Storie di politica o meglio storie di una bassa poltiica che lavora per portare ad utilità elettorale anche le migliori iniziative nate spontaneamente dall’iniziativa di poche persone capaci di tracciare il solco e di spianare la via verso mete ambiziose, utilizzando le sole armi della tenacia, della determinazione e della capacità organizzativa. E un uomo del fare è stato Giuseppe Priore che questo giornale ha seguito passo passo da oltre due decenni , nelle fasi più delicate del Paese come il terribile terremoto dell’abruzzo e in generale in tutta la fase di crescita del Gruppo lucano della Protezione civile. Che è nato lucano ma poi è cresciuto fino a diiventare una bella realtà meridionale , allargandosi a tre regioni e quattro province, con ottomila volontari , 126 sedi territoriali e tre colonne mobili in grado di allertarsi ad horas e di proiettarsi lì dove serve aiuto. La storia si dovrebbe chiamare “ascesa e caduta di un sognatore”, oppure il tarlo corrosivo della politica nelle cose che funzionano.
Dr: Priore, Lei si rammarica del lento declino della sua creatura associativa, ma è stato Lei a decidere di lasciare per incaricarsi della guida del Parco della Val D’Agri.
R: E’ vero, le vicende note di impegno politico amministrativo che mi hanno visto prima come Subcommissario, poi Commissario straordinario ed infine Presidente del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano alla fine del triennio 2019-2021, mi hanno portato a concentrare gli sforzi amministrativi a favore dell’Ente da me presieduto per un suo definitivo risanamento, lasciando forse troppo frettolosamente le redini del gruppo lucano nelle mani del gruppo dirigente che era cresciuto con me negli anni e che aveva condiviso le mille battaglie da me condotte in prima persona. Dico troppo frettolosamente perché ero già stato preso di mira da una “certa politica” che non vedeva di buon occhio il lavoro che cercavo coscienziosamente e nell’interesse dello Stato di fare presso l’Ente. Al momento mi sembrò buona cosa lasciare a loro la gestione dell’organizzazione per la quale mi ero speso nel corso degli anni portandola dal nulla del 1992 a quella importante e riconosciuta del 2019.
D: Ci racconti che cosa è avvenuto in seguito alla sua decisione. Tante polemiche sono state fatte al suo indirizzo e su quel rapporto incrinatosi proprio con coloro che avrebbero dovuto portare avanti il suo lavoro nel senso della continuità, almeno si crede.
R: Certamente mi erano note le manovre sotterranee che si facevano a tutti i livelli, tanto all’interno dell’Ente che esternamente, che venivano veicolate anche e probabilmente inconsapevolmente da apparati che facevano solo il loro dovere ma che in qualche misura rendevano un servizio ad altri. Quando mi accorsi che qualcosa operava in profondità applicai la strategia dell’anatra zoppa, facendo venire fuori alcuni soggetti che operavano silenziosamente con le loro campagna di diffamazione personale. Nella vicenda complessiva ad un certo punto si inserisce quella dell’organizzazione di volontariato che pensavo fosse immune da certe dinamiche ma che era già stata infiltrata da tempo dagli stessi soggetti che tengono da anni in ostaggio l’intera comunità lucana con il legittimo consenso democratico. A distanza di qualche settimana mentre era ancor in atto il passaggio delle consegne tra un mandato ed un altro, all’interno dell’organizzazione gruppo lucano che aveva votato all’unanimità per il nuovo Presidente, avendolo personalmente sostenuto, per il quale avevo dato ampie rassicurazioni ai quasi 130 Presidenti delle sedi comunali sul senso del rispetto della linea politica interna, si manifestano le prime situazioni allarmanti.
D: In che senso?
Eravamo investiti dall’emergenza della guerra in Ucraina. Tutte le comunità locali erano mobilitate nel far convergere aiuti umanitari in un canale umanitario che si rivolgevano alle nostre organizzazioni locali, che a loro volta difettavano di assenza di linee guida ma che facevano in ogni caso il loro dovere, spontaneamente, in attesa di sapere come fare. Sorse immediatamente come in passato nei casi della Missione Arcobaleno nel 1999, della guerra in Libano 2003, dello Tsunami dell’Indonesia del 2005, del terremoto de L’Aquila 2009, fino alla guerra in Siria nel 2014 ed oltre, la necessità di fare sintesi per razionalizzare questi aiuti, in un clima di forte nervosismo tanto da parte delle sedi locali che del massimo vertice del Gruppo. Nella fattispecie, intercettai un primo filone di “tensioni” che si manifestavano già come minacce nei confronti di coloro che agivano secondo lo schema spontaneo, che successivamente sono diventate la regola nei confronti di tutti coloro che non erano allineati con il pensiero dominante. Con il fine di non far degenerare i rapporti, consigliai all’attuale vertice di convocare un’assemblea generale per discutere di una procedura ufficiale come da regola. Nel frattempo le cose andavano avanti tra minacce e potenziali ritorsione ai danni di alcune sedi che nel frattempo quasi in clandestinità fornivano supporto a parrocchie, Comuni ed altre organizzazioni. Tra queste richiamo quella di Vallo della Lucania, di Vibonati, Marsicovetere ed altre che in questo momento non ricordo. Comunque dopo aver consigliato di procedere come in passato proprio per fornire indicazioni univoche dopo diversi giorni si arriva alla prima riunione del dopo Priore in solo apparente normale clima assembleare. In effetti era solo apparente, perché le prime testuali parole furono non in riferimento alla crisi umanitaria in atto ma “io non sono un Presidente che si fa tirare per la giacchetta” e di lì a poco si scatenò il disordine nell’assemblea. Era chiaro che erano saltati gli schemi di tranquilla e collaborativa cooperazione. 15 giorni dopo, marzo 2022, fu riconvocata l’assemblea per il rinnovo dei membri del direttivo. Ero partecipe in quanto Presidente neo eletto di una sezione dei volontari della Ricerca e Soccorso del Gruppo Lucano, quale subentrante al precedente Presidente che aveva invece eletto secondo lo schema del gruppo Lucano i Presidenti di Coordinamento e Provinciali nel dicembre 2021. Immediatamente mi fu detto che era inopportuna una mia candidatura in rappresentanza del settore come era stato nel corso dei 20 anni precedenti. Capendo l’antifona, mi feci da parte, chiedendo che tra i neo eletti fosse riconosciuto al pari degli altri settori anche il settore da me rappresentato. Ovviamente niente. Tutto ciò che è seguito è stata l’esclusione della mia carica dall’assemblea dei Presidenti senza alcun atto formale fino all’annullamento anche dell’iscrizione. Fatto ancor più grave, la stessa dinamica è seguita nei confronti di tutti i Presidenti di sede locale che nel frattempo in un clima di crescenti ritorsioni e minacce sono stati disconosciuti dalle proprie funzioni. Ovviamente ho cercato di far ricorso anche ai probiviri che puntualmente sono stati negati. Qui eravamo ancora a fine luglio 2022. Verificata l’attitudine, a questo punto diverse sedi locali hanno cominciato ad alzare il livello di attenzione finendo nel mirino della dirigenza. I più inclini ad un comportamento omertoso si sono eclissati lasciando esposti non pochi alla conduzione di una battaglia di diritti interni. Chiunque abbia minimamente osato alzare il dito si è trovato a verificare chiusura di sedi, sostituzione di gruppi dirigenti, ritiro forzato di automezzi, danneggiamenti secondo principi autoritari e pretestuosi. La vicenda della sede di Castelluccio Inferiore, non ultima, è esemplificativa di ciò che è accade quasi quotidianamente. Quella della minaccia di chiusura e spostamento della sede di Coordinamento del Gruppo Lucano da Viggiano, Città nominata Modello di Resilienza per gli sforzi e il contributo offerto nello strutturare un sistema di protezione civile in oltre 30 anni, da parte delle Nazioni Unite a Sendai Giappone nel 2014, in altro luogo, è invece l’ultima minaccia fatta anche a mezzo stampa.
D: E’ evidente che una cosa del genere non può essere frutto solo di dissapori interni. Evidentemente ci sono coperture e complicità esterne. Che cosa pensa in tal senso?
R: E’ chiaro anche a me. Il colpo basso ricevuto nel pieno delle funzioni istituzionali da parte del massimo organo vigilante dello Stato dimostra che c’erano già tentativi di ricondurre l’Ente da me presieduto a logiche vetuste di controllo ed interessi di parte. La vicenda del Gruppo Lucano è la cosiddetta guerra per procura che una certa “politica” ha ordito ad personam perché il pericoloso Priore non torni a svolgere alcuna funzione. Vedremo.
D: In conclusione cosa pensa di fare?
R: Continuare a combattere per gli stessi ideali che mi hanno indotto da 40 anni a questa parte a fare il mio dovere di cittadino lucano, a favore di questa comunità. Costi quel che costi. ROCCO ROSA