I più antichi reperti archeologici, rinvenuti nel villaggio che si estendeva intorno all’attuale masseria Battifarano, documentano sul territorio la presenza dell’uomo eneolitico.
Il nucleo originario, come attesta una necropoli ellenistica recentemente trovata, sorse presso la Marina dell’attuale Nova Siri.
Il nome più antico di Nova Siri è Boleto dal greco boletos, decisione presa. Nel periodo romano si chiamò Castrum Boletum (le legioni eressero un inaccessibile accampamento militare), poi Veleta e Belita. Durante la dominazione borbonica fu chiamata Bollita che può derivare o dal latino boletus, fungo o dal bollore delle acque sulfuree che sgorgano nel territorio. Lo storico Racioppi, invece, fa derivare il nome da terreno incolto o brughiera.
La prima notizia documentata è dell’anno 1100, durante il periodo normanno. Dominarono poi gli Svevi e gli Angioini. Nel 1408 divenne baronia di Pietro Acciapaccia, poi feudo della famiglia Sanseverino e successivamente dei De Castro. Diego Sandoval De Castro fu un forte personaggio alla sua epoca: d’origine spagnola, nobile, valente nelle armi e nelle lettere, è ricordato ancora oggi per aver indirizzato ad Isabella Morra, figlia del feudatario Gian Michele di Favale (attuale Valsinni), lettere e poesie. Questa relazione sentimentale fu il motivo che spinse i fratelli di Isabella ad ucciderli entrambi.
Bollita passò poi agli Asprella di Montalbano, ai Raimondi, ai Crivelli nel 1717 che tennero il feudo fino all’abolizione della feudalità.
Per richiesta del Consiglio Comunale il nome Bollita fu sostituito, il 6 marzo 1862, con Nova Siri per ricordare le origini, l’antica Siri, ai tempi della Magna Grecia.
Dopo l’Unità d’Italia, il paese fu sconvolto dalle bande dei briganti che terrorizzarono tanto la popolazione che abbandonò il paese.
La struttura del centro storico (fig. 1) ha un impianto medioevale, senza particolari caratteristiche tipologiche, ma dotata di un notevole valore ambientale.
Sulla parte più alta del paese c’è il Castello (fig. 2), che non ha nessuna caratteristica dei fortezze feudali, ma è un palazzone massiccio eretto su fondazioni naturali, con vasto atrio privo di portale ed un muro altissimo davanti con le feritoie. S’ignora chi l’abbia fatto costruire intorno all’XI secolo. Fu residenza dei De Castro ed in questo palazzo donna Antonia Caracciolo crebbe i suoi figli nell’attesa delle rare visite del marito. Attualmente è adibito ad abitazioni private che hanno modificato l’aspetto originario dell’atrio. Conserva solo le settecentesche balconate in ferro battuto.
Nell’antico rione della Porticella, a ridosso del castello, si possono ammirare tipici vicoli, caratterizzati dalle lamie, archi intrecciati con volte a crociera.
Non si sa l’anno esatto della fondazione della Chiesa Madre di Santa Maria Assunta, ma la prima notizia documentata è del 1111. La facciata restaurata da poco è in stile barocco, con campanile (fig. 3) rifatto nel 1866 e un tempo sormontato da una piccola piramide, distrutta da un fulmine nel dicembre 1857. L’interno è a tre navate. L’altare maggiore con il Tabernacolo, nel presbiterio, e tre altari della navata laterale destra sono in marmo policromo. Il coro ligneo che risale al 1775, epoca in cui fu restaurata la chiesa, fu costruito dai falegnami lagonegresi Martino e Pasquale Fusco con noce e pioppo preso da Teana, Latronico e Lagonegro.
Nell’abside in alto si nota l’olio su tela raffigurante l’Assunzione della Madonna del XVIII secolo, attribuito a Simone Oliva.
All’ingresso ci sono due acquasantiere, una del 1585, data alla quale molti storici hanno attribuito erroneamente l’anno della costruzione della chiesa, ma si tratta solo di una restaurazione incisiva ed importante.
Nelle navate laterali sono da osservare le settecentesche statue lignee della Madonna delle Grazie e della Madonna del Carmine (fig. 4), in legno policromo del XVIII secolo.

FIG.5
C’è la tela dipinta ad olio raffigurante (fig. 5) la Deposizione con Gesù morto, la Madonna, Maria Maddalena e Angeli. La composizione, di solida e ferma plasticità nei volumi, conferisce ai personaggi rappresentati un’intensa drammaticità. L’artista ha riprodotto i particolari delle cose con eccezionale chiarezza e lucidità, preferendo tonalità di colori accesi e brillanti soprattutto nelle figure investendole di una luce più netta e più ferma. L’opera, restaurata nel 1844, certamente è stata realizzata tra il Cinquecento e il Seicento. Sempre nel 1844 fu restaurato anche l’olio su tela raffigurante San Nicola.

FIG.6
Nel centro storico si può visitare la settecentesca Cappella dell’Annunziata non più aperta al culto e detta anche della Madonna degli infermi, per il miracolo che fermò il colera che infuriava in Bollita. Contiene le statue in legno policromo del XVIII secolo raffiguranti l’Annunziata (fig. 6) e un Angelo alato (fig. 7).
Nella parte più antica del paese si possono notare i palazzi signorili come quelli dei Battifarano, dei Settembrini e dei Nolfi, ora in ristrutturazione per conto dell’Amministrazione Comunale, che li assegnerà ai cittadini come case popolari. Il frantoio del Palazzo Settembrini (fig. 8), che appartenne ai nonni del letterato e patriota Luigi, diventerà sala d’esposizione per mostre ed altre attività culturali, mentre la vecchia cucina del palazzo sarà adibita a biblioteca comunale e custodirà antichi volumi risalenti al Cinquecento, al Seicento e al Settecento, rinvenuti nello stesso palazzo.

FIG.8
In contrada Fontana c’è (fig. 9) una fonte sorgiva d’epoca romana. Vicino scorre la cascatella di Zacaria che alimentava l’acquedotto romano, utilizzato fino alla fine del XIX secolo. Si vedono ancora alcune vasche che alimentavano un mulino.

FIG.9
Di qui, tramite una ripida scalinata, si può accedere alla porta Vetere, una delle antiche porte d’ingresso del paese. La zona sarà tutta ristrutturata per un progetto turistico.

FIG.10
In contrada Sant’Alessio si trovano (fig. 10) due vasche d’epoca romana, in cui sgorga acqua sulfurea in continua ebollizione che nei tempi passati guariva alcuni malanni. Recentemente le vasche sono state ristrutturate dalla Comunità Montana Basso Sinni.
Nella Contrada Sulla sorge (fig. 11) la Cappella di Maria SS. Annunziata detta anche Madonna della Sulla, per la sulla, pianta erbacea coltivata per foraggio o sovescio che cresce intorno alla chiesa. Essa custodisce la statua dell’Annunziata.

FIG.11
Percorrendo un antico tratturo regio, a qualche chilometro dalla Marina di Nova Siri, si possono ammirare (fig. 11) i ruderi (II-III sec.) della Villa Imperiale del Cugno dei Vagni, anticamente soggiorno termale, ora zona archeologica.
A Marina di Nova Siri, a cinquanta metri dal passaggio al livello, si nota (fig. 12) una costruzione cilindrica in tufo, la Torre Boleta o Bollita, costruita per volere del vicerè di Napoli Pietro De Toledo nel 1520 per difesa contro le incursioni dei pirati turchi.

FIG.12
La torre è detta anche torre cavallara in quanto ospitava le guardie regie a cavallo che correvano ad avvisare i coloni quando scorgevano le navi pirate. Ora appartiene alla famiglia Battifarana.
Nel centro dell’abitato di Nova Siri scalo è ubicata (fig. 13) la Chiesa di Sant’Antonio da Padova, edificata nel 1953.

FIG.13
Sulla rotonda del lungomare si staglia nel cielo (fig.14 ) la scultura dedicata al mare, in cemento e ferro dell’artista Gaetano Dimatteo, di Nova Siri. L’opera ha tutta la vitalità, la pienezza e persino la finitezza di un essere organico. Le forme vive, librate nello spazio con la forza di un gesto prepotente che crea dal nulla, sembrano aver bisogno di appoggiarsi ad una forma già nota rivelando un gusto aerodinamico che si potrebbe definire barocco.
Bibliografia
- Nicola Cirigliano, Nova Siri – Storia e folklore, Torino, Tipografia Sosso di Bilardello, 1990.
- Lorenzo Predone, La Basilicata, Bari, Dedalo Litostampa, 1964.
- Giacomo Racioppi, Storia della Lucania e della Basilicata, Roma, Ermanno Loescher & C., 1889. Ristampa Anastatica, Matera, BMG.