di Teri Volini
Un’ indicibile sciagura si è abbattuta in Afganistan con il ritorno dei talebani, in particolare sulle donne, la cui condizione si prospetta estremamente difficile, se non drammatica.
Ma chi sono questi rozzi personaggi che si fanno potenti grazie al possesso di un’arma onnipresente, incorporata in loro quasi fosse un prolungamento del loro sesso?
La conoscenza della preistoria con la metodica dell’archeologa Gimbutas, ci permette di capire che essi sono gli eredi – se non genetici, di sicuro paradigmatici – dei kurgan, pastori nomadi provenienti dagli Urali, che tra il IV e il III millennio a.C., con una serie di invasioni a ondate, colonizzarono le regioni europeee, imponendo la propria legge.
In una vicenda di conflitto e sopraffazioni, s’imposero sulle precedenti millenarie civiltà matrilineari, pacifiche e creative, in una tragica contrapposizione tra culture stanziali e orde nomadi, tra religioni al femminile e dominanza maschile, tra egualitarismo pacifico e aggressività, tra arte, artigianato e guerra, determinando il fatidico percorso che avrebbe portato al sistema storico patriarcale. La grande archeologa li ha chiamati col nome dei tumuli mortuari, dato che essi furono dei portatori di morte…
Ciò che ci chiediamo, è come sia possibile che trovino posto e potere oggi, nel 3° millennio. Com’è potuto avvenire questo loro reinserimento, e quali le responsabilità e le omissioni delle grandi potenze occidentali?
Un rispecchiamento spiacevole
Al di là degli interessi di potere e ed economici che fanno un sinistro girotondo intorno alla vicenda, quest’assurda retrocessione è stata possibile innanzitutto perché – contro ogni possibile affermazione contraria – noi viviamo tuttora in una società patriarcale, di cui i kurgan / talebani sono l’aspetto più estremo. A ben guardare, le radici sono le stesse, non le abbiamo sradicate e se consideriamo i nostri comportamenti, la guerra sempre alle porte, le armi sempre più micidiali, lo stato in cui abbiamo ridotto il pianeta, la corruzione e la prepotenza basale, le ingiustizie, il modo subdolo di nascondere ciò che non è di nostro gradimento, la follia con cui ancora vengono ammazzate le donne… vediamo qualcosa di molto spiacevole nel guardarci allo specchio…
Veli invisibili ma ben presenti
La violenza delle restrizioni imposte dai talebani, l’evidente negatività di una velazione che toglie ogni possibilità di parola, di creatività, di movimento, di sguardo e di decisione alle donne, è qualcosa di mostruoso, ma deve portarci a riflettere su aspetti che riguardano anche la nostra società occidentale: sono molti i veli, invisibili ma ben presenti nell’odierna cultura, non così aperta e democratica come proclama di essere.
È necessario evidenziarne la permanenza scandalosa, di questi Veli sinistri, che si finge di non vedere: il velo del conformismo, dell’inconsapevolezza, e – in consonanza con quello delle sorelle afgane e una volta fatte le dovute proporzioni – il velo altrettanto violento del silenzio imposto a chi non si adegua alla cultura dominante o addirittura – specie se donna – “pecca” per eccesso di valore, grazie a genialità, serietà, idee innovative o posizioni progressiste, evitando ogni compiacenza o carineria strumentale.
È verso queste persone che scattano in automatico azioni censorie, in cui la violenza non è visibile, ma altrettanto micidiale. Si attuano azioni restrittive sotterranee, congegnate con grande scaltrezza, di fatto ineccepibili e giuridicamente non condannabili, consistenti… nell’omissione. Non vengono date informazioni su quelle persone, esse vengono rese invisibili, oppure osteggiate o comunque ostacolate, minimizzate.
I kurgan / talebani all’occidentale
In un tipo di società che si proclama aperta e civile, l’omissione rappresenta una maniera paradossale, ma quanto mai attiva, di “agire” senza agire. Punizione alla non compiacenza di chi è dignitoso ma inerme, l’omissione, frutto d’ignoranza, di calcoli d’interesse personalistico e di velenose gelosie, tanto più potente nel suo operare omertoso – dunque sconosciuto ai più – risulta, nel suo essere una non azione, pesantemente diminutiva e distruttiva. Il danno – specie se reiterato – viene portato sotto forma di un silenzio maligno, tendente ad occultare o diminuire il valore delle vittima designate. E senza che nulla lo segnali, né che lo si sappia.
D’altra parte, nel corso del tempo storico, spesso ancor più delle persecuzioni attive, è bastata la sottovalutazione di persone e di intere culture per provocarne la scomparsa dalla scena, in certi casi non la mancata comparsa su di essa, l’invisibiltà… Grazie a precise volontà, singoli individui o interi gruppi sono stati negati, messi da parte, rimanendo sconosciuti o misconosciuti, solo perché non graditi o non funzionali al potere, quello centrale, ma anche quello lobbistico di piccoli gruppi nocivi, ad esso collegati o economicamente forti: e questo continua ad accadere in ogni momento storico, compreso quello attuale, per nostra disgrazia.