Adesso, per discrezione, non si chiamano più Regioni produttive, ma semplicemente regioni virtuose. Da dove deriva questa autoesaltazione non lo sappiamo. Sta di fatto che, per chi riesce ancora a vedere gli scenari nazionali , Lombardia, Veneto, Emilia e adesso Liguria ,stanno portando avanti un discorso di maggiore autonomia , sulla base della considerazione che loro producono più reddito e che quindi non hanno bisogno della stampella dello Stato. Il 22 ottobre i governatori della Lombardia e del Veneto godranno l’orgasmo di un sì collettivo della popolazione sulla base del quesito taroccato: “ volete tenere qui i soldi che guadagnamo? Evidente che diranno si?
Il problema che non viene posto è che se i soldi dello stato, in spesa corrente e in spesa di investimenti, venissero ripartiti in base alla popolazione, il Sud avrebbe un 34 per cento di quota di assegnazione. Oggi ne ha il 23 per cento. Undici punti di trasferimenti ordinari e straordinari, consentirebbero di equilibrare la baracca e chiudere i conti con minori sacrifici. Oltre che a portare al lavoro 300mila persone in più, ogni anno. Il rapporto Svimez che annualmente monitora la situazione del Mezzogiorno testimoniano come nel 2016 ci sia stato un brusco calo degli investimenti pubblici, soprattutto al Sud. “Nel complesso la pubblica amministrazione ha speso in investimenti 35,2 miliardi di euro (il 2,2 per cento del Pil nazionale), cioè tre miliardi in meno rispetto al 2015 e in picchiata rispetto agli anni precedenti (si pensi che nel 2008 se ne spendeva quasi il doppio, 61,6 miliardi). E a essere penalizzato è soprattutto il Meridione, cioè le regioni che invece avrebbero bisogno di maggiori investimenti per colmare il gap con il resto d’Italia. A questo si aggiunge l’impegno delle principali aziende pubbliche del Paese, che Svimez definisce nel 2015 «scandalosamente basso». Prima tra tutte Ferrovie che ha localizzato a Sud solo il 19 per cento dei suoi investimenti, nonostante l’annunciata cura del ferro del governo nazionale.”
Ora, il sospetto è che , proprio quando cresce la richiesta del Sud, di un maggiore equilibrio redistributivo, le 4 regioni della padania, mettano in onda la sceneggiata della virtuosità, con tanto di accompagnamento di giornali e di media di vario genere. Ed è l’anticipo di una campagna elettorale che , sull’onda del referendum, porterà quelle regioni a costituire l’ossatura di un nuovo centro destra che porterà a fondo la battaglia sulle macroregioni e sull’autonomia .
Tutto questo avviene nel silenzio della classe politica meridionale che fa finta di non sentire il fischio all’orecchio. Perché avviene tutto questo? Perché ognuno trova comodo governare casa sua in silenzio: il potere è così grande, la discrezionalità così alta, che è meglio difendere il castello che andare all’attacco di altri feudi. Così la politica regredisce a scaramucce casalinghe, senza nessuna velleità che possa mettere in discussione lo status quo, che è quello dell’orto proprio. Ci vorrebbe un DE LUCA- crozza per cantarne quattro alle quattro pseudo virtuose. Mi prenoto per i testi.
1 commento
purtroppo il dato più recente dice che la quota di sostegno governativo al Sud é sceso addirittura al 18+%. Sulla base di un altro marchingegno punitivo, quello del “fabbisogno storico” nel 2018 Potenza avrá fabbisogno ZERO sui trasporti così come Caserta e Cosenza e questa logica viene portata sistematicamente avanti dall’unità d’Italia ah oggi, con buona pace di quanti, come Santarsiero e Lerra, osannano il metodo è la valenza di una annessione che ha configurato il Sud, di fatto, come una colonia interna.