LINGUA E CULTURA DI UN PAESE DI CONFINE: VIETRI DI POTENZA

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  1. La lingua di Vietri di Potenza

Vietri di Potenza sorge sulla sommità di una collina, nei pressi del confine campano. È l’ultimo paese lucano, posto sul confine con la provincia di Salerno, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “porta della Basilicata”.

Sorge in una zona di antichi insediamenti, come testimoniato dal rinvenimento di vario materiale archeologico, e deriva il toponimo (Vietri fino al 1863) dal latino vetus, -eris, ‘vecchio’; ma non manca chi fa riferimento ai campi veteres, nome dato dagli storici latini al luogo in cui durante la seconda guerra punica fu ucciso il console romano Tito Sempronio Gracco.  (Paolo Sparaci – 1998)

Tra gli aspetti storici di particolare importanza, rispetto al passato di Vietri di Potenza, emerge il fatto che l’Imperatore svevo Federico II la inserisce tra quelle città tenute alla manutenzione di particolari castelli, in particolare a quello di Brienza.

Anche la lingua di Vietri presenta molti aspetti notevoli. Ne illustreremo alcuni qui di seguito.

Dal punto di vista fonetico, è caratteristico della lingua vietrese il fenomeno del rotacismo, ovvero la trasformazione in (-)r- dell’occlusiva dentale sonora latina (-)D-.

Ne sono esempi le parole ròta [ˈrɔta] “dote”, uirëvë [ˈwirəvə] “vedovo” e rèndë [ˈrɛndə] “dente”.

Un’altra trasformazione è quella dell’occlusiva bilabiale sonora (-)B- in fricativa labiodentale sonora (-)v-.

Ne sono esempi le parole “bacio”, “bocca” e “braccio” che si realizzano, rispettivamente, come vasë [ˈvasə], vòcca [ˈvɔk:a] e vrazzë [ˈvrat:sə].

Molto importante è la metafonia, che assume valore morfologico nel momento in cui è elemento distintivo di genere (maschile e femminile), numero (singolare e plurale) e persona verbale (seconda e terza singolare). Ciò è avvenuto successivamente all’indebolimento delle vocali finali -i e -u latine, ridotte ad indistinta ë [ə]. La metafonia ha, quindi, agito sulle vocali medie toniche, trasformandone il timbro.

Avremo, dunque, opposizioni di genere come: gròssë [ˈgrɔs:ə] (femm. plur.) / gruóssë [ˈgrwos:ə] (masch. plur) “grandi d’età”; opposizioni di numero come: pulmònë [pulˈmɔnə] (sing.) / pulmunë [pulˈmunə] “polmone/polmoni” e opposizioni di persona verbale come: zuóppëchë [ˈtswop:əkə] (II persona singolare) “(tu) zoppichi”/ zòppëchë [ˈtsͻp: əkə] (III perosna singolare) “(lui) zoppica”.

Vita Laurenzana

2. Uno sguardo all’A.L.Ba.

La lingua vietrese presenta il genere neutro, sebbene sembri dare qualche segno di cedimento.

In latino, oltre al maschile e al femminile, esisteva questo altro genere che l’italiano, nella sua evoluzione, non ha conservato. Il genere neutro è facilmente individuabile nella lingua di cui ci stiamo occupando, perché risponde a precise caratteristiche. Infatti, le parole che designano nomi astratti e non numerabili, gli aggettivi e gli infiniti sostantivati presentano un articolo diverso e il raddoppiamento della consonante iniziale. Dai dati in nostro possesso sembra, però, che l’elemento marcatore più forte sia il rafforzamento della consonante del sostantivo, in quanto l’articolo neutro ru/rë [rə], che in un primo momento conviveva con l’articolo maschile, oggi sembra essere stato del tutto soppiantato da quest’ultimo.

Di seguito, il paradigma degli articoli:

Maschile

Femminile

Singolare

u/lu       

lu fròndë [lu ˈfrɔndə], la fronte

la

la lènga [la ˈlɛŋga], la lingua

Plurale

i (davanti a consonante)

i capiddë [i kaˈpid:ə], i capelli

j (davanti a vocale)

ji_uócchië [ˈj_wok:jə], gli occhi

rë [rə]

rë mmanë [rə ˈm:anə], le mani

r’aurècchië [r_auˈrɛk:jə], le orecchie

 

Neutro

ru/rë [rə] soppiantato da lu + RFS

ru mmèlë [ru ˈm:ɛlə], ora lu mmèlë [lu ˈm:ɛlə], il miele

 

A.L.Ba. I, sez. II, Carta 2 “La fronte”                                       A.L.Ba. I, sez. II, Carta 13 “La lingua”

A.L.Ba. I, sez. II, Carta 10 “I capelli”                                       A.L.Ba. I, sez. II, Carta 6 “Gli occhi”

A.L.Ba. I, sez. II, Carta 26 “Le mani”                                 A.L.Ba. I, sez. II, Carta 9 “Le orecchie”

A.L.Ba. III, sez. IV, Carta 3 “Il miele”

Vita Laurenzana

3. Sandë Nzèrmë a Vviétrë [‘sandǝ ‘ndzɛrmǝ a ‘v:jetrǝ] ‘Sant’Anselmo a Vietri’

Viétrë [‘vjetrǝ] ‘Vietri di Potenza’ è una cittadina della pruvịngë rë Putènzë [pru’vɪndʒǝ rǝ pu’tɛndzǝ] ‘provincia di Potenza’, situata nell’area del Marmo Platano-Melandro, lungo il confine con la Cambanië [kam’banjǝ] ‘Campania’, precisamente con la pruvịngë rë Saliérnë [pru’vɪndʒǝ rǝ sa’ljernǝ]  ‘provincia di Salerno’. Vietri, dunque, rappresenta un nodo strategico per la Basilicata, tanto che il paese è stato denominato pòrtë rë la Lucanië [‘pɔrtǝ rǝ la lu’kanjǝ] ‘porta della Lucania’. Questo aspetto è stato oggetto di attenzione e rivalutazione al fine di attuare piani di sviluppo culturale che coinvolgano il paese e l’intera area marmo platano-melandrina.

La comunità vietrese è molto legata al culto di Sandë Nzèrmë [‘sandǝ ‘ndzɛrmǝ] ‘Sant’Anselmo’, Santo patrono del paese. La devozione per Sant’Anselmo ha radici remote, tuttavia, la ragione della sua nomina a Patrono di Vietri risale a un interessante quanto curioso aneddoto che abbiamo il piacere di narrare:

correva l’anno 1616, Vietri era censito per 360 fuochi, circa 1800 abitanti. Lu paisë [lu pa’isǝ]‘il paese’ apparteneva ai duchi di Sangro, famiglia molto potente di Napoli. Fabrizio De Sangro, padre di Giovanni, decise di donare alle comunità di Vietri e Abriola le reliquie dei Martiri: Sandë Valëndịnë [‘sandǝ valǝn’dɪnǝ] ‘San Valentino’ e Sandë Nzèrmë [‘sandǝ ‘ndzɛrmǝ] ‘Sant’Anselmo’.  Per questo motivo in quei giorni giunse a Vietri Giovanni De Sangro, che su due parịglië rë vuóië [pa’rɪʎ:ǝ rǝ ‘vuojǝ] ‘coppie di buoi’ traslò le reliquie dei due Santi.

Fu un evento epocale per il piccolo centro lucano, tanto più considerato che l’elemento religioso era fortemente sentito dal popolo e riusciva a rimarginare le ferite di un’epoca segnata da notevoli avversità e difficoltà, solcata dalle ferite di tërramòtë [tǝrra’mɔtǝ] ‘terremoti’, malatịë [mala’tɪǝ] ‘pestilenze’ e dëstruziònë [dǝstru’t:sjɔnǝ] ‘devastazioni’. Lu duchë [lu ‘dukǝ]‘il duca’ Giovanni De Sangro e la mëglièrë [la mǝ’ʎ:ɛrǝ]‘la moglie’ Isabella Del Tufo vollero a quel punto annunciare che San Valentino era stato designato a svolgere il ruolo di prutëttòrë rë Viétrë [prutǝ’t:ɔrǝ rǝ ‘vjetrǝ] ‘protettore di Vietri’. Leggenda vuole che dopo questo annuncio, sorprendentemente, accadde qualcosa di prodigioso: lu carrë [lu ‘kar:ǝ]‘il carro’ che trasportava le reliquie di Sant’Anselmo s’appesantì talmente tanto da impedirne il prosieguo del viaggio alla volta di Abriola.  L’evento fu interpretato come la volontà del Santo di restare a Vietri e il Duca Giovanni De Sangro, cavaliere dell’Ordine di San Giacomo, signore di Abriola e di Castel Glorioso, si vide costretto dunque a donare all’università di Vietri le reliquie di Sant’Anselmo Martire, destinando quelle di San Valentino ad Abriola. Le reliquie di Sant’Anselmo furono consegnate a lu sinnëchë [a lu ‘sin:ǝkǝ]‘al sindaco’ di Vietri, Ascanio Fontana Rosa che custodì il corpo di Sant’Anselmo quale protettore, intercessore e avvocato nel cielo. La comunità di Vietri conserva l’atto di donazione rogato addò lu nutarë [a’d:ɔ lu nu’tarǝ] ‘dal Notaio’ Marcello De Marco e così come trascritto nell’atto notarile, le reliquie di         Sant’ Anselmo Martire furono trasportate e riposte nel Convento dei francescani di Vietri di Potenza. Il suddetto documento, custodito presso l’archivio di Stato di Potenza, risulta una peculiare testimonianza della fase di transizione dal latino all’italiano con diversi elementi del volgare parlato in loco; a tal proposito riteniamo opportuno riportarne uno stralcio:

«…Si che da hoggi avante et in perpetuo il detto glorioso corpo/ de Santo Anselmo sia in dominio d’essa università, heredi e successo[ri]/ ciò è a quello ben custodire, conservare et reverire et quello / o parte d’esso etiam pro minima vendere, alienare, donare / et permutare in modo nesciuno, o dal detto altaro dove / sarà collocato et reposto…».

Nel 2016, per la prima volta, in occasione del quattrocentesimo anniversario dell’avvenimento narrato, si è tenuta una rievocazione storica in costume d’epoca che si pone l’obiettivo di diventare un appuntamento fisso da riproporre annualmente. I vëtrịsë [i vǝ’trɪsǝ]‘i vietresi’ accorrono con grande entusiasmo e invadono rë vvië rë lu paisë [rǝ ‘v:iǝ rǝ lu pa’isǝ] ‘le vie del Paese’, unendosi in un grande abbraccio generazionale e assistendo alla rappresentazione che ha restituito alla comunità un pezzo della sua antichissima e illustre storia. Ammirevole è stato lo sforzo di chi, con passione, competenza e perseveranza, è riuscito a valorizzare e promuovere una vicenda storica sopita sotto le macerie del tempo, rendendola perno dell’identità vietrese e possibile volano di sviluppo. La storia può divenire tradizione grazie al legame con le radici che si traduce con l’amore verso la terra natìa, la lingua madre, e la cultura d’origine.

Il Centro Internazionale di Dialettologia si nutre del legame con il territorio, fondamentale per lo svolgimento del suo operato. In questo momento delicato sottolineiamo l’impegno di chi mette a disposizione le proprie conoscenze e competenze per sostenere il CID nell’attività di ricerca e salvaguardia delle lingue lucane. Si ringraziano per la gentile collaborazione alla stesura dell’articolo Emidia Manzella e Franco Pantalena.

Potito Paccione

Statua di Sant’Anselmo all’uscita dalla chiesa madre

4. ADL_Vietri

Teresa Carbutti

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