BY SALVATORE SEBASTE E IOLANDA CARELLA
Di Grumentum (sec. III a.C.), l’antica città romana distrutta dai Saraceni nel 973, si possono ammirare i numerosi reperti conservati nel moderno Museo Archeologico Nazionale dell’Alta Val D’Agri di Grumento Nova sorto sul territorio degli scavi ed inaugurato nel 1995.
Sulla collina dell’antica colonia romana nacque verso il 954 il borgo di Grumento Nova, che fino al Settecento si chiamò Saponaria, poi Saponara fino 1932. Secondo il Ramaglia, il toponimo deriva dalla dea Sapona e dal suo altare (Sapon-ara); per qualche glottologo da sapo-saponis, un’argilla simile al sapone, per il Racioppi dal basso latino sabuum, sabbia e aeria, luogo dell’aia, o ancora da Sarapìon, tempio dedicato alla dea Serapide e aeria, aia dove sostavano gli animali prima di essere sacrificati.
Saponaria appartenne agli Altavilla, (famiglia normanna d’origine francese) i quali fecero costruire il castello con la cinta muraria. Guglielmo, della contea di Montescaglioso, documentato nel 1097, ne fu il primo feudatario. Il feudo fu poi possesso degli Svevi, degli Angioni e dei Sanseverino, i quali nel XII secolo si stabilirono nel castello che ampliarono nel corso dei secoli XV e XVI. Nel febbraio del 1799 anche a Saponaria fu piantato l’albero della libertà in Piazza Sedile, l’attuale Piazza Caputi.
Notevoli furono i danni provocati dai terremoti del 1807 e del 1857, per cui l’abitato venne quasi completamente distrutto: crollarono case, palazzi, torri, chiese e campanili, compreso il castello dei Sanseverino che fu per metà abbattuto. Nel 1860 il castello fu acquistato dalla famiglia Giliberti, ormai estinta quella dei Sanseverino di Saponara. Rimangono imponenti ruderi del ricco e importante edificio. La scuderia, cui si accedeva da un ampio spiazzo, chiamato Steccato (oggi Largo Umberto I) conserva ancora in 36 nicchie dipinti di angeli e putti reggistemmi del XVIII secolo.
All’interno della cinta muraria, ai piedi della chiesa ed intorno al castello, si estese il primo nucleo urbano, disposto su livelli diversi, con passaggi stradali coperti. La Chiesa Madre, dedicata a Sant’Antonino martire di Apamea, fu costruita nel 1118 su un preesistente tempietto romano nel III-IV secolo dedicato alla dea Serapide, divinità greco-egizia, il cui culto si diffuse nell’impero romano e, un po’ dovunque furono costruiti i Serapei. All’interno della chiesa (nella botola a destra) si nota un pezzo di fondazione dell’antico tempietto. Fu ampliata nei secoli XVI e XVII. Dopo il terremoto del 1857 fu ricostruita in stile neoclassico a croce latina, con abside semicircolare e campanile a base quadrata.
All’interno, nella cappella sinistra sopra l’altare, si nota un Tabernacolo ligneo a tarsia del Seicento che racchiude un dipinto ad olio del sec. XX e nella cappella destra in un baldacchino finemente scolpito in oro si trova la Madonna di Monserrato, del Seicento. La Madonna regge sul braccio destro il Bambino nudo che nella mano sinistra regge una palla. Il modellato delle figure, con andamento sinuoso, è morbido, senza forti risalti; il chiaroscuro costruisce saldamente le forme avvolgendole in uno sfumato discontinuo, in cui s’alternano addensamenti e schiarite.
Davanti alla chiesa c’è una fontana con un capitello corinzio, ex acquasantiera, forse proveniente da qualche tempio romano.
Nelle pareti intorno alla chiesa sono murate alcune lapidi con incisioni romane e sono inseriti cippi funerari.
Dal castello si diramava la cinta muraria del XI-XII secolo con sette porte. La porta di San Francesco è l’unica ancora integra perché ricostruita nel 1725. Viene chiamata la Porta Falla, (la porta che fallì) perché di qui passarono le truppe del re di Napoli Ladislao Durazzo D’Angiò che espugnarono Saponara.
Vicino ai resti delle mura medioevali, nel centro storico che risulta parzialmente modificato nell’edilizia dopo il sisma del 1980, si trova
la Chiesa di Sant’Infantino, originariamente chiamata Santa Maria di Costantinopoli, la più antica del paese, con campanile a vela, edificata dai monaci orientali del convento di Sant’Antonio abate. Sul muro interno di fondo, recentemente, sono emersi
affreschi del Cinquecento raffiguranti i santi martiri Cosma e Damiano in cui si notano influenze orientali.
In Piazza Arciprete Caputi è ubicata la Chiesa della Madonna del Rosario, edificata nel 1680. L’interno, ad unica navata, conserva l’altare in stile tardo barocco del sec. XVII scolpito in legno policromo con motivi floreali. Nella ricchezza ed eleganza della decorazione si notano la bravura e la raffinatezza dell’ignoto intagliatore. Nella nicchia centrale troneggia
la cinquecentesca statua lignea policroma della Madonna di Costantinopoli che regge il Bambino sul braccio sinistro, “more greco”. D’eccezionale fattura, fu realizzata dallo sconosciuto scultore su piani in cui la luce corre uniforme, La mano sinistra della Vergine (fig. 13) imprime al Bambino un movimento rotatorio che amalgama tutta la composizione. La statua proviene dalla chiesa di Sant’Infantino.
Da notare (fig. 14) il paliotto, del Seicento, in argento maccato, di scuola napoletana. Quest’opera piena di ritmo, non simmetrica, instaura il principio di spazialità in movimento.
Di fronte al Municipio si trova la Chiesa di Santa Caterina. Si accede attraverso uno splendido portale settecentesco in pietra lavorata. L’abside è sormontata da una cupola schiacciata, con riquadri dipinti d’azzurro. Sulla facciata esterna, in alto,si trova la testa in pietra di S. Biagio e una meridiana solare.
Nel rione Clemenza, c’è la Cappella della Clemenza, originariamente chiamata della Madonna di Loreto, di proprietà dei Sanseverino.
Nella contrada Grumentino, fuori del paese è ubicato il Santuario Grumentino di Maria SS., detto Salus Infirmorum, edificato agli inizi del VII secolo. Col tempo ha subito varie trasformazioni. Attualmente la facciata del XVIII secolo, divisa da sei lesene e cornicione che reggono un timpano con nicchia, mostra un portale con cornice chiaroscurale e una nicchia che interrompono la monotonia dell’insieme. L’interno a croce greca con cupola, ha l’abside decorata a stucco e sui pilastri i dipinti dei quattro Evangelisti. Conserva
la statua lignea della Madonna Grumentina del sec. XVIII. La Madonna in trono, seduta staticamente, regge il Bambino, ma lo sguardo carico di forza è teso verso il popolo.
Bibliografia
Giacomo Racioppi, Storia della Lucania e della Basilicata, Roma, Ermanno Loescher & C., 1889. Ristampa anastatica, Matera, Grafica BMG.
Lorenzo Predone, La Basilicata, Bari, Dedalo Litostampa, 1964.
Vincenzo Falasca, Grumentum, Saponaria, Grumento Nova, Potenza, Edizioni Ermes, 1997.
Anna Grelle Iusco, Arte in Basilicata, Roma, De Luca Editore, 1981.
G. Appella, L. Bubbico, A. Ceccarelli, G. Zampino, Calabria e Lucania – I centri storici, Milano, Libri Scheiwiller, 1991.