BANZI: TANTE ANIME, UNA SOLA LINGUA

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  1. La lingua di Banzi

Banzi, comune che conta circa 1300 abitanti, è situato nella parte nord-orientale della Basilicata, proprio sul confine con la vicina Puglia. Banzi ha una storia antichissima: il sito viene già documentato, infatti, a partire dal VII sec. a. C. e viene menzionato con il nome di Bantia da autori latini come Tito Livio, Plutarco e Orazio. Nelle vicinanze del centro Annibale fu sconfitto nel 208 a. C. dai Romani. Il toponimo è stato accostato da alcuni studiosi ad altri nomi come Bandusia fons nei pressi di Venosa e pantanum ‘acqua stagnante, palude, pantano’. Di sicuro esso è una regolare continuazione del locativo plurale Bantiis. Il nome dialettale di questa località è banzë [ˈbandzə] e il nome dei suoi abitanti banzéisë [banˈdzeisə].

Il dialetto di Banzi presenta caratteristiche che lo pongono in continuità con altri dialetti meridionali circostanti. Ad esempio, presenta il cosiddetto fenomeno della metafonia: le vocali finali latine si sono ridotte a suono indistinto e dunque la differenza fra singolare e plurale, maschile e femminile di alcuni nomi e aggettivi, e tra la II e la III persona singolare dei verbi è affidata al mutamento della vocale accentata: 

dèndë [ˈdɛndə] ‘dente’/ dindë [ˈdində] ‘denti’;

gròssë [ˈgrɔs:ə] ‘grossa’/ grussë [ˈgrus:ə] ‘grosso’;

pòrtë [ˈpɔrtə] ‘(lui/lei) porta’/ purtë [ˈpurtə] ‘(tu) porti’.

Tuttavia, in alcuni casi il fenomeno è passato a distinguere semplicemente il plurale rispetto al singolare, indipendentemente dal genere, come in: nëpótë [nəˈpotə] ‘(il/la) nipote’/ nëputë [nəˈputə] ‘(i/le) nipoti’

Nel passaggio dal latino al dialetto, inoltre, tutte le – b -, -[b]-, del latino sono evolute in –v– -[v]-, come è accaduto in:

vòcca [ˈvɔk:a] ‘bocca’ <  BUCCA;

vasë [ˈvasə] ‘bacio’ < BASIU.

Si tratta in questo caso del fenomeno conosciuto in linguistica come betacismo. Tuttavia, vi sono casi nei quali la -b- -[b]- non evolve in -v- -[v]-, ma semplicemente rafforza, come in parole del tipo bbèllë [ˈb:ɛl:ə] ‘bello’ e bbruttë [ˈb:rut:ə] ‘brutto’.

Osserviamo ora il paradigma degli articoli del dialetto di Banzi e facciamo qualche osservazione:

 

Maschile Femminile Neutro
Singolare

u/lu [u]/[lu]

la [la]

u [u]

Plurale

i [i]

i [i]

 

Per il maschile singolare si registra convivenza di due forme dell’articolo, una forma “piena”, lu [lu], e una forma “ridotta” u [u], mentre per il femminile singolare si registra soltanto la forma “piena” dell’articolo. Per il neutro, invece, abbiamo la presenza del solo articolo u [u], stessa forma del maschile singolare. Al plurale, inoltre, si registra un solo articolo, indipendentemente dal genere. E allora come fa il parlante a distinguere i sostantivi femminile e maschili al plurale, e i sostantivi neutri da quelli maschili? Adotta il fenomeno del Raddoppiamento fonosintattico, che abbiamo presentato nei precedenti numeri. In particolare esso segnala il genere neutro rispetto al maschile e il genere femminile plurale rispetto al maschile plurale. Vediamo qualche esempio:

u mésë [u ˈmesə]‘il mese’ ma u mmélë [u ˈm:elə]‘il miele’ / i misë [i ˈmisə]‘i mesi’ ma i mmènnë [i ˈm:ɛn:ə]‘le mammelle’

  1. Banzi: uno sguardo all’A.L.Ba.

Il concetto di tempo, con la sua misurazione, il suo scorrere, il suo scandire la vita umana, è al centro del dibattito culturale fin dall’antichità. La difficoltà e la mancanza di univocità nel concretizzare il concetto astratto rendono più affascinanti e marcate le differenze culturali, che possono essere riscontrate nella stessa comunità, senza la necessità di recarsi dall’altra parte del mondo.

Basti pensare che oggi sembra che il tempo scorra più in fretta rispetto a qualche decennio fa, senza darci modo di fermarci ad osservare i giorni che muoiono veloci o le stagioni, sempre più confuse, che si danno il cambio.  La lingua ha il potere di fermare questo tempo, di scandirlo, e raccontare quelle tradizioni e quegli usi che, talvolta, ci sfuggono o di cui non abbiamo cognizione. Nel mondo contadino – e la letteratura pullula di esempi – il lavoro e la religione scandivano il tempo, lasciando nei nomi dei mesi e delle stagioni la traccia concreta della vita. Di seguito si riportano, estratte dal II volume dell’A.L.Ba., le carte nn.: 37 “Novembre” : sàndë martéinë [‘sandə mar’teinə]; 38 “Dicembre”: natàlë [na’talə]; 40 “L’estate”: la staggiónë [la sta’d:ʒonə]

Come si evince dalle carte riguardanti i mesi, la religione condiziona la lingua, fornendo la denominazione di “San Martino” al mese di novembre e “Natale” a quello di dicembre. L’estate viene denominata la staggiónë [la sta’d:ʒonə], stagione per eccellenza.

Oggi utilizziamo espressioni perifrastiche per indicare i giorni a venire e quelli passati, mentre il dialetto, sebbene ad oggi sia in perdita, riesce a fare economia di parole, fornendo quella straordinaria immediatezza che lo caratterizza in tutti gli ambiti. Di seguito si riportano, estratte dal II volume dell’A.L.Ba., le carte nn.: 9 “Dopodomani”: pëscràië [pəs’krajə]; 10 “Due giorni dopo domani”: pëscréddë [pəs’kred:ə]; 11 “Tre giorni dopo domani”: pëscrùffëlë [pəs’kruf:ələ]; 14 “L’altro ieri”: nëtèrzë [nə’tɛrtsə]; 15 “Due giorni prima di ieri”: diatèrzë [dja’tɛrtsə]

Restringendo ancora di più il campo a un singolo momento della giornata, il pomeriggio, è curiosa e degna di nota la forma utilizzata dalla varietà di Banzi (anche se non è l’unico comune in cui si attesta). Di seguito si riporta, estratta dal II volume dell’A.L.Ba., la carta n. 5 “Pomeriggio”: dòppë mangiàtë [‘dɔp:ə man’dʒatə].

In questo caso, il tempo viene scandito secondo il bisogno primario del cibo e viene indicato come il momento successivo al pranzo.

  1. Banzi: lingua e cultura

I dialetti, come stiamo scoprendo nei periodici appuntamenti della rubrica Dialettando, rappresentano dei veri e propri scrigni in cui si possono ritrovare le impronte dei popoli con cui i nostri antenati sono venuti in contatto.

Sicuramente l’impronta più evidente è quella lasciata dal latino, la lingua madre, giunto in territorio lucano con la conquista romana, ma nel dialetto si conservano anche le impronte delle lingue che hanno preceduto, convissuto e seguito la latinizzazione.

Questi e altri elementi del passato sono visibili ancora oggi, sia grazie ai reperti archeologici, sia grazie agli elementi linguistici conservati nei nostri dialetti.

A questo proposito, un esempio straordinario di questa possibilità si lega proprio al territorio di Banzi ed è rappresentato dalla cosiddetta Tabula Bantina, una lastra di bronzo che reca inciso un testo legislativo scritto sia in latino sia in osco.

La Tabula rappresenta un’importantissima testimonianza linguistica e culturale perché da un lato fornisce una delle più importanti attestazioni della lingua di queste popolazioni italiche e dall’altro lato mostra l’attenzione dei romani che, per rendere comprensibile un nuovo testo legislativo a quelle popolazioni da poco conquistate, utilizzavano la lingua dei vinti accanto al latino.

Le lingue italiche, tuttavia, sono state totalmente sostituite dal latino, ma hanno lasciato alcune tracce ancora visibili nel dialetto locale. Per il banzese, ad esempio, si segnalano le assimilazioni dei nessi consonantici -MB- che diventa -mm- e -ND- che diventa -nn-, ad esempio nella parola (g)ammë [ˈɣam:ə] ‘gamba’ < GAMBA e nella parola funnë [ˈfun:ə] ‘fondo’ < FUNDU.

Comunque la gran parte del lessico dialettale banzese deriva dal latino. Eccone qualche esempio: craië [ˈkrajə] ‘domani’ < lat. CRAS, pëscraië [pəsˈkrajə] ‘dopodomani’ < lat. POST CRAS, sërórë [səˈrorə] ‘sorella’ < lat. SOROREM, lappësë [ˈlap:əsə] ‘matita’ < lat. LAPIS.

Altri termini, invece, derivano dal greco: nachë [ˈnakə] ‘culla’ < gr. [nakē], candërë [ˈkandërë] ‘vaso di terracotta verniciato’ < gr. [kantharos], cuccuvašë [kuk:uˈvaʃə] ‘civetta’ < gr. [koukkoubágia].

Un’altra lingua che ha lasciato importanti tracce nel dialetto di Banzi è il francese, come si vede dalle parole bbuffèttë [b:uˈf:ɛt:ə] ‘tavolo rustico’ < fr. buffett, mustardë [muˈstardə] ‘marmellata d’uva’ < fr. moustarde, ššaffèrrë [ʃ:aˈf:ɛr:ə] ‘autista’ < fr. chauffeur, ššarabballë [ʃ:araˈb:al:ə] ‘carretto’ < fr. char-a-bancs.

Ogni dialetto, dunque, è il frutto dell’interazione tra varie culture, ognuna delle quali ha lasciato la sua impronta. Tutte queste impronte contribuiscono a far sì che ogni dialetto sia il custode più autentico della storia di ogni singola comunità e ce la restituisca permettendoci di scoprirne fino in fondo l’identità.

4. File interattivo: ADL_BANZI

Curatori:

  1. La lingua di Banzi: Teresa Carbutti
  2. Banzi: uno sguardo all’A.L.Ba.: Vita Laurenzana
  3. Banzi: lingua e cultura: Francesco Villone
  4. File interattivo: ADL_BANZI: Potito Paccione
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