IOLANDA CARELLA E SALVATORE SEBASTE
Secondo il Racioppi, il toponimo deriva dal latino coryletum, noccioleto, da corylus, nocciolo; da Castrum Perticarii, uno dei latifondi longobardi, divisi in pertiche alle famiglie dei coloni.
In località Serra d’Eboli, nel 1967, sono stati individuati i resti di un vasto insediamento risalente all’VIII-IV secolo a.C.. L’origine attestata del paese è del 1060, anno in cui è citata col nome di Corleto nell’elenco dei paesi sotto la giurisdizione dell’arcivescovo di Acerenza. Il primo nucleo sorgeva sul costone roccioso, in posizione aspra, ben adatta alla difesa, intorno al massiccio castello feudale e alla chiesetta di S. Leonardo.
I corletani, insieme ai normanni che forse furono i fondatori del paese, parteciparono alla seconda Crociata (1146). Ciò è testimoniato da un interessante reperto (pare trasportato dalla Siria dai Crociati), già nel Largo Castello ed ora nella sacrestia della chiesa madre. È (fig. 1) una pietra prismatica quadrangolare (forse la base di una croce) che riporta scolpite sulle rispettive quattro facce iscrizioni latine e disegni: corona circolare tagliata da una lancia e una picca con un martello e una tenaglia, uno stemma a forma di scudo con una pecora e uno stendardo, una sacra pisside aureolata da tre frecce, un grande cuore a forma di scudo che racchiude un cuore più piccolo, una pecora e una bandiera.
Distrutta da varie guerre, fu ripopolata nel periodo angioino contemporaneamente alla scomparsa dell’antica Perticara, di cui si possono osservare i ruderi. Durante il periodo di dominio borbonico, fu il centro propulsore della insurrezione lucana. A Corleto era la sede del Comitato, guidato da Carmine Senise,che era in relazione col Comitato di Napoli (diretto da Giacinto Albini e Pietro Lacava) che irradiava ordini ed istruzioni a tutti i centri della provincia e che preparò il plebiscito del 16 agosto del 1860. Nel Largo Castello irruppe tutto il popolo, (con la croce in testa dopo il discorso di don Salvatore Guerrieri, ben inserito nel panegirico di S. Rocco), che proclamò la caduta della dinastia borbonica e l’annessione al Regno d’Italia. L’antica Piazza del Fosso si chiamò da allora Piazza Plebiscito. Anche altri rioni del paese ricordano quest’evento: Sopportico della Bandiera, Via Comitato e Via 16 Agosto.
Negli anni successivi all’Unità Corleto subì il fenomeno del brigantaggio, al quale aderirono pure alcuni corletani, tra cui Vito Francolino e Pasquale Cavalcante. Al cimitero sarà ricollocata la croce della forca, sulla quale erano impiccati i briganti.
Corleto Perticara, per la sua strategica posizione, fu pesantemente bombardata il 10, 11 e 12 settembre 1943 da apparecchi statunitensi che la rasero al suolo. Furono così distrutte numerose ed antiche testimonianze storiche, ulteriormente danneggiate dal sisma del 1980.
Da ricordare Michele Lacava, famoso storico ed archeologo della Basilicata che partecipò ai primi scavi di Metaponto e alla ricerca di reperti antichi.
L’antico castello feudale fu abitato dapprima dai baroni normanni e nel 1393 dalla regina Margherita che attuò una politica di ripopolamento del paese. Rimase quasi vuoto ai tempi di Federico II. Fu poi abitato dalla famiglia Riario per secoli. Distrutto dai bombardamenti del 1943 rimangono, come testimonianze della sua storia, tre arcate, una cisterna,qualche pezzo di muro con feritoie.
Sullo stesso sito, in Piazza Plebiscito, è stato costruito il Palazzo degli Uffici che evidenzia (fig. 2) le tre arcate superstiti del castello e comprende il Municipio, la Comunità Montana alto Sauro Camastra, il Corpo Forestale, l’Ufficio Postale e il Comando dei Carabinieri.
Nel Municipio, nella stanza del sindaco, è conservata la bandiera del 16 agosto che partecipò alla marcia su Potenza, guidata dai fratelli Senise.
Attualmente le case dell’antica Corleto, sottoposte al castello, sono quasi tutte diroccate. Sono,invece, in buono stato di conservazione le abitazioni a valle della chiesa madre nel Rione Costa (cosiddetto perché le case furono costruite sul costone). Esso è caratterizzato da vie strette e articolate

3 S. DOMENICO
che evidenziano case basse e piccole e (fig. 3) dalla Chiesetta di Santa Domenica, la più antica del paese, che risale al Quattrocento.
Nella recente ristrutturazione è emersa una nicchia nella parete centrale, ove è collocata una Madonna Bambina.

4 FORME DELLA VIA CRUCIS
Interessanti sono (fig. 4) le formelle della Via Crucis, del XX secolo. Da notare è il Vicolo di Via Tevere, in cui s’incrociano gradinate e modeste case in armonia con l’ambiente. In figura. 5 Via Roma è il Palazzo Lacava e, poco più sopra,(fig. 5) il Palazzo Falconi.

5 PALAZZO FALCONI
In Via Trento si nota un bel portale, in pietra arenaria di Corleto, con i bassorilievi di due leoni. La fontana vecchia (fig. 7), costruita nel 1863, si trova in Corso Pietro Lacava ed EVidenzia due grandi abbeveratoi.
Anche le altre fontane del paese sono fornite di abbeveratoi.Sotto il Palazzo degli Uffici, in Via Gorizia, è la Chiesa Madre di Santa Maria Assunta del Seicento, di cui si ammira il campanile a due piani, con cupola di stile arabo. Sulla facciata, nelle lunette dei portali, si notano i bassorilievi (fig. 8) di S. Maria Assunta e di S.Francesco, realizzati dall’artista Sebastiano Paradiso.

8 S. M. ASSUNTA
L’interno, a tre navate, è il rifacimento della primitiva chiesa ad una navata. Custodisce un coro intarsiato del Seicento. Sul coro, alle pareti laterali, si notano due tele dipinte ad olio del Settecento, raffiguranti (fig. 9) Incoronazione di Maria e Madonna con Bambino.
Conserva un pulpito di legno decorato e alcune statue lignee del Cinquecento. Il soffitto della navata centrale e la volta absidale sono decorati con affreschi (1946) del pittore Sebastiano Paradiso.
A sinistra dell’ingresso c’è il Battistero, in finto marmo decorato, del SEttecento e un’acquasantiera datata 1743.

9 INCORONAZIONE DI MARIA
Sulla parete del portone principale è la tela del Settecento, di scuola napoletana, Madonna con ambino e anime purganti.
In Via Trento, all’estremo limite settentrionale dell’abitato, è fig. 10) la Chiesa di Sant’Antonio di Padova (1958).
Davanti si nota (fig. 11) la Croce, datata 1780, dei Padri Francescani Conventuali, che in quel sito avevano il loro convento (1594).
L’imponente facciata è in pietra di Teggiano. Conserva, a destra, la statua lignea di Sant’Antonio,proveniente dal convento francescano e miracolosamente salvatasi dalla terribile incursione aerea del 1943.
Da osservare, sempre a destra, (fig.12) un baldacchino processionale (1870) del Corpus Domini, finemente decorato in oro, su cui sono raffigurati: l’Ultima Cena,alcuni simboli eucaristici e una raggiera con la Colomba.
Sulla parete frontale della navata centrale spicca (fig. 13) il mosaico Sant’Antonio parla ai pesci, realizzato nel 1958 da Antonello Leone, di Montemurro. Dello stesso artista sono le formelle in ceramica della Via Crucis.

12 BALDACCHINO PROCESSIONALE ANTONELLO LEONE
Sotto la Mensa un pannello in ceramica raffigura (fig. 14) l’Ultima Cena, eseguito da Antonio Cirelli, di Montemurro.

13 SANT’ANTONIO PARLA AI PESCI

14 ULTIMA CENA
Bibliografia
- Giacomo Racioppi, Storia della Lucania e della Basilicata, Roma, Ermanno Loescher & C.,
- Ristampa anastatica, Matera, Grafica BMG.
- Enrico Ierardi, Corleto Perticara, Anzi (PZ), Centro Grafico Sud, 1984.
- Angelo Lucano Larotonda e Rosario Palese, Potenza, una provincia di cento comuni, Milano,
Arti Grafiche Motta, 1999.