NASCITA E PROBABILE MORTE DELLO STAR SYSTEM

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 by MARTINA MOLITERNI

In una recente intervista, il regista Quentin Tarantino ha dichiarato: “La Marvelizzazione di Hollywood si basa sul fatto che tutti questi attori sono diventati famosi interpretando questi personaggi. Ma non sono vere star. È Captain America la star. O Thor. Non sono neanche la prima persona a dire questa cosa, penso sia stata detta tantissime volte. Le vere star sono i franchise.”. Sostanzialmente, secondo lui, ad essere delle star non sono più gli attori dei film, in questo caso specifico film Marvel, ma i personaggi che questi attori vanno ad interpretare. Le sue parole sono state confermate da Anthony Mackie, attore conosciuto principalmente per il ruolo di Falcon proprio nei film Marvel: “Non ci sono più star del cinema. Ad esempio, Anthony Mackie non è una star del cinema. Falcon è una star del cinema, ed è questo che è strano. Una volta con Tom Cruise, Will Smith, Stallone e Schwarzenegger, quando andavi al cinema andavi a vedere il film di Stallone. Andavi a vedere il film di Schwarzenegger. Ora si va a vedere X-Men. Quindi l’evoluzione del supereroe ha significato la morte della star del cinema”. I due avranno indubbiamente parlato di film Marvel perché sono l’esempio più lampante di personaggi più famosi dei loro interpreti, anche perché quella della Marvel è la saga più longeva e più attiva al momento, ma il loro discorso è probabilmente espandibile in questo momento storico a tutta l’industria hollywoodiana, nella quale i franchise e i loro personaggi protagonisti acquisiscono sempre più importanza rispetto ai divi tradizionali, gli attori. Lo scopo di questo lavoro è infatti quello di cercare di capire se lo star system sia morto. Per farlo, bisognerà prima dare una definizione a “star system”, narrare la sua storia e in seguito, analizzando i dati del box office, capire se le celebrità abbiano ancora effettivamente potere sugli incassi dei film di Hollywood, visto che questo lavoro si occuperà principalmente del territorio americano, considerato che lì risiedono i divi più famosi.

Lo Star System

Lo Star System è un sistema legato principalmente alla produzione Hollywoodiana con il fine di costruire, lanciare e promuovere le star. Lo scopo è quello di creare un fenomeno di attrazione per il pubblico, garantendo un riscontro economico per i film interpretati dai divi reclutati dalle varie majors. La creazione di un’immagine divistica per le star è volta a renderle facilmente riconoscibili dal pubblico, che si affezionerà a loro e andrà a vedere tutti i film con i loro divi preferiti, facendo guadagnare alle majors che li ingaggiano. Il concetto è lo stesso che c’è dietro alla creazione di format, generi, saghe cinematografiche: rendere qualcosa, in questo caso qualcuno, iconico e facilmente riconoscibile. Questo perché siamo portati ad apprezzare maggiormente ciò che già conosciamo e, nell’ambito dello star system, la presenza di un divo a cui siamo in qualche modo affezionati, ci farà inconsciamente apprezzare di più il film o la serie in cui recita, o comunque ci spingerà a vedere tutti i prodotti in cui appare a prescindere che ci interessino o meno.

 Storia dello Star System

Prima del 1910, spesso i nomi degli attori, così come quelli dei registi, erano ignoti, non apparivano né sui manifesti pubblicitari né nei titoli di testa, visto che ciò che contava erano solo i personaggi che interpretavano. Gli spettatori iniziarono però a notare di vedere abbastanza frequentemente gli stessi attori, e iniziarono ad incuriosirsi sulla loro identità. Gli studios, compreso che la gente fosse interessata agli interpreti, iniziarono a puntare su questo aspetto. Innanzitutto, Charlie Chaplin nel 1914 fu il primo ad essere pubblicizzato sui manifesti dei film, dapprima in Inghilterra, poi in America e infine nel resto d’Europa, fra cui in Italia, dove in realtà già nel 1909 i nomi degli attori venivano citati nei manifesti a scopo di pubblicizzare il film. Poi, sdoganata la pratica di puntare sul nome degli attori nei manifesti, iniziarono a comparire diversi strumenti promozionali per stimolare il rapporto fra divi e pubblico, come souvenir, postal cards degli attori, così come merchandising legato ad essi. Il mezzo principale per la promozione dei divi furono però i giornali, con giornalisti specializzati nella scrittura di cosiddetti “articoli di costume”, che contribuivano alla costruzione dell’immagine pubblica dei divi. Fondamentale è stato però anche il ruolo svolto dai fan club, che curavano la relazione fra attori e ammiratori, con invio di dediche, riviste fatte appositamente per gli iscritti. Un evento importante, ma tragico per alcuni divi del muto, fu l’arrivo del sonoro: molti attori risultarono inadeguati al nuovo metodo di recitazione, venendo quindi scartati e dimenticati da un giorno all’altro. Celebre in questo senso è il caso di John Gilbert, una star del cinema muto, messo poi in disparte perché nel suo primo film sonoro la sua voce risultava robotica e pare che il pubblico sia scoppiato a ridere sentendolo dire “ti amo” sullo schermo. Molti divi furono considerati obsoleti perché, con l’industrializzazione del cinema, Hollywood voleva dare un’immagine più glamour e pulita di sé, quindi gli attori che non aiutavano a tenere questa immagine, venivano eliminati dall’industria. Difatti, negli anni Trenta e Quaranta gli studios avevano creato il cosiddetto “studio system”, volto ad avere un controllo totale sull’immagine  dei divi. In particolare, le case di produzione stipulavano contratti che di solito duravano sette anni con gli attori importanti: durante il periodo contrattuale, le star diventavano a tutti gli effetti proprietà esclusiva della casa di produzione per la quale avevano firmato. I produttori, infatti, investivano sui divi, ma in cambio volevano il controllo assoluto sulla loro immagine pubblica. Anche i personaggi da interpretare andavano scelti affinché comunicassero allo spettatore una determinata idea, che doveva corrispondere a quella che si voleva di quell’attore anche al di fuori dello schermo. I giornali non potevano riportare tutto ciò che riguardava le celebrità, ma solo ciò che le case di produzione si sapesse di loro. Gli attori firmavano inoltre delle “clausole di moralità”, che prevedevano la chiusura del contratto nel caso venissero scoperti in atti di adulterio. Dovevano insomma risultare come perfetti. Negli anni Cinquanta, il diffondersi del medium televisivo cambiò il modo di vedere i divi: se quello di andare al cinema era quasi un rito, che avveniva in un ambiente buio e che causava un distacco dalla realtà per quanto immersivo, la televisione si collocava invece in un contesto di quotidianità, familiare e di facile fruibilità. Con la televisione, insomma, si voleva vedere qualcuno di più vicino a sé. Il cinema, compresa la potenza che la televisione stava avendo in quel decennio, rimase al passo coi tempi, iniziò a costruire dei divi più umani, degli “anti-divi”, ribelli e anticonformisti. Questo non era dovuto solo all’avvento del medium televisivo, ma anche a movimenti sociali: divi che apparivano come perfetti e che esprimevano il mito della felicità assoluta risultavano ormai obsoleti nella società statunitense degli anni Cinquanta, che vedeva emergere un diffuso malessere che sarebbe poi esploso negli anni Sessanta e Settanta nei movimenti giovanili. Per questi motivi, in questi anni furono importanti figure come quella di James Dean, che incarnava la figura del giovane inquieto e ribelle; e quella di Marilyn Monroe, che con la sua tragica vita e morte aveva dimostrato che dietro l’apparente perfetta immagine da diva c’era un’enorme fragilità. Durante il periodo della Nuova Hollywood, poi, c’erano sia divi che dive con una bellezza che rispettava i canoni tradizionali di Hollywood, come Robert Redford, Warren Beatty, Jane Fonda, ma anche divi e dive dalla bellezza non tradizionale, come Karen Black, Shelley Duval, Robert De Niro, Al Pacino e John Travolta, non molto alti e con occhi e capelli scuri. Negli anni Ottanta e Novanta, poi, si sviluppò un nuovo tipo di divo, ovvero quello dal fisico possente e muscoloso, adatto ai ruoli d’azione: esempi sono Sylvester Stallone, Steven Segal, Arnold Schwarzenegger, Tom Cruise. Effettivamente, dei 126 film che negli anni Novanta hanno incassato più di 100 milioni di dollari, più di 30 avevano nel cast le star appena citate. Oltre a questa componente più tipicamente mascolina, il pubblico sembrava anche interessato, in maniera quasi opposta, al ruolo di madri e padri affettuosi di attori e attrici, nonché di celebrità impegnate in attività di beneficenza. Perfetti per queste esigenze erano Brad Pitt e Angelina Jolie, coppia sposata con famiglia multietnica, con figli naturali e adottati ed entrambi in prima fila nell’impegno umanitario. Un altro evento che ha cambiato lo star system è stato l’attentato dell’11 settembre: è emerso un desiderio di protezione che veniva soddisfatto dal cinema di supereroi, che però hanno iniziato sempre di più ad indebolire il potere dei divi. L’identità quindi di attori come Hugh Jackman o Robert Downey Jr. era infatti subordinata a quella del personaggio interpretato e ai suoi effetti visivi e speciali.

  Analisi del Box Office

Effettivamente, il box office globale conferma il crollo della figura dei divi con la rivalsa dei personaggi da loro interpretati già nel 2002. Dei dieci film che hanno più incassato quell’anno: solo tre non fanno parte di franchise: Signs, Il mio grosso grasso matrimonio greco e Minority Report; rispettivamente al settimo, nono e decimo posto, occupando anche quindi gli ultimi posti di questa top ten. Questo processo è ovviamente andato ad allargarsi gradualmente sempre di più e tutti i film della top ten dei maggiori incassi del 2022 (ma anche di molti degli anni precedenti), sono solo film appartenenti a franchise, visti non per la presenza di determinati attori, ma per personaggi e franchise che si amano. In generale, ad incassare di più, sono franchise di animazione, quindi film per famiglie, o film d’azione, con supereroi, fantascienza e fantasy. Fra le saghe che hanno guadagnato di più dagli anni 2000 in poi ci sono infatti il Marvel Cinematic Universe, Star Wars, il DC Extended Universe, Il Signore degli Anelli, Fast And Furious, Avatar, i Pirati dei Caraibi, Shrek e Toy Story. I protagonisti di questi franchise sono eroi, maghi, stregoni, o, anche se non hanno delle caratteristiche sovraumane, vivono in mondi totalmente fantastici e lontani dalla realtà. Se un tempo le majors tentavano di accaparrarsi gli attori che portavano più gente possibile in sala, ora cercano invece di acquistare più proprietà intellettuali e franchise possibili. Questo vale per tutti, ma l’esempio più lampante è ovviamente quello di Disney, che fra Disney Animation, Pixar, Star Wars, Marvel Cinematic Universe e Pirati dei Caraibi, possiede le proprietà intellettuali più redditizie. Non a caso, dei dieci film che hanno incassato di più nel 2019, sette sono di proprietà Disney. Otto, se consideriamo il caso particolare di Spider-Man: Far From Home, fatto in collaborazione fra Disney e Sony Pictures. Pur non apparendo fra i maggiori incassi, fino a qualche anno fa c’era ancora spazio per film non appartenenti a franchise ma che puntavano tutto sullo star power degli attori: ad esempio, nel 2016 usciva La La Land, con un budget di 30 milioni di dollari e con un guadagno di 447. Il film è un richiamo ai musical classici della MGM e nel cast annovera nomi quali quello di Emma Stone e Ryan Gosling, puntando la pubblicità su di loro e con successo, visti gli ingenti guadagni del film. Solo qualche anno dopo, sembra che il box office non abbia più spazio per questo tipo di produzioni: Damien Chazelle, stesso regista di La La Land, nel 2022 dirige Babylon, un film che parla proprio di celebrità e che nel cast annovera nomi come quello di Margot Robbie, Brad Pitt, Tobey Maguire. Il film costa circa 80 milioni di dollari e ne guadagna 63, non rientrando  neanche nei costi di produzione. Contemporaneamente, con Tobey Maguire nel 2021 esce Spider- Man: No Way Home, nel quale Maguire torna ad interpretare il personaggio dopo 14 anni. Il film  ha guadagnato quasi due miliardi di dollari a fronte di una spesa di 200 milioni, diventando il maggior incasso del 2021 e il settimo miglior incasso di sempre. Questo significa quindi che più che essere famoso Tobey Maguire, lo è la sua versione di Spider-Man. La stessa Margot Robbie nel 2016 è stata protagonista di Suicide Squad nei panni di Harley Quinn e il film ha guadagnato 747 milioni di dollari a fronte di una spesa di 175, il decimo miglior incasso dell’anno. In generale, le star di vari franchise sembrano fallire al box office quando si allontanano dai personaggi più iconici che hanno interpretato. Allo stesso tempo, insieme ai franchise e ai loro costosissimi film, sembra che vadano sempre più di moda anche delle produzioni a basso budget che non annoverano star di serie A in quanto a fama, ma che hanno dei guadagni piuttosto ingenti. In questo discorso rientrano soprattutto le case di produzione A24 e Blumhouse. Della prima, Everything Everywhere all at Once è costato circa 20 milioni guadagnandone 140, Hereditary 10 milioni guadagnandone 82, The Whale 3  milioni guadagnandone 53. Per quanto riguarda la Blumhouse, Black Phone è costato fra i 16 e 18 milioni di dollari guadagnandone 161, M3gan 12 milioni guadagnandone 176, Get Out 4.5 milioni guadagnandone 255. Questi sono chiaramente solo alcuni esempi, ma indicano comunque un cinema più indipendente in ottima forma. Come anticipato, però, queste produzioni non hanno di solito particolari star nel cast, quindi non è quella l’attrattiva. Anche nel cinema indipendente, lo star system sembra quindi non esistere più.

Conclusioni

L’11 settembre sembrerebbe quindi aver iniziato un processo per il quale ci si affeziona a personaggi con poteri e abilità sovraumane, ma non è stato l’unico evento: oltre a ciò dal 2001 ci sono stati vari eventi sociali spaventosi, fra crisi economiche, guerre e più recentemente, pandemie. Forse sono questi i motivi che spingono ad affezionarci di più a questi franchise, che non solo hanno personaggi che offrono un senso di protezione, ma che con vari prequel, sequel, remake e reboot ci fanno vedere cose abbastanza simili fra di loro e vedere ciò che già conosciamo ci dà un senso di sicurezza. Oltre agli eventi di cronaca, anche i social media potrebbero aver portato alla morte dello star system: un po’ perché possiamo vedere tutto ciò che le star fanno e quindi non hanno più quell’alone di mistero e di quasi sacralità attorno a loro, un po’ perché con i social si ha l’impressione che chiunque possa diventare famoso, anche senza talenti particolari, e così chi possiede la fama non sembra più irraggiungibile. Al contrario, ciò che è irraggiungibile, sono i personaggi dei film che incassano di più, in quanto dotati di capacità e caratteristiche lontane dalle reali possibilità umane. Insieme a questo, con i social le star possono esprimere in modo più immediato il loro parere su questioni sociali e politiche senza venire controllati e, in un mondo dove si richiede una certa sensibilità su questi temi, è facile venire delusi dai propri beniamini in caso questi abbiano dei punti di vista più controversi, che possono oggi venire espressi con facilità e immediatezza. Questi potrebbero quindi essere i motivi per cui lo star system sembra essere morto, almeno al momento. Ad ogni modo, le star non hanno completamente smesso di esistere come personalità con un certo potere, i contratti continuano ad essere piuttosto costosi ed è facile che qualcuno veda un film solo perché c’è il proprio attore preferito e non perché si trova interessante la sinossi. Non siamo quindi in una situazione come quella di prima del 1910, i nomi degli attori non scompariranno da poster, trailer e titoli di testa. Allo stesso tempo, però, è indubbio che non sono più la maggiore attrattiva di Hollywood e, se si deve fare una scelta fra andare al cinema per il film con il proprio attore preferito e vedere il nuovo film Marvel o di qualunque altro franchise, probabilmente si sceglie la seconda opzione. Sostanzialmente, le parole di Quentin Tarantino e di Anthony Mackie risultano come  veritiere.

Bibliografia 

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Sartori, Carlo (1983). La fabbrica delle stelle. Divismo, mercato e mass media negli anni ’80.

 

Sitografia

 

https://www.ciakgeneration.it/quentin-tarantino-sostiene-attori-marvel-non-siano-vere-star-ma-personaggi/

https://movieplayer.it/news/anthony-mackie-da-ragione-tarantino-polemica-marvel-mortte- star_119598/#:~:text=%22Non%20ci%20sono%20pi%C3%B9%20star,%C3%A8%20questo%20che%20%C3%A8%20strano.

https://www.treccani.it/enciclopedia/star-system_%28Enciclopedia-del-Cinema%29/#:~:text=divismo%20Fenomeno%20per%20cui%20personaggi,dello%20spettacolo%2C%20nella%20vita%20quotidiana.

https://www.boxofficemojo.com/year/world/2002/  

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https://en.wikipedia.org/wiki/Babylon_(2022_film)

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https://en.wikipedia.org/wiki/The_Whale_(2022_film)

https://en.wikipedia.org/wiki/The_Black_Phonehttps://en.wikipedia.org/wiki/M3GANhttps://en.wikipedia.org/wiki/Get_Out

foto di copetina: da cineocchio

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Sull' Autore

Quotidiano Online Iscrizione al Tribunale di Potenza N. 7/2011 dir.resp.: Rocco Rosa Online dal 22 Gennaio 2016 Con alcuni miei amici, tutti rigorosamente distanti dall'agone politico, ho deciso di far rivivere il giornale on line " talenti lucani", una iniziativa che a me sta a molto a cuore perchè ha tre scopi : rafforzare il peso dell'opinione pubblica, dare una vetrina ai giovani lucani che non riescono a veicolare la propria creatività e , terzo,fare un laboratorio di giornalismo on line.

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