Mi ritorni in mente con le tue Emozioni

0

Gianfranco Blasi

Un ricordo di Lucio Battisti per i suoi 80 anni da un battistiano radicale

È una calda e serena notte d’agosto del 1964. A Cavezze, sul palco del celebre “Dancing K559, si esibisce per la prima volta in pubblico un gruppo di ragazzi, notati quasi per caso a Milano, durante un’audizione, dal gestore del locale. La band risponde al nome di Campioni, e alla chitarra si cimenta un ventunenne riccioluto, grande appassionato di Bob Dylan e del rhythm blues, che pare quasi assente per tutto il concerto da tutto ciò che lo circonda. Una chitarra tormentata la sua. Nessuno dei presenti può saperlo, eppure quella sera il riccioluto introverso inizia la propria scalata verso il successo e l’immortalità. Quella sera, apparentemente una sera come tante, il mondo conosce un ragazzo destinato a riscrivere la storia della musica italiana. Il giovane, al secolo Lucio Battisti, era nato il 5 marzo 1943 a Poggio Bustone, provincia di Rieti. Giorni felici, quelli, per la storia della canzone tricolore: basti pensare che meno di 24 ore di prima era venuto al mondo un altro celebre Lucio, destinato anch’esso ai fasti della musica, ovvero il bolognese Dalla.
Ma torniamo a Cavezze, all’agosto del 1964. L’esibizione dei Campioni è sorprendente per la competenza e le notevoli capacità tecniche che la giovanissima band dimostra. In particolare, gli spettatori sono sbalorditi dallo stile alla chitarra, decisamente originale, del ventunenne di Poggio Bustone: la svolta, per lui, è dietro langolo. Dopo il primo indimenticabile concerto, infatti, Battisti inizia a bazzicare con una certa regolarità gli ambienti musicalmente più in voga in quel di Milano, e compone i primi pezzi. Pochi mesi più tardi, il 14 febbraio 1965, viene notato durante una sessione di prove dalla giovane produttrice francese Christine Leroux, che subito si innamora del suo stile, del suo tono quasi “afono” e ai limiti del falsetto, eppure viscerale e capace di trasmettere un incredibile pathos, e chiede informazioni su di lui. Le risposte dei vari addetti ai lavori, che da tempo lo conoscono, sono sostanzialmente concordi: Lucio ha un grandissimo talento vocale e soprattutto compositivo, ma non sa scrivere i testi (tesi corroborata dai primissimi singoli dell’autore: basti ascoltare “Se rimani con me”, canzone sicuramente curata e dal ritornello catchy, ma incredibilmente banale nei testi; da far invidia ai Beatles di “Love Me Do”. Per Christine, tuttavia, questo non rappresenta un problema: “Quando capii che non sapeva scrivere i testi, pensai subito a Mogol”. Nacque così, grazie anche alla semplice illuminazione di una ragazza d’oltralpe, il connubio più famoso, discusso e al contempo celebrato della storia del pop italiano: nacquero così, quasi per caso, Battisti e Mogol.
Chi legge i miei libri e conosce My Generation, edito da UniversoSud, sa che un paio di racconti sono dedicati e ispirati dalle canzoni di Lucio e di Giulio. I mie amici conoscono le mie passioni musicali e quanto io sia profondamente, intimamente, battistiano nell’anima. Giulio Rapetti è stato uno dei testimonial del mio libro, ogni tanto ci scambiamo messaggi e conversiamo delle loro canzoni, ma anche di musica
attuale. Venne a Maratea, grazie anche a Gianni Pittella, a presentare My Generation, in una serata magica di settembre 2021 dove La Compagnia dei Lupi di Antonio Colangelo suonò proprio il repertorio battistiano.
Per tornare al 1965 e ai mesi successivi, dopo aver firmato con la Ricordi il primo contratto della vita, Lucio Battisti incontra per la prima volta proprio Giulio Rapetti, alias Mogol. L’amore non scocca subito: basti ricordare che, del primo incontro, Mogol disse (è questa una cosa raccontata anche a me): “La prima volta che lo vidi, non rimasi favorevolmente impressionato. Lui mi disse che era d’accordo con me, e io trovai molto simpatica questa sua modestia e questa sua capacità autocritica. Allora gli dissi che qualche volta avremmo lavorato insieme, non per scrivere canzoni ma per fare degli esperimenti”. Tuttavia, mai previsione si sarebbe rivelata meno azzeccata: di pezzi, Battisti e Mogol, ne scriveranno a iosa, innervando con nuova linfa vitale il mondo stantio e obsoleto della canzone leggera italiana. Lucio e Giulio scrivevano testi e musica con una sola anima. L’immortalità dei loro pezzi è in questa straordinaria alchimia artistica ed umana. Il sodalizio si ruppe proprio per le tensioni che il loro essere corpo unico creava in chi era costretto/a a condividere tanto afflato. Ci fu poi anche un errore di Mogol sulla divisione dei compensi. Lucio chiedeva un qual cosina in più del cinquanta per cento. Per Mogol la cosa apparve incomprensibile. Tutti sappiamo che Lucio senza Giulio fu costretto a reinventarsi, ma non riuscì mai più nell’algoritmo perfetto di canzoni come Pensieri e Parole o Il mio canto libero. Ecco Lucio, tu Mi ritorni in mente fra Pensieri e Parole, come un’ Innocente evasione, produci Emozioni, mentre le Luci dell’Est incrociano il tramonto della nostalgia e del ricordo e si specchiano in Acqua azzurra, acqua chiara.

Condividi

Sull' Autore

Scrittore, Poeta, Giornalista

Rispondi