ospedali regionali, eseguire controlli nei tempi giusti come una patologia richiede, i lucani vivono sospesi nel tempo che più non sembra appartenere loro. Agli ultimi posti di una ricerca demoscopica quasi scontata nei risultati. Lì siamo. Noi emigranti per studio, per lavoro, per la Sanità. Per di più costretti ad un pellegrinaggio in altre regioni con mezzi di trasporto personali, considerata la mancanza di reti ferroviarie al servizio delle comunità. Non emigranti stagionali ma di ogni tempo e sotto ogni governo nuovo che arriva per fare l’annunciato programma, che non comprende i nostri bisogni, le paure degli ammalati di fronte alle lungaggini di un offerta tardiva; che si può vantare piuttosto di peperoni cruschi che di un buon servizio alla sicurezza sanitaria del a comunità. E i lucani che guardano e commiserano giustamente i tanti immigrati politici o economici che siano, che arrivano sulle coste del mediterraneo, si associano ancor più alla loro sofferenza poiché avvertono nella carne la brutalità dell’abbandono, quello che non salva. I lucani, emigranti anch’essi per fattori endogeni, attaccati per ore al cellulare cercano di comunicare al CUP i loro bisogni in un’attesa musicale stereotipata che infine invita a riprovare. Altri vie da percorrere, soldi da sborsare se si vuol far presto, e per colpa ”di scafisti” di governo che hanno promesso mari e coste su cui approdare, terre promesse. E’così che ci si ritrova su “barcacce sfondate”, se si è fortunati ad arrivare, a far la fila ad un ”hotspot” sanitario per l’identificazione e la destinazione. E poi decidere altre destinazioni, altre regioni dove si viene meglio accolti e la salute più tutelata. Se non muori prima. Come gli immigrati che mettono mano agli ultimi risparmi, agli ultimi risparmi della loro storia umana che non vogliono arrestare, anche gli indigenti lucani, i pensionati, cercano di salvarsi la vita, gli ex esposti all’amianto che segnano due anni di ritardo nei controlli ospedalieri da eseguire, come da  protocollo regionale. Se pur l’accostamento è sproporzionato, si accetti la metafora e l’allegoria nella considerazione che si può morire per l’indifferenza umana di chi è al governo politico e amministrativo di una Regione che fa finta di progettare per la comunità e i territori, promette soluzioni, pubblicizza eventi e raduni che parlano di “buona Sanità”, di cambiamento di rotta, mentendo sui tempi di attuazione di trovate che rimarranno sulla carta. Le virate, “le traversate” migliori, i politici le sanno scegliere per loro. La loro idea è che Il popolo è meglio tenerlo “sottocoperta”. Come gli scafisti fanno con gli immigrati. Mentre il mare agitato e il tempo che non fa “sbarcare” mette sempre più paura e insicurezza. Ecco che, quando i politici che comandano e che dovrebbero guidare la barcaccia, grideranno al popolo: “siamo arrivati alla terra promessa”, in realtà saremo ancora in alto mare, in balia delle onde e i soccorsi in ritardo. Gli “scafisti” della malora non vedono purtroppo chi annaspa, chi muore di fame o malattia ma sanno bene che devono salvare i loro compensi pagati da noi cittadini, che aumentano a piacimento, leggi permettendo. Così noi non arriveremo all’appuntamento con il futuro. Forse neanche il presente appartiene ai lucani. Siamo rassegnati ad una prevenzione e cura che non c’è, al lavoro che non c’è e svuota i borghi più belli ora abitati da anziani rimasti soli, agli “scafisti” che quando la “barca” affonda con morti e superstiti, si “salvano con i loro gommoni”. Eh sì, loro sanno scegliere come salvarsi la pelle. Si operano negli ospedali attrezzati del Nord e poi tentano di chiudere i confini con la Puglia per evitare rimborsi esosi alla Regione di Emiliano per le prestazioni erogate ai malati lucani in ospedali attrezzati e ben organizzati. Decidono per noi dove dobbiamo curarci. Per loro cliniche private del Nord, per il “carico residuale” umano, la barca può affondare. E’ una fortuna appartenere a questa terra scelta dal sole, da due mari, da monti e pianure fertili? I giovani vorrebbero restare ma continuano ad andar via, a intraprendere rotte migratorie per colpa di “scafisti” che li sospingono, da tanto ed ancor più oggi, su altre coste. Con scelte che non conducono a niente se non a cambi di vertice in uffici e direzioni, mentre guidano le emigrazioni, con le assenze e i continui rinvii di consigli regionali poiché non sanno nemmeno loro che “pesci prendere”. Destino crudele per una terra ricca di risorse e povera di uomini capaci di evitare che la vita dei cittadini resti incagliata alla loro presunzione e negligenza. E mentre il governo Meloni dichiara guerra alle partenze migratorie asiatiche e africane e propone aiuti ai paesi più poveri per uno sviluppo nelle loro terre, fa approvare la legge sulle autonomie regionali, cosicchè le regioni italiane più povere, quelle meridionali, non abbiano a frignare o a pretendere tanto da Roma. Una vera linea di demarcazione peggiore di quella che un terremoto provoca separando terre e continenti. E’ così proprio che favorisce ulteriormente lo spopolamento delle regioni e tra queste la nostra, agendo in controsenso. E il nostro Presidente della Regione Basilicata firma per il federalismo regionale, obbedendo ai desideri secessionisti di Salvini più che porsi domande sul futuro dei Lucani. Presidente, non dimenticare di essere stato un “immigrato” celebre, tornato in questa terra dove lei è nato, perché la maggioranza dei Lucani l’ha voluto al comando, concedendole fiducia e non tradendo l’istinto di appartenenza lucana. Ma lei si sente Lucano? Aspettiamo ancora di averne coscienza quando il suo sorriso ma soprattutto i suoi provvedimenti dimostreranno amore per la nostra terra più che obbedienza ad una bandiera di partito.
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