TRICARICO. UNA LENTA E SILENZIOSA AGONIA

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PIETRO DELL’AQUILA

Ieri l’altro, in sordina, il FAI e alcune persone che ancora conservano memoria hanno ricordato a Tricarico  l’anniversario della morte del sindaco e poeta tricaricese Rocco Scotellaro scomparso nel 1953 a soli 30 anni.

Con lui è finito un mondo. Sono scomparsi lentamente i suoi contadini risucchiati dall’emigrazione e dalla modernità senz’anima che li ha cancellati da quella storia nella quale s’illudevano di essere entrati “con le scarpe e i vestiti” che avevano.  Inutili i tentativi di contrastare la deriva di degrado dei centri interni che fanno registrare costantemente spopolamento e desertificazione.

Restano muti, come sopravvivenze archeologiche, i segni di alcune speranze e gli sforzi che pure sono stati tentati per contrastare un destino che sembra piuttosto una maledizione. La Cantina Sociale non ha mai raccolto le uve e prodotto il vino, il mega Salumificio resta chiuso e in abbandono in un angolo desolato.

Più grave il costante depauperamento dell’Ospedale Civile ormai ridotto a poco più di un cronicario. Neanche l’intervento di una struttura privata, che meritoriamente ne ha sostenuto e rinviato la miserevole fine, riesce a limitarne il progressivo smantellamento. E dire che si tratta della sola struttura sanitaria voluta e costruita con le risorse popolari e frutto di un autentico impegno di partecipazione popolare innescato da Scotellaro e sostenuto dal suo avversario storico Vescovo Delle Nocche in un momento di acuto scontro ideologico. Ma come si sa erano tempi in cui le ragioni del bene comune prevalevano sui piccoli e meschini interessi di parte.

Ora si possono capire e persino giustamente condividere, in momenti di crisi economica, le ragioni delle ristrutturazioni, le necessità di impegnare le risorse finanziarie in modo razionale ed oculato senza disperderle in mille inutili rivoli. Ma quello che non torna è lo sfascio del sistema, in spregio del faticosamente costruito, sulla base di una risistemazione non programmata – sono lontani i tempi della programmazione sanitaria regionale realizzata negli anni settanta col fondamentale contributo del Professor Rocco Mazzarone – e soprattutto condizionata da pesi ed interessi esclusivamente elettorali. Sono logiche che non tengono neppure più in conto le peculiarità geografiche.

Non si vogliono e non si possono qui  negare deficienze interne, colpevoli deresponsabilizzazioni, lassismi e deficienze. Magari anche ammiccamenti di responsabili amministrativi e qualche contrattazione sottobanco ad utile di parte. Tuttavia la catena delle sottrazioni e gli interessati silenzi rinsaldano il sospetto di un disegno più solido e lungimirante.

Nel corso degli ultimi tempi il paese ha dovuto registrare la dismissione di ben tre strutture regionali: L’Ufficio Agricolo di Zona, il Centro di Servizi Culturali e il Centro di Formazione Professionale. A ciò si aggiunga la chiusura del Liceo Pedagogico che aveva cercato di sopravvivere al precedente Istituto e Scuola Magistrale, retto dalla confraternita delle Suore Discepole di Gesù Eucaristico, che aveva avuto il merito di preparare uno stuolo di maestre che avevano provveduto all’educazione dei bimbi  in tutte le scuole del circondario. Inutile sottolineare che in questo modo si era venuto incontro concretamente all’istruzione ed all’elevazione culturale di tante giovani donne lucane.

E’ giunta recentemente la notizia della partenza del Vescovo Intini , attuale presule, nominato al soglio della diocesi di Brindisi. Storicamente l’origine del paese sembra coincidere con l’avvio della sua diocesi. Infatti Liutprando da Cremona ci dice della decisione del patriarca Poliedro di Costantinopoli nel  968 di autorizzare l’arcivescovo di Otranto a consacrare i vescovi suffraganei tra i quali quello di Tricarico. Una storia millenaria di vescovi e di clero che hanno segnato le vicende della cittadina attorno alla curia, alla cattedrale, al seminario fondato ai primordi del Seicento ed alla miriade di chiese e conventi tuttora esistenti. Pare che la diocesi sarà aggregata a quella di Matera pur conservando una sua autonomia.  Si sa che la questione di una ridefinizione della struttura ecclesiastica si era già posta dopo la scomparsa del Vescovo Delle Nocche e che in quell’occasione, anche per merito di una puntuale relazione di Monsignor Pancrazio Perrone, si era deciso di soprassedere.  Non bisogna nascondersi che questa decisione rischia di dare un colpo definitivo al ruolo di riferimento di un vasto territorio che la cittadina ha sempre esercitato in passato.

Non è nelle intenzioni di chi scrive arruolarsi nella schiera dei carpentieri della sfiducia e del pessimismo, largamente abusata, ma ci sono occasioni in cui il silenzio può diventare colpevole collusione ed occorre preservare il diritto alla propria dignità di coscienza.

 

 

 

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Sull' Autore

Pietro Dell’Aquila. Laureato in Lettere all’Università di Bari. Funzionario della Regione Basilicata: ha lavorato come formatore e operatore culturale. Ha diretto per oltre un ventennio il Centro Regionale per i Servizi Culturali di Tricarico promuovendo, in collaborazione con gli enti locali, le scuole e le biblioteche, attività di ricerca e sviluppo nel territorio dell’alta collina materana. Socio del Centro Annali “Nino Calice” di Rionero in Vulture ha pubblicato in collettanee: “Il paesaggio dei fotografi. Una ricognizione delle immagini della Basilicata” (2010); “Tracce di donne lucane nel primo settantennio unitario” (2012); “Un’alba di speranza negli anni del ritorno” (2014). Collabora con la rivista online Myrrha – Il dono del sud. Nel 2020, per le edizioni Etabeta di Lesmo, ha pubblicato il volume “Dall’analfabetismo alla scuola di massa in Basilicata”. Di recente ha pubblicato "Tra Stato e Regione: cultura, scuola e formazione. L'impatto lucano" con G. Colangelo, T. Russo e R.M. Salvia nel volume "Dalla Costituente allo Statuto regionale" edito dalla Franco Angeli nel 2022.

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